//I Quattro Troni//

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«Come diavolo vi è saltato in testa di mandarmi là sotto?» tuonò Peter non appena fece la sua trionfale comparsa dal pozzo, i capelli biondi appiccicati sulla fronte e una buona dose di melma verdastra spalmata sul volto.

Impossibile restare seri, non con il Magnifico ridotto in quello stato.
«Ah, vi faccio anche ridere, non è così?» esclamò il ragazzo, sputacchiando acqua in tutte le direzioni.

Edmund crollò sulle ginocchia tenendosi la pancia, scosso da un eccesso di risate. Ero convinta che fosse sul punto di sentirsi male.

Suo fratello gli scagliò un’occhiata di fuoco. «Suppongo che come al solito sia tu il fautore di tutto questo, non è vero fratellino?»

«Credo che, per una volta, Ed c’entri poco con le tue disgrazie.»

Il Magnifico si voltò verso di me, un’espressione di pura incredulità stampata in faccia. «Che cosa?» domandò perplesso.

«Scusaci, Pete» mi schermii incrociando le braccia con fare imbarazzato «A quanto pare, sei rimasto vittima di un incantesimo e non avevamo altra scelta se non quella di farti fare un bel tuffo nell’Acqua Vera. L’alternativa era quella di tenerci un bambino di ventiquattro anni.»

Peter mi lanciò un’occhiata di fuoco, i suoi intensi occhi azzurri di nuovo vivi e fiammeggianti come quelli di un tempo.

«Deduco che sia stata tu a escogitare il tutto, non è vero?» chiese in tono di sfida, puntandomi scherzosamente un dito contro.

«Ehi, piano con le accuse!» replicai, scansandogli la mano con un gesto eloquente. «L’ho fatto per il tuo bene.»

 Alle mie spalle, Edmund aveva smesso all’istante di ridere e percepivo chiaramente quanto si stesse scaldando.

«In ogni caso, ti ringrazio per avermi cavato fuori da questo pasticcio» disse Peter senza smettere di sorridere.

«Peter!»

Raggiante per aver riavuto suo fratello, Lucy gli gettò le braccia al collo. Lui rise e la strinse in uno dei suoi calorosi abbracci, sollevandola di un buon palmo da terra. Noi scoppiammo a ridere deliziati, stemperando all’istante la scherzosa tensione che si era creata fra di noi.

«Scusate se vi interrompo, ragazzi,» intervenne a un certo punto Rebecca, che, nonostante si trovasse in un ambiente per lei decisamente fuori contesto, non sembrava affatto disposta a perdere la sua irrefrenabile verve «ma temo che qui ci ritroviamo con i tempi un po’ stretti. Ricordate che sta per venire la fine del mondo e forse anche un’invasione di pazzi esaltati? Io mi sbrigherei a correre ai ripari, se fossi in voi…»

«Fine del mondo? Invasione? E, scusate se mi intrometto, ma come mai ci ritroviamo di colpo tutti a Narnia e chi sono tutte queste persone che avete portato con noi?» chiese Peter confuso.

Ci scambiammo tutti un’occhiata esasperata. Mi duole dire che ciò che nei romanzi viene allegramente omesso per la gioia del lettore, nell’effettivo tempo della storia occupa molto più spazio che poche righe di scuse da parte dei protagonisti. E che quella incaricata di ripetere per l’ennesima volta l’intera tiritera a causa della distrazione dei miei personaggi, come al solito, sarei stata io.

«Pete, è una lunga storia» dissi in tono rassegnato. «Perciò mettiti comodo e ascolta, perché abbiamo poco tempo.»

E presi a raccontare.

E presi a raccontare

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