Capitolo 28- Rivelazione

5 1 0
                                    

Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a concepirlo: dopo aver parlato con l'Immortale avevo forse ottenuto ben più di quanto avrei mai potuto aspettarmi, eppure non ero ancora sicuro di sapere che cosa dovevo fare.
Era vero quanto mi aveva detto? Potevo davvero fidarmi di lui?
La soluzione pareva finalmente a portata di mano, tuttavia... non ne ero tanto convinto.
La tentazione era forte: avrei potuto ritornare, finalmente, dopo quasi un anno di fuga, ed avrei potuto scovare ed affrontare a viso aperto l'omicida di mio fratello, una volta per tutte.
Ciò nonostante, ritornare avrebbe anche comportato la mia fine, poiché i vampiri, gli altri, mi avrebbero sicuramente isolato e punito per il terribile atto che avevo compiuto.
In fin dei conti, però, non era forse quello che volevo? Una volta eliminato il mostro che aveva massacrato Noel, mio fratello, per quale motivo avrei dovuto continuare a nascondermi, se il motivo per cui ancora respiravo, per cui ancora ero vivo su questa Terra, era solo per la sete di vendetta? Una volta esaurita quella, che cosa sarebbe rimasto di me?
Probabilmente niente.
L' indecisione sfrecciava avanti e indietro senza tregua nel mio cervello, meditabonda, incapace di prendere una decisione definitiva.
E poi, c'era Carter: la mia preoccupazione nei suoi riguardi era cresciuta in maniera esponenziale, negli ultimi giorni.
Quando la mia mente tormentata tendeva disperatamente alla sua, sperando in una risposta, trovava sempre e solo il nulla.
Non ne ero sicuro, non sapevo esattamente come funzionasse il nostro legame, tuttavia confidavo fiducioso che se qualcosa di terribile gli fosse mai capitato, lo avrei percepito.
Quel continuo silenzio, quella vuota mancanza, mi rendevano però paranoico all'estremo: e se Carter fosse riuscito in un qualche modo ad escludermi dalla sua mente? O se non fosse morto, ma se fosse caduto preda di Trevor e Jesse? Quello lo avrei avvertito?
Non ne avevo la minima idea, e questo mi faceva impazzire.
Ogni notte, sdraiato nella mia bara, al risveglio dal mio sonno di morte, i miei pensieri e la mia empatia correvano a lui, speranzosi di incontrare una risposta, anche se finora non era mai accaduto.

Le notti, dopo l'incontro con l'Alchimista, si erano susseguite in questo modo, sempre uguali.
Mi ero levato ogni volta dalla cassa semidistrutta che utilizzavo come bara, inquieto: le parole dell'Immortale mi fluttuavano come fantasmi nella testa, accompagnandomi sempre nel mio vagare notturno; anche quella sera, mi avevano inseguito mentre percorrevo le vie deserte della capitale portoghese in cui ero rifugiato.
Avevo lanciato un'occhiata distratta alle vetrine luminose dei negozi, che mi avevano ammiccato indietro nel loro bagliore rosso-bluastro.
Il dubbio peggiore che mi attanagliava era che l'Immortale mi aveva detto che l'assassino di Noel si trovava in America, probabilmente nella città dove io e Noel avevamo vissuto per la maggior parte della nostra vita.
Questo mi suonava a tratti impossibile, avevo già cercato l'omicida di mio fratello, sondando strade e locali, pedinando e interrogando così tanti Nightcreepers da perdere il conto, ma tutto quello che avevo ottenuto era stata solo una falsa traccia.
D'altro canto, la soluzione a volte mi pareva davvero la più ovvia: l'omicida di Noel non poteva che essere qualcuno che lo osservava da tempo, che conosceva bene lui e le sue abitudini, così come Carter aveva fatto con me, per mesi, senza che nemmeno me ne rendessi conto.
Poteva essersi dato alla macchia dopo la morte di Noel, ma in fin dei conti, perché mai avrebbe dovuto?
Su questo non mi ero mai soffermato a riflettere, probabilmente perché avevo sempre considerato la questione solo dal punto di vista di un fratello. O di un umano.
Le leggi del sovrannaturale, al contrario, mi davano torto: l'assassino di Noel non aveva fatto niente di male, solo seguito la sua natura.
E se era vero che si era macchiato di un crimine ben peggiore in Europa (uccidendo il suo creatore), come mi aveva spiegato l'Immortale, non avrebbe avuto alcun motivo di lasciare l'America, nemmeno con un umano assetato di vendetta sulle sue tracce.
Certo, ora non ero più un umano, ma se il vampiro era davvero pericoloso come mi era stato accennato, non avrebbe avuto alcun motivo di temermi.
Non davvero, almeno.
Più rimuginavo sulla faccenda, più suonava convincente alle mie orecchie.
Avevo svoltato in un vicolo, seguendo l'odore della mia vittima.
Non era ancora abituato a cacciare da solo, senza l'appoggio di Carter, e quasi sicuramente non lo sarei mai stato. Non era nella mia natura uccidere gli umani, anche se non avevo grandi problemi ad ammazzare dei vampiri.
Dovevo essere ancora molto legato alla mia precedente natura, il che giocava molto a mio sfavore, anche se mi manteneva coerente e sano di mente, perché se avessi smesso di pensarla in quella maniera, mi sarei trasformato davvero in uno di loro, e per me sarebbe stata la fine.
La mia vittima si era fermata di scatto, pochi passi di fronte a me, scrutandosi attorno guardinga, infilando le mani dentro la cintura dei pantaloni per estrarne un grosso rotolo di banconote.
Mio malgrado, avevo sorriso: ne avevo incrociate tante di puttane, ma una più avida e gretta di quella dovevo ancora incontrarla.
Il ragazzo squillo aveva ghignato, annuendo tra sé, rimettendo i soldi dove li aveva prelevati, pochi secondi prima.
Aveva assassinato brutalmente un padre di famiglia per guadagnarseli, lo avevo visto con i miei occhi.
Quando l'altro si era spostato di lato il lungo ciuffo di capelli che gli ricadeva continuamente sugli occhi e si era girato per tornare sui suoi passi, al lavoro, si era finalmente accorto della mia presenza.
Era rimasto un attimo spiazzato, ma quando gli avevo rivolto un nuovo sorriso, lo aveva immediatamente ricambiato.
"Ciao." Lo avevo salutato, suonando ammiccante e disponibile, esattamente come faceva lui con i suoi clienti.
"Ciao." Mi aveva risposto, inclinando graziosamente la testa di lato. "Cerchi compagnia?" Mi aveva subito offerto, aprendosi leggermente la giacca per mostrarmi la merce.
Lo avevo fissato, quasi divertito.
Era davvero un bel ragazzo, con grandi occhi verdi, capelli scuri che gli ricadevano a ciocche intorno alla faccia, i lineamenti mediterranei e regolari, i denti bianchi e perfetti dietro un sorrisetto leggermente asimmetrico che lo rendevano molto accattivante.
Peccato che fosse marcio dentro.
Completamente putrido.
La mia empatia aveva vacillato, mentre lui si avvicinava, ancheggiando leggermente.
Da quella distanza riuscivo ad avvertire perfettamente quanto fosse pericoloso, e se non fossi già stato morto, mi sarei sicuramente allarmato.
"Quanto vuoi?" Gli avevo chiesto, senza che il sorriso lasciasse un secondo gli angoli delle mia labbra.
Lui aveva accorciato ancora la distanza fra noi, arrivandomi a portata di braccio.
"Dipende da cosa vuoi fare." Mi aveva respirato in un orecchio, facendomi quasi alzare gli occhi al cielo.
"Vuoi sapere cosa voglio fare?" Avevo ridacchiato, chiudendo le palpebre, sentendo il suo odore invitante invadermi le narici: erano giorni che non mi nutrivo, e quel bastardo era caldo, pieno di sangue e di una perversa lussuria che mi eccitava.
Il suo cuore aveva aumentato il ritmo: amava quella situazione quanto la amavo io, ma questa volta non sarebbe finita come si aspettava sarebbe successo.
"Sì" aveva sussurrato, leccandomi un lobo.
Avevo alzato una mano per accarezzargli il collo, gli occhi ancora chiusi, mentre il suo forte battito era trapassato dalla punta delle mie dita fino al mio cervello e al cavallo dei miei pantaloni.
Volevo il suo sangue, ma volevo anche fargliela pagare.
"Bene." Avevo detto, con la voce sovrumana che faticavo ancora a riconoscere.
Avevo sentito i tendini della sua nuca irrigidirsi istantaneamente, avvertendo il pericolo, ma ormai la mia presa di era fatta salda su di lui, e lo avevo sbattuto con violenza contro il muro alla nostra sinistra, immobilizzandolo dov'era.
"Che c'è? Non ti piace?" Lo avevo schernito, aprendo gli occhi e mostrandogli due iridi rosso sangue.
"O mio Dio..." aveva esalato, riconoscendo quello che ero.
"Non c'è nessun Dio, qui, così come non c'era prima, quando hai ucciso quel povero Cristo." Gli avevo sibilato, strappandogli la giacca e buona parte della maglia lontano dalle carotidi.
Non c'era stato nessun Dio nemmeno quando qualche maledetto bastardo aveva fatto la stessa cosa a Noel, mesi, anni, prima.
Lo avevo afferrato saldamente per il mento, voltandogli il viso di lato, sguainando i canini e mordendolo dove ero sicuro che gli avrebbe fatto più male, giusto sotto l'orecchio.
Lui mi aveva respinto energicamente i primi cinque secondi, poi era caduto preda dell'oblio, abbandonandosi tra le mie braccia.
Avevo bevuto con ferocia, cercando di non prolungare troppo il nostro scambio, di non lasciargli provare troppo piacere, ma il suo sangue aveva un sapore troppo particolare, quasi speziato, e non avevo potuto evitare di fermarmi inconsciamente per assaporarlo.
La mia mente si era distratta, estraniandosi per pochi istanti dal momento, come uscendo dal mio corpo, ed allora, proprio allora, avevo visto un'immagine che non apparteneva a quel luogo.
Interdetto, avevo ignorato la sensazione, ma pochi istanti dopo era ritornata a pieni giri, centrandomi in pieno, e quella volta era stata molto più chiara e duratura.
C'era un altro uomo davanti ai miei occhi, più alto e scuro di pelle.
Qualcuno, forse io, lo stava mordendo e stava contemporaneamente facendo sesso con lui.
Ci avevo messo parecchi altri secondi prima di arrivarci: il sangue del ragazzo squillo doveva aver in qualche modo canalizzato la mia empatia, permettendomi di arrivare alla testa di Carter.
Quello che stavo vedendo veniva da lui.
Senza staccarmi, avevo chiuso saldamente le palpebre, sperando di captare qualcosa che mi permettesse di capire dove si trovasse il mio compagno.
Le figure in principio erano arrivate troppo veloci, confuse, in uno spettacolare turbinio erotico.
Preso dalla foga, avevo spostato la mia bocca dal collo del ragazzo alle sue labbra, baciandolo e mordendolo brutalmente sulla lingua, quasi troncandogliela di netto.
Dopo una breve interruzione, le immagini erano tornate a fluire: Carter che faceva sesso con l'uomo sconosciuto e che, alla fine, lo uccideva spaccandogli l'osso del collo.
La visione si era improvvisamente annebbiata, mentre la voce di Carter, che non sentivo da mesi, mi era risuonata di colpo forte e chiara nella mente.
"REIKOREIKOREIKOREIKOREIKO" in un mantra continuo, spaventoso.
Quando Carter aveva ripreso il controllo, lo avevo sentito cercare di chiudermi fuori, ma ormai avevo visto quello che in tutto quel tempo avevo avuto bisogno di vedere.
Era bastato un solo fotogramma.
Preso dall'improvvisa sensazione di vittoria, ero stato risvegliato dall'urlo assassino della mia preda, che avevo involontariamente lasciato andare.
Aveva estratto un coltello dalla fodera di una scarpa, cercando di colpirmi, barcollando, ma io, pieno del suo sangue e di forza sovrannaturale com'ero, lo avevo atterrato in una presa insormontabile, senza lasciargli la minima via di scampo.
"Bel tentativo, ma questa volta hai scelto la preda sbagliata, bastardo." Gli avevo sputato addosso, prima di troncargli di netto l'osso del collo con mani tremanti.
Non mi sarei mai abituato a quel suono e a quell'atto così raccapriccianti, ma nonostante tutto, avrei dovuto continuare a farlo, forse per sempre o almeno finchè non avessi trovato l'assassino di mio fratello.
Sconvolto da quell'assurdo turbinio di avvenimenti, mi ero afflosciato contro il muro che avevo davanti, lo sguardo ipnotizzato dal cadavere del ragazzo squillo ai miei piedi.
Nella morte era quasi più bello e puro che da vivo.
Per poco non avevo riso come un pazzo isterico.
Ancora scosso, avevo tentato di riconnettermi al cervello di Carter, ma tutto quello che avevo ottenuto era stato il solito nulla cosmico.
Lanciando un'ultima occhiata al corpo inerme accanto a me, avevo scosso leggermente le spalle: non importava.
Avevo visto benissimo dov'era, e questo mi aveva finalmente spinto a prendere la mia decisione.
Il segnale che avevo tanto cercato, tanto atteso, alla fine era giunto.
Carter, anche se non ne sapevo il motivo, era in America.
Era tornato.
Ora sapevo dove andare.

NIGHTCREEPERS-i camminatori del buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora