Capitolo 3

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La notte era trascorsa tranquilla, tranne che per quel sogno, a cui non diedi tanto peso, ormai ci avevo fatto l'abitudine.
La mattina seguente la sveglia era impostata alle 6:00, il pullman sarebbe partito alle 7:30 ma me la prendevo con comodo per preparami al mattino, ero lenta e svogliata in tutto, avevo bisogno almeno di dieci minuti per svegliarmi, quindi la sveglia la impostavo prima e facevo tutte le mie cose con calma. Al suono della sveglia la staccai ancor prima di aprire gli occhi. Passai dieci minuti buoni ancora a letto. Presi il cellulare dal comodino e chiusi gli occhi quando la luce forte del cellulare si accese. Mi ricordai di aver ricevuto un messaggio la sera prima quando vidi la bustina sullo schermo. Ci cliccai aprendola.

"So che non sei arrabbiata, sei delusa. Lo so, e mi dispiace. Lo sguardo tuo di oggi mi ha fatto crollare il cuore, ed è arrivato nelle caviglie. Mi dispiace davvero, non ti ho mai vista così, e la paura di perderti mi scorre sotto la pelle. Poi il tuo silenzio dopo il messaggio che ti ho mandato prima mi ha fatto molto male. Preferisco lasciarti in pace a riflettere. Non partirò con voi domani. Non sopporterei di averti lì e non poterti parlare. Sei la mia migliore amica da sempre e ho sopravvalutato il tuo cuore di ghiaccio, non pensavo che avrei potuto ferirti.
Divertiti in campeggio.
Buonanotte Mare."

Buttare su di me la scusa che volesse lasciarmi sola per farmi riflettere quando in realtà era lui che voleva solo scappando per non affrontare la realtà, per non affrontare me, non mi sembrava affatto giusto ma era il suo solito fare, scappare di fronte agli ostacoli e far crollare tutto come un castello di sabbia. Non capivo però di cosa avesse paura stavolta. Io non lo avevo mai giudicato ne per il suo orientamento sessuale ne per altro, solo mi dava fastidio che avesse dei segreti con me.
― Ora mi sente quel coglione. ― pensai infuriata.
Mi alzai subito dal letto e mi diressi in bagno per prepararmi. Il pavimento freddo sotto i miei piedi mi fece rabbrividire così mi lavai in fretta e poi tornai in camera a vestirmi. Il sorgere del sole fuori dalla finestra della mia camera mi scaldò leggermente, mi fece venire voglia di cambiare aria per un po', di andare lontano.
Presi la valigia e tutte le cose, non mancava niente. Presi la collana che non dimenticavo mai, una collana di ferro a forma di chiave che mi regalò una persona anni fa, una persona che non ricordo, che faceva parte di quel buco della mia mente, ma, nonostante tutto, quella collana non so per quale motivo doveva essere dov'ero io, sempre. La misi al collo.

Erano le 7:00, feci quanto più veloce possibile. Lasciai la mia camera con le mie cose e trascinai mia madre fuori casa di corsa.
― Dobbiamo fare una deviazione prima di andare alla fermata. ― le dissi mentre chiamavo al cellulare Fred, ma non rispondeva.

Arrivai sotto casa sua e bussai ripetutamente al citofono. Non mi importava di svegliare tutti, lui doveva svegliarsi, preparare quella cazzo di valigia e venire in campeggio con me. Andavamo in quel posto da quando eravamo bambini, ogni anno, era diventato come un rito, e non poteva non venirci, non potevo andarci da sola. O veniva con me o non ci andavo nemmeno io. O con lui o con nessuno.
Quello era il nostro rifugio.
Dopo diversi secondi rispose la madre. ― Chi è?
― Buongiorno signora, mi scusi per il brutto risveglio, ma suo figlio non risponde al cellulare e tra 20 minuti abbiamo il pullman per partire. Può aprirmi per favore? ― non mi fregava un cazzo in realtà del suo risveglio e poi conoscevo quella signora da tanti anni e lei conosceva me e sapeva che non ero una persona abbastanza normale.
Mi aprii e salii le scale a due a due fino al secondo piano, entrai come un razzo in casa e andai dritta alla camera di Fred passando di corsa attraverso il lungo corridoio. Entra nella sua camera senza nemmeno bussare e lui era ancora nel mondo dei sogni raggomitolato in un lenzuolo bianco. Gli tirai la coperta e iniziai a scuoterlo per svegliarlo.
― Brutto coglione se non ti alzi rischiamo di perdere il pullman. Muoviti.
Aprii il suo armadio e presi le prime cose che mi capitavano a tiro e poi deponendo il tutto in un borsone. Fred era seduto sul letto e mi guardava imbambolato.
― Ti muovi? Siamo in ritardo! ― dissi con tono alterato e poi riportando la mia attenzione alle cose da mettere nella suaborsa. Dopo diversi minuti sembrò iniziare a connettersi con il mondo, così si alzò e andò a prepararsi.
In pochi minuti riuscii a trascinarlo giù. Salimmo in macchina e andammo alla fermata dove ci aspettavano gli altri.
Il pullman era già lì quando arrivammo, prendemmo di corsa le borse e corremmo verso il pullman. Non ebbi nemmeno il tempo di salutare mia madre, mi voltai e le feci un sorriso e la salutai con la mano da lontano mentre continuavo a camminare, lei ricambiò e sibillò "divertiti". Non parlavamo molto io e mia madre, però le volevo un gran bene. È una di quelle persone di cui non puoi fare a meno, che quando c'è ti irrita e quando non c'è senti la sua mancanza fino a perdere il fiato.
Posammo le valige nella parte bassa del pullman e poi salimmo sopra. Feci correre i miei occhi tra i vari posti per cercane due vicini per me e Fred. C'era una faccia nuova tra le persone che c'erano di solito, guardava fuori dal finestrino con uno sguardo triste e il suo volto si rifletteva nel vetro. L'avevo già vista da qualche parte.
―Buongiorno. ―dicemmo io e Fred in un suono sincronizzato.
Trovai due posti accanto a Val, ci andammo a sedere lì. Fred vicino al finestrino e io al posto accanto.
―Buongiorno Mare. ― mi disse val.
―Buongiorno Val. ― risposi sorridendogli facendo poi scivolare il mio sguardo sulla figura sconosciuta accanto a lui, iniziai a fissare quel volto che mi incuriosiva.
―Tanto sconosciuto poi non è. ― pensai.
Val mi interruppe facendo collare i miei pensieri ― È mio cugino, viene con noi. Mica è un problema? ― mi disse guardandomi e facendomi l'occhiolino.
― No, nessun problema ― dissi guardando quel viso teso e imbronciato e anche un po' misterioso, mentre sentii il suo sguardo sfiorarmi le guance. ― mica me lo devo portare sulle spalle. ― continuai ridendo, distogliendo, poi, lo sguardo e riportando la mia attenzione su Val. Sentii le guance andarmi a fuoco. Ero imbarazzata? Io? Perché? Val mi sorrise ancora e io abbassai lo sguardo sentendomi colta sul fatto e scacciai quelle domande dalla mia testa, mi girai verso Fred per nascondere il rossore delle mie guance.
Notai che era triste e a disagio, mi sentii un po' in colpa. Gli diedi un bacio sulla guancia e lasciai i miei pensieri indietro.
― Come ti è venuto in mente di mandarmi la giù senza di te? ― chiesi con un'espressione seria, poi gli sorrisi. Iniziammo a ridere. Sapevo ridere così solo con lui. Una risata che mi usciva dal cuore. Era quel suo sorriso ancora da bambino che mi faceva star bene, mi faceva ridere l'anima.
― Chi vuole una caramella? Faccio beneficenza. ― disse Val divertito.
Mi voltai verso di lui per prenderne una dalla busta che aveva in mano. Non andava da nessuna parte se non aveva le sue caramelle frizzanti, alla fragola. Alzai lo sguardo, mi sentivo osservata. Era quel ragazzo. Il suo sguardo incrociò il mio, ancora una volta.
Stavolta i suoi occhi si tuffarono nei miei stravolgendo ogni cosa, facendomi sentire nuda.

Vorrei guardarti dormire.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora