Capitolo 26

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Mi avvicinai a lui appoggiando la fronte sul suo petto, stringendo poi le mani sui suoi fianchi.
Quanto mi mancava.
― Rispondi. Come sono io Alex? ― dissi mentre le lacrime iniziarono ad uscire di nuovo, strinsi di più i suoi fianchi con le mani ― Rispondi. ― dissi più forte scuotendolo, stringendo forte gli occhi.
Ma non rispose, non disse nulla.
― Sono un frocio ― dissi, rispondendo io stesso alla mia domanda, alzando il viso guardandolo negli occhi ― un deviato mentale, uno sbaglio, un malat.. ― mi fermò.
Anzi, mi baciò.
Sentii la testa girarmi, un calore sulle guance, poi ancora una volta il buio.

Mi risvegliai poco dopo, in camera mia, disteso al letto.
"No, Alex." pensai sedendomi a fatica al centro del letto, appoggia una mano sul muro alla mia sinistra, avevo l'affanno e non si vedeva un cazzo. Spalancai gli occhi il più possibile per poter guardare nel buoio, il panico mi assalì.
― Hey, calmati, sono qui. ― disse abbracciandomi.
Mi aggrappai ad suo braccio. ― Non andartene.
― Shh, calmati. ― mi disse ancora una volta accarezzandomi i capelli, staccandosi leggermente. ― Come ti senti? Mi hai fatto prendere un colpo.
― Cc-cos'è successo? ― chiesi.
― Mi sei svenuto tra le braccia, m-mentre.. ― arrossì.
Per la prima volta in vita mia lo vidi arrossire.
Il suo volto illuminato dalla luce della luna, un sorriso debole, lo sguardo basso, era seduto sul letto accanto a me.
― Guardami. ― dissi.
Alzò gli occhi lentamente e si tuffo nei miei.
― Scusami. ― sussurai.
Mi accarezzò le labbra con un dito, poi appoggiò la sua fronte alla mia e continuò a guardarmi. Non riuscivo a decifrare il suo sguardo. C'era paura? Confusione? Odio?
Rimase così molti minuti. Sentii il cuore accellerare quando mi passo per la mente il pensiero di baciarlo. Volevo ancora le sue labbra. Il cuore pompava il sangue in ogni direzione ad una velocità assurda, lo sentivo scivolare nelle vene e arrivare ai piedi, alle mani.
Mi spostai leggermente in avanti, lentamente. Un sospiro lento gli uscì dalla bocca.
"Ora o mai più." pensai.
Questa volta mi ci fiondai sulle sue labbra, veloce, e ne sentii il calore. Stava lì fermo senza fare niente, labbra contro labbra. Al mio cuore mancò un battito quando sembrò che mi stesse respingendo, invece, poi socchiuse leggermente le labbra e sentii la sua lingua sulla mia, umida, leggera, quasi timida, come se volesse tornare indietro, il sapore di sigaretta e menta.
Mi avvicinai di più e gli accarezzai la lingua con la mia.
Lo sentii tremare. Con una mano gli toccai la guancia e poi la passai tra i suoi capelli.
Lentamente sembrò calmarsi.
Mi prese la mano e la intreccio alla sua.
Non so di preciso quanto tempo rimanemmo così, ma ogni minuto che passava sembrava più intenso, più audace, più forte, più appassionato, sempre di più.
Ci staccammo per riprendere fiato.
Mi fece spostare e poi si sdraiò accanto a me, mettendosi su un lato, appoggiò una mano sul mio fianco, intrecciò le gambe alle mie e lentamente avvicinò il suo viso al mio.
Gli sorrisi e poi gli andai incontro con le labbra. Riprendemmo il bacio esattamente da dove avevamo lasciato, ma questa volta era più intenso di prima. Più mi baciava e più mi era difficile mantenere il controllo. Stavo lottando con tutte le mie forze quando mi morse il labbro inferiore mandandomi fuori di testa. Mi allontanai.
― Basta. ― dissi quasi ansimando ― o non mi controllo più. ― continuai mentre appoggiai il viso nell'incavo del suo collo e ubriacandomi del suo profumo, chiusi gli occhi.
Lo sentii sorridere e poi abbracciarmi.
― Buonanotte. ― disse sorridendo, anche se non potevo vederlo, lo sapevo.
― Buonanotte. ― dissi stringendolo forte a me.

Un sogno strano mi svegliò. Aprii lentamente gli occhi. Ero girato verso il muro.
Lentamente focalizzai e ricordai la sera prima.
"Alex." pensai voltandomi di scatto dall'altra parte.
Non c'era.
Era andato via, senza dire niente.
Lo chiamai diverse volte ma non rispose.

Point of view Mare.

― Mare chiama tuo fratello. ― disse mia madre mentre metteva i piatti in tavola.
Andai alla sua camera e bussai, per tutta la giornata non lo avevo visto uscire dalla sua camera. 
― Alex, è pronto a tavola. ― dissi.
― Non ho fame. ― rispose semplicemente.
Tornai da mia madre. ― Non ha fame. ― dissi sedendomi al mio posto.
― Va bene, glielo conservo nel caso gli venga fame più tardi. ― rispose lei.
Mangiammo e poi l'aiutai a ripulire e mettere in ordine la cucina, poi tornai in camera mia.
Distesa sul letto con le cuffie ascoltai qualche canzone ma il mio pensiero andava ad Alex.
Era strano, se non aveva qualcosa da fare qui in casa era sempre in giro a cazzeggiare.
Mi alzai dal letto e andai di nuovo alla sua camera, bussai.
― Alex? ― dissi senza ricevere risposta. ― Alex, stai bene?
― Va via Mare. ― disse, il suo tono sembrò quasi disperato.
Io ero come un bambino a cui dici di fare una cosa e invece fa l'esatto opposto, quindi, ignorai la sua richiesta ed entrai, chiudendo poi la porta alle mie spalle.
Non disse nulla, non protestò.
Era rannicchiato sul letto, non era da lui passare così le giornate.
Mi avvicinai lentamente. ― Alex, cos'hai? ― dissi sedendomi poi sul suo letto, lui era di spalle.
Non rispose, sentivo il suo respiro.
Mi sdraiai dietro di lui e lo abbraccia, lo sentii prendermi la mano e stringerla. Non sembrò un buon segno. Era una persona abbastanza fredda e non dimostrva mai niente, nemmeno a me, le volte in cui mi aveva dato un abbraccio si contavano sulle dita di una mano. Con quel gesto stava chiedendo aiuto, qualcuno che lo salvasse, qualcosa a cui aggrapparsi.
Non dissi niente, rimasi in silenzio ad abbracciarlo, appoggiai la fronte alla sua schiena e mi limitai a sostenerlo csemplicemente con la mia presenza.
Dopo un tempo lunghissimo sibillò qualcosa.
― Un'altra notte così bella non me la ricordo. ― disse.
Mi meravigliai di quella frase, di quella confessione.
― Perchè sei triste allora? ― chiesi.
― Perchè fa paura.
― Cosa fa paura?
― I cambiamenti. Camminare su una strada che non si conosce.
― Non conosciamo nemmeno ciò che ci aspetta domani eppure continuamo a vivere ogni giorno. ― dissi.
― Non so come sono finito in questo casino. ― disse ― mi sento perso. E' una cosa nuova per me.. Mi spaventa.
― Ti spaventa il fatto che sia una cosa nuova, o ciò che penserà la gente? ― non rispose, così continuai ― non farti frenare dalla paura, da ciò che pensano gli altri.
― E se mi facesse del male? ― chiese.
― Non permettere alla paura di soffrire di impedirti di vivere. ― dissi.
― E se facessi io del male a lui? ― disse strozzando l'ultima parola ― gli ho già fatto abbastanza male, non se lo merita. Sono più le volte che in cui l'ho fatto piangere, che quelle in cui ha sorriso per merito mio.
― Lui correrebbe il rischio per te, ne sono sicura. ― dissi.
Ci fu ancora silenzio.
― Ieri sono andato da lui e mi ha detto più di una volta di andarmene.
― A volte non si dice ciò che si pensa davvero, lo sai. ― stavo provando a rassicurarlo.
― Ci siamo baciati per la prima volta. ― disse irrigidendosi leggermente, io non dissi nulla e lui dopo un po' continuò ― non mi aspettavo potesse piacermi.
― E' questo che ti fa paura? Il fatto che ti sia piaciuto?
― Il fatto che potrei abituarmici e poi perderlo.
― E tu non lasciarlo andare, legatelo al dito.
― Ora sarà arrabbiato, o forse mi starà già odiando. Me ne sono andato mentre dormiva, da vero vigliacco. Chissà cos'ha provato al risveglio, ma io di certo non mi sono sentito meglio di lui mentre tornavo a casa.
― Va da lui.
― No, sarà arrabbiato, non mi aprirebbe nemmeno la porta di casa. Meglio lasciar perdere tutto ora.
― Non ti facevo così codardo. ― dissi provando a farlo reagire, sapevo si sarebbe arrabbiato.
― Non sono un codardo. ― ringhiò.
Mi alzai dal letto. ― Bene, visto che non lo sei andiamo da lui, a me aprirà sicuramente.
― No. ― disse secco.
― Che palle. Alzati e andiamo. ― dissi prendendo il cellulare e chiamando Fred.

― Hey, Fred, come ti senti? Posso passare da te? ― dissi, Alex si volto di scatto verso di me, leggermente pallido e con gli occhi spalancati.
Gli sorrisi.
Mi alzò il dito medio.
― Perfetto, tra poco sono lì da te. ― dissi, riattaccando.
― Ci vai da sola. ― disse Alex con tono severo, ma la sua espressione diceva tutt'altro, stava davvero male, non lo avevo mai visto così.
― Vabbè. ― dissi arrendendomi.
Aveva le occhiai.
Si sedette sul letto.
― Allora io vado. ― dissi andando verso la porta.
― Mare.. ― mi voltai verso di lui. ― Secondo te, cosa sono? ― disse con lo sguardo basso, prendendosi la testa tra le mani.
― Non lo so. ― dissi.
― E se lo sono, cosa dirò alla mamma? ― chiese nella più totale disperazione.
― La mamma è l'unica persona di cui non devi preoccuparti. ― dissi uscendo dalla camera.

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