― Quel pomeriggio, venisti qui con tuo padre, Marea. ― si intromise mia madre da dietro.
Mio padre?
Le gambe cedettero, e mi ritrovai a terra. L'erba era fresca sotto le mie ginocchia. Dovevano esserci intorno ai 33 gradi, ma io diventai un cubetto di ghiaccio, dentro e fuori. Avevo freddo, e gli occhi mi si appannarono. Per tutti quegli anni mio padre non l'avevo più visto, e mai mi ero chiesta dove fosse. Non ci pensavo mai, nemmeno una volta.
Avevo immagini sfuggenti davanti agli occhi, ma non riuscivo a ricordare. Non riuscivo a ricordare il suo volto. Sentii qualcosa avvolgermi, e un profumo arrivò fin nella parte più nascosta di me. Era il suo profumo. E mi stava abbracciando. Avevo sognato quel abbraccio da giorni, e ora era lì, e io invece non provavo niente. Mi sembrava di essere lontana anni luce da quelle braccia.
― Nessuno sa questa storia. Tutti pensano sia stato Alan a farti del male quel giorno. ― disse ancora mia madre.
― Non piangere. ― mi disse lui stringendomi. Ma le mie lacrime uscivano da sole, la mia testa era così confusa e piena di non so cosa, ma il mio cuore era vuoto, e vi si posò sopra un velo di neve. L'inverno era dentro di me, e io ero nuda di ogni cosa, stavo morendo di freddo. Quelle braccia però sembravano così calde e così accoglienti. E io ero così stanca, e non dormivo da ore ed ore.― Perdonami, ti prego. ― disse.
Furono le ultime parole che sentii. Mi addormentai lì, tra le sue braccia, seduta sull'erba, le mani che stringevano la sua felpa, con il visto contro la sua gabbia toracica, e gli occhi ancora allagati.
Quando mi risvegliai era buio, mi trovavo nel mio letto e lui era lì, seduto sul fondo del letto, e mi guardava con i suoi occhi tristi, la schiena contro il muro e la testa leggermente all'indietro in mostra il collo. Nonostante la sua stanchezza sembrava così bello e sexy.
Io, invece, avrei voluto protestare, nascondermi, ma gli occhi miei erano così pesanti, e non riuscivo a muovermi, il mio corpo incollato al letto. Crollai di nuovo, lasciando che mi guardasse dormire.Dormii per quasi 12 ore di fila, non mi era mai successo. Il sole illuminava la mia stanza, e mi girai dall'altra parte. Ero tutta indolenzita, avevo mal di testa e sentivo freddo. Vedere che lui non era più lì mi fece sentire ancora più sola, ma era meglio così, non volevo farmi vedere in quelle condizioni.
Mia madre bussò alla mia camera qualche istante dopo.
― Avanti. ― dissi.
― C'è Fred qui. Vuole vederti. ― disse lei.
― No. Non voglio vedere nessuno. ― risposi.
Per la prima volta mi ero rifiutata di vedere Fred. Quando stavo male veniva sempre a trovarmi, e la sua compagnia mi faceva bene. Ma ora non mi andava di vederlo, avrebbe fatto domande, e io dove le trovavo le risposte? Non riuscivo a darle nemmeno a me stessa. Anche se mi dispiaceva, era tornato dal campeggio apposta per vedermi, e io l'avevo trattato male due giorni prima e ora l'avevo rifiutato. Ma l'unica persona che volevo vedere in quel momento era Alan. Mi mancava. Mi mancava quella fossetta che aveva sulla guancia quando sorrideva, i nostri sguardi, la sua voce, il suo profumo. Non capivo il perché di quelle sensazioni, di quella mancanza, ma sapevo che lo volevo accanto a me. Era l'unico che sapeva tutto, e che non avrebbe fatto domande.― Magari ti farà bene parlare con lui.
― No, mamma. Non sono pronta a tutto questo. ― Mi voltai ancora nel letto, ed eccola. Una strana scatola era lì per terra, con un biglietto sopra."Non volevo riaprire vecchie ferite, mi dispiace. Dopo questa, sparirò di nuovo dalla tua vita. Usa la chiave."
No. Perché? Io avevo bisogno di lui, avevo bisogno ancora di un suo abbraccio. E con chi avrei parlato di tutto questo? Avevo bisogno di un appoggio e lui era l'unico che poteva sostenermi e rispondere alle mie mille domande.
Cosa conteneva quella scatola? Solo ricordi? Era in legno, consumata, profumava, e non pesava molto. Scesi dal letto titubante, e con i piedi scalzi mi ci avvicinai sentendo il pavimento freddo sulla pelle, la presi, e la portai sul letto, poi mi sfilai la collana a forma di chiave, e la misi nella piccola serratura. Mi tremavano le mani, e il respiro era pesante. Volevo ci fosse lui con me ad aprirla, e invece era andato via, lasciandomi sola. Tolsi la chiave di colpo, e la rimisi al collo, avevo il sangue che mi pulsava nelle orecchie, posai la scatola sulla scrivania, senza aprirla.
Era troppo presto, la mia mente già era abbastanza confusa e dovevo assimilare prima tutte quelle notizie, per riceverne poi altre.
Me ne tornai a letto sedendomi nel punto esatto dov'era stato lui fino a qualche ora prima.
Quando era andato via? Presto?
Sentivo ancora il suo profumo nell'aria della mia camera e mi lasciai cullare da quel profumo dolce e accogliente. Mi accucciolai sulla coperta proprio in quel punto.
Questa volta c'era un vuoto diverso dentro di me.Passarono le ore e rimasi lì e senza rendermene conto si fece quasi sera.
Mi alzai dal letto e mi avvicinai alla finestra. La aprii anche se mi dispiacque perché quel profumo avrebbe abbandonato la mia camera, ma avevo bisogno di aria fresca.
Mi arrampicai e mi sedetti sul bordo della finestra a fissare il tramonto. Solo in quel momento il mio cuore sembrò trovare pace.
Il vento accarezzava la mia pelle e mi rilassai sentendo tutti i nervi del mio corpo distendersi.― Dove sei? ― sussurai con un filo di voce quasi impercettibile. ― Ho bisogno di te.
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Vorrei guardarti dormire.
RomanceMare ragazza difficile, fatta di paranoie. Un corpo che all'apparenza può sembrare vuoto ma in realtà è pieno di emozioni che lei stessa non conosce, ma soprattutto una mente piena di ricordi e segreti che il suo cervello ha annullato. Alan un ragaz...