//Le porte sono di nuovo aperte//

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Come si fa a spiegare al proprio fratellino quindicenne che poco più di cinque anni prima ci si è ritrovati catapultati in un altro mondo attraverso la semplice lettura di un libro?

Io, al momento, non ne avevo la minima idea, perciò mi comportai come si comportano più o meno tutte le sorelle maggiori quando si trovano in queste situazioni imbarazzanti e scelgono di passare per prepotenti ed egoiste pur di salvare un bene comune.
Fu così che, senza starmi a fare tanti problemi, strappai con violenza il libro dalle mani di Leo e fuggii via più veloce che potevo, afferrando alla cieca un ombrello e sparendo di nuovo giù, inghiottita dal caos della strada. Mi sentivo la testa vuota e il cuore mi pulsava come un forsennato contro le tempie, facendomi quasi male. Dovevo sbarazzarmi di quel libro, in un modo o nell’altro, quello era l’unico pensiero che avevo per la testa in quel momento.

Sulle prime pensai di gettarlo nel Tevere, ma poi realizzai che era la cosa più stupida che potessi fare. Se quel libro in qualche modo era vivo, distruggerlo significava portare la fine all’intero mondo che celava al suo interno.

No, se avessi voluto evitare la catastrofe, avrei dovuto nasconderlo. Dove nessuno avrebbe potuto leggerlo.
Ma dove?

Camminai simile a un fantasma per tutte le strade principali, infilandomi poi nei viottoli secondari circondati dalle anguste facciate cadenti di antiche dimore. L’acqua scrosciava impalcabile sulle pareti scrostate, riversandosi giù dalle grondaie in rigagnoli sudici che inzaccheravano i sampietrini. Mi fermai di colpo, incapace di andare avanti. Non sapevo dove andare, né a chi chiedere aiuto. Quale folle avrebbe potuto credere a una cosa del genere?

«Non ti conviene nasconderlo, se sai che non lo ritroverai» mi disse una voce ironica, sovrastando lo scrosciare dell’acqua.

Mi voltai di scatto, mettendomi in posizione di difesa e stringendo il libro al petto come per proteggerlo.

Da dietro l’angolo, sinuosa ed elegante come un grosso felino, emerse Alis, perfettamente in ordine e rilucente di selvaggia bellezza, nonostante non avesse nulla per proteggersi dalla pioggia.

«Alis?» balbettai impaurita.

«Calma, Figlia di Eva, calma. Capisco la tua paura, ma ti assicuro che non ti farò del male» disse la strega sorridendo.

«E chi me lo assicura?» chiesi sprezzante. «Jadis?»

Alis sembrò rabbrividire. «Non pronunciare quel nome» ribatté gelida.

«Dunque la conosci.»

«Non l’ho mai vista, ma il suo male è più vivo che mai.»

«E tu? Ne sei contenta?»

La strega scosse il capo. «Sono venuta a cercarti e sapevo che ti avrei trovata qui. Ho bisogno di te, Penelope. Narnia ha bisogno di te, come tu hai avuto bisogno di lei.»

«Spiegati.»

Alis inspirò profondamente, poi disse: «Tu conosci molto bene il mio Maestro. È lui che ha creato tutto ciò che hai visto, tutto ciò che conosci, tutto ciò che hai vissuto in queste pagine. Solo che non aveva compreso quale potere aveva fra le sue mani e, alla fine, quest’ultimo ha preso il sopravvento.»

«Ehi, aspetta un secondo!» esclamai incredula. «Stai cercando di dirmi che il tuo Maestro è Lewis?»

Alis annuì.

«Ma è impossibile!» sbottai io subito dopo. «Insomma, dovrebbe essere morto!»

«Lewis è uno Scrittore» rispose lei. «E gli Scrittori non possono morire finché ci sarà qualcuno disposto a perpetuare le loro storie. Io, così come il ragazzo che ami, sono una sua creatura, tenuta nascosta dalla sua mente umana, eppure più viva e concreta che mai, pronta ad agire di mia volontà, se posso. Ormai, sono abbastanza grande e forte per farlo.»

The Last Passage Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora