1 - Il marmo si macchiò di rosso

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Cloe amava scrivere i suoi pensieri omicidi su tovaglioli di carta, poggiarli delicatamente nella vasca e attendere che l'inchiostro si diramasse lungo le venature fino a disperdere il suo significato.

Liberi di sbiadire verso la dissoluzione.

Aveva salutato la casa dei suoi da ormai una settimana per vivere da sola in un claustrofobico appartamento del Nevada, il più economico.

Passò i primi giorni a osservare in silenzio le valigie ancora piene di vestiti. Ne aveva svuotata soltanto una e la casa era spoglia.

Non aveva abbastanza energia per visitare la città o stringere amicizia con degli sconosciuti e, pensare che presto avrebbe indossato dei guanti, un camice e il tesserino, non diminuiva di certo la sua ansia.

D'un tratto fece un lungo sospiro, si scostò dalla vasca e si tirò su. Prese la giacca e uscì.

In strada regnava il silenzio, alle sei di pomeriggio molti erano ancora a lavoro.

Entrata nel bar sotto casa, ordinò una cioccolata calda.

Mentre frugava nel portafogli per pagare, trovò il bigliettino che le aveva lanciato Berna.

Dopo aver sorseggiato l'ultima goccia, Cloe attirò l'attenzione del barista e chiese un telefono.

Guidata dall'ottimismo che il profumo di cioccolata le aveva donato, alzò la cornetta e chiamò Kit.

«Ciao, Kit, mi chiamo Cloe. Bernadette mi ha dato il tuo numero. Mi ha parlato bene di te, ti ha definito un contatto sicuro e mi ha consigliato di incontrarti appena mi fossi trasferita.»

«Al momento sono impegnato con un pesce...» Fece il giovane, affannato, e seguirono dei mormorii. «Non si preoccupi, signore, adesso lo raccolgo.» disse lontano dalla cornetta. «Ti dispiacerebbe se ti richiamassi tra un attimo?»

«Nessun problema» Rispose Cloe consapevole che il barista si sarebbe presto stufato di concederle l'uso gratuito del telefono.

Per questo, alzò freneticamente la cornetta appena sentì suonare.

«Scusa per prima. Ascolta, Cloe, riconosco il numero dal quale mi stai chiamando. Ti trovi a due isolati dall'Eden Aquarium, il mio negozio. Fa' un salto da me, quando esci da quel bar, va' a sinistra.»

«Perfetto, Kit. A dopo.»

Cloe ringraziò frettolosamente il barista e uscì.

Quando intravide l'insegna con un enorme merluzzo che mangia una E, affrettò il passo.

Kit era una possibile miniera d'oro, forse era la prima persona del luogo di cui la ragazza avrebbe potuto fidarsi.

Si tolse il cappuccio prima di entrare e una volta dentro salutò la prima persona vestita bene che vide.

«Tu devi essere Kit; io sono Cloe, la ragazza al telefono» Tese la mano per stringere la sua, quando un ragazzo biondo con gli occhi marroni sbucò da dietro una corsia.

«No, lui è Mike. Ha appena finito il suo turno di stagista. Vero, Mike? Ecco, bravo, a Lunedì. Kit sarei io. Piacere.»

Mentre passeggiavano tra acquari e pesci di svariati colori e dimensioni Kit le chiese «Da dove vieni?»

«Cheyenne.»

«Quindi è così che vi siete conosciute ti e Berna, studiavate insieme?»

«Tre anni. Liceo.» annuì col capo abbassato osservando i passi a terra.

«Avete più avuto notizie?» Chiese lui con sguardo cupo.

«Non ha lasciato traccia. Nessun messaggio. Manca molto anche a me.» lei distolse lo sguardo.

TI TERRÒ AL CALDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora