Devo ammettere che eravamo proprio un’ottima squadra. La mattina seguente, una domenica calda e soleggiata, ci radunammo tutti a casa mia, dividendoci in gruppi: Giulia e Massimo, Rebecca e Leo, infine io e Susan. Rebecca era stata praticamente buttata giù dal letto nell’unico giorno in cui poteva permettersi un minimo di riposo, ma alla fine era stata contenta di partecipare alla ricerca, per quanto il suo pragmatico razionalismo fosse stato messo duramente alla prova dal mio racconto. In effetti, senza di lei non saremmo andati molto lontano. Avevamo fatto in modo che ciascun gruppo avesse un elemento esperto in faccende narniane, in modo tale da rendere il riconoscimento più facile.
Alle otto eravamo già in azione, ognuno diretto verso la zona della città di sua competenza. Verso le undici, ci raggiunse anche Aldo in sella a Jedi, il quale si concentrò immediatamente sulla zona di Villa Borghese, dove, secondo me, era più probabile che i nostri amici si fossero nascosti. A quanto pareva, Rebecca non aveva esitato a mostrare tutta la sua disarmante efficienza. Ci mancava solo che riportasse tutti e tre i Pevensie mancanti in un colpo solo!
Io e Susan ci dirigemmo subito verso la nostra area, che copriva via del Corso. Ci avviammo a piedi, tagliando per le strette stradine secondarie e infine immergendoci nel caos della grande via gremita di turisti e gente a caccia dell’ultima griffa.
La mia amica appariva visibilmente disorientata. Io mi limitai a scoccarle profonde occhiate di comprensione, prendendola di tanto in tanto per mano per farle forza. Povera Sue! Del resto, io ormai conoscevo anche fin troppo bene quel lato del suo carattere apparentemente freddo e calcolatore: Susan, in realtà, era una ragazza fragile ed estremamente sensibile e le bastava semplicemente uscire dagli schemi, ritrovandosi in un ambiente a lei completamente estraneo, per farla sentire a disagio. Lo aveva mostrato attraverso il suo atteggiamento scontroso a Narnia, la prima volta, e anche ora, avanzando a testa bassa, i pugni chiusi e lo sguardo spento, gelato.
Era incredibile quanto assomigliasse al fratello minore, in quei momenti.
Insieme perlustrammo ogni angolo della grande via, ogni negozio, ogni chiesa, persino i bar, chiedendo ai passanti se avessero visto qualcuno dei tre ragazzi. Per fortuna, Susan portava sempre con sé una foto in bianco e nero di loro quattro, ma la cosa non ci fu di grande aiuto, specie per il fatto che nell’immagine apparivano vestiti come negli anni ’30. Fu più che comprensibile il fastidio che suscitammo in più di una persona, ricevendo come risposta diverse occhiate tra il perplesso e l’infastidito. A un certo punto, stanche ed esauste, crollammo sulla scalinata di una chiesa, Susan con i pugni chiusi e la testa reclinata sulle ginocchia, in preda al più totale scoramento.«È inutile» singhiozzò con rabbia. «Non li troveremo mai dentro questa bolgia. È impossibile.»
«Nulla è impossibile» cercai di farle forza, cingendole le spalle con un braccio. «Vedrai che saranno da qualche parte. E, in qualche modo, ci verranno incontro. Proprio come avete fatto te ed Edmund.»
«Ma se non funzionasse? Se si perdessero? Se succedesse loro qualcosa?» la sentii rabbrividire. «Non posso pensarci!»
«Dobbiamo continuare a cercare!» la esortai io tirandola per un braccio. «Adesso!»
Susan si strofinò nervosamente il volto pallido e annuì, alzandosi in piedi.
Io le sorrisi raggiante e la seguii a ruota. Dovevamo davvero stare su di morale se volevamo concludere qualcosa di concreto. Per quanto fossimo tentate, quello non era proprio il momento di farci prendere dallo sconforto.
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The Last Passage
Fanfic~ sequel di The Passage ~ Sono passati cinque anni dal viaggio di Penny a Narnia, e la ragazza sembra essersi ormai rassegnata a una vita sempre più grigia nel suo presente. Ma le porte di quel mondo parallelo stanno per aprirsi di nuovo e la ragazz...