//Bye bye, innocence//

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La situazione era diventata a dir poco esplosiva e ora che eravamo tutti stipati nell’appartamento trasteverino di Massimo sembrava aver raggiunto il suo picco peggiore. Anzitutto la tensione: erano infatti le sette e mezzo passate e mancavano ancora due Pevensie all’appello. E poi c’era Peter, che si faceva sempre più insopportabile di minuto in minuto. Cominciavo davvero a credere che il potere potesse dare alla testa, dal momento che stentavo a riconoscere quello che un tempo era stato il Re Supremo di Narnia. Di certo, il ragazzo che avevamo di fronte era una sua caricatura mal riuscita, dal momento che non faceva altro che aggirarsi per l’appartamento con un sorriso ebete stirato sulla faccia e l’aria di chi non si stava preoccupando minimamente del fatto che sia lui che i suoi fratelli si trovassero in grave pericolo.

Inoltre, sembrava non riuscire proprio a evitare i posti in cui stavo io. Ci mancava che mi seguisse persino in bagno! Continuava a richiamare la mia attenzione per la minima stupidaggine, cosa che più di una volta gli costò una risposta poco carina, che parve accantonare dopo mezzo secondo. Era decisamente insopportabile. Anzi, man mano che il tempo passava, diventavo sempre più convinta di odiarlo. Solo Rebecca sembrava sopportarlo per più di cinque minuti, trovando addirittura il modo di dargli chiacchiera. Perlomeno, così facendo gli altri avrebbero avuto qualche minuto di respiro.

Fu quando verso le otto rientrò anche Aldo che fummo costretti a dichiarare la chiusura delle ricerche per quel giorno. Avevamo setacciato ogni angolo della città, ma i due ragazzi sembravano spariti nel nulla. Non era saggio continuare a cercare di notte, avremmo rischiato di ripetere la terribile esperienza di Susan senza riuscire a ottenere nient’altro. In ogni caso, prima di venire da noi, Aldo aveva fornito un identikit di Edmund e Lucy ai colleghi, nella speranza che qualcuno della ronda notturna riuscisse a trovarli. Quello era tutto ciò che potevamo fare.

Alla fine, distrutti dalla stanchezza e dal caldo, ci congedammo fra baci e abbracci, partendo poi ciascuno per la propria strada.

Susan e Peter rimasero a casa di Massimo (Pete aveva già fatto una doccia e gironzolava per l’appartamento con solo un asciugamano attorno ai fianchi, come se non fosse ospite di sconosciuti), il quale era riuscito a rimediare due posti letto tra il divano e una vecchia branda che teneva come riserva nel ripostiglio, pregando che i suoi genitori non gli facessero la sorpresa di anticipare il ritorno dalla vacanza. Il problema sarebbe stato rimediare un posto anche agli altri due, sempre se li avessimo trovati. Nel piccolo appartamento, infatti, si stava ormai troppo stretti.
Io e Leo ci incamminammo a piedi per la via di casa, facendo un tratto assieme a Giulia, che aveva tutta l’aria di volermi fare una miriade di domande. E sapevo anche riguardo a chi.

Ovviamente, non mi lasciò altra scelta se non quella di raccontarle tutto. Incredibilmente, il mio racconto sembrò catturare l’attenzione anche di Leo, che rimase al nostro fianco per tutto il tragitto, fissandomi dal basso all’alto con aria attenta.

«Sai che sei proprio stupida?» sbottò una volta finito. «Solo tu potevi lasciarti scappare un ragazzo del genere!»

«Oh, eccolo che ricomincia con la tiritera!» esclamai io alzando gli occhi al cielo.

«Sul serio, io preferivo molto di più Edmund a Riccardo!»

«Guarda che mica l’ho cacciato via! Abbiamo semplicemente litigato. Vedrai che tornerà. Io voglio che torni.»

«Sì, e dopo come farai? Ti terrai due ragazzi?»

Mi morsi il labbro nervosamente. Leo aveva colpito nel segno, come sempre. Certo che ci avevo pensato a quello che sarebbe successo dopo, rimandando automaticamente quello spinoso problema. Ma sapevo benissimo che avrei dovuto affrontarlo da un momento all’altro.
 

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