Capitolo 24-Ombre dal passato

6 1 0
                                    

Dovevo ammetterlo: quella volta Carter aveva superato ogni possibile aspettativa.
Erano passate due notti dal nostro trasloco dal Ku'damm alla volta della nostra nuova 'casa'.
Con il silenzio che mi avvolgeva, mi ero mosso lentamente lungo i corridoi bui, ascoltando il rimbombo dei miei passi rieccheggiare in un'eco distante attorno alla mia figura che serpeggiava sui pavimenti polverosi.
Carter era uscito un'ora prima per nutrirsi, tuttavia era già rientrato: riuscivo ad avvertire perfettamente la sua presenza, unica, oltre alla mia, come un faro nella notte. Faro che seguivo e ricercavo, vagando tra le vetrine scure e le statue antiche.
Avevo costeggiato una finestra stretta e lunga da cui penetrava, come un fascio argenteo, il chiarore lunare; il cortile interno, ampio ed immenso, giaceva immobile, con i riflessi dell'acqua, solo movimento della scena, che danzavano come spettri sui muri color alabastro.
Avevo svoltato, dopo una rapida scorsa, una curva a gomito, incontrando un altro corridoio lunghissimo, e Carter con lui.
Stava ritto di fronte ad una ampia porta a vetri, la sua faccia spigolosa e cerulea più eterea che mai al chiaro di luna.
Solo gli occhi brillavano innaturali e foschi nell'oscurità, risplendendo come due fuochi ardenti.
Senza parlare (non ne avevo alcun bisogno), lo avevo raggiunto, guardandolo di sbieco. Dopo qualche minuto, Carter mi aveva lanciato a sua volta un'occhiata in tralice, sorridendo, sornione, tra sé.
"Tu sei completamente matto." Lo avevo schernito, seguendo il suo sguardo oltre i vetri, sul cortile interno del museo.
"Sì, forse." Aveva annuito, sospirando leggermente. Le sue emozioni erano evidenti, c'era una calma pacifica dentro di lui, per una volta lo vedevo finalmente rilassato e in pace con se stesso.
Era assurdo, eravamo in fuga, in un luogo terribilmente pericoloso, che non si poteva certo definire dove 'VIVERE', tuttavia mi piaceva, mi piaceva davvero, così misterioso e affascinante, bellissimo, magico.
"Te l'avevo detto, no?" Aveva mormorato il moro al mio fianco, reclinando la testa scura da un lato.
"Sì, sei stato fortunato." Lo avevo ripreso secco, con un tono comunque vagamente scherzoso.
Carter aveva riso, suo malgrado, fermandosi però a metà, avvertendo un suono ormai familiare.
Lo avevo sentito anch'io, come sentivo adesso l'odore inconfondibile di un altro essere umano che si avvicinava.
"Vieni, usciamo." Mi aveva sussurrato il mio compagno, tirandomi come sempre per un polso dietro ai suoi passi.
Qualche rampa di scale dopo eravamo spuntati sul tetto, tra le vetrate, che davano sugli enormi soffitti del palazzo, e i fari agli angoli più remoti, che respingevano, decisi e splendenti, le ombre più fitte.
Carter si era seduto cavalcioni sul parapetto, in un gesto che, persino per un non-morto, pareva imprudente.
Sapevo di non poter evitare questa conversazione, così come lo sapeva anche lui, eppure, aveva aspettato che fossi io a rompere il silenzio.
"Carter." Lo avevo chiamato, facendolo leggermente sussultare, come se lo avessi risvegliato di colpo da un sonno profondo.
"Sì." Aveva risposto, in un tono così basso che per poco, nonostante le mie capacità sovrannaturali, non lo avevo udito. "Dobbiamo parlare." Mi aveva preceduto, cogliendomi in parte alla sprovvista.
"Già." Avevo concordato, cercando di fare ordine con chiarezza nella mia mente.
C'erano così tante cose che mi doveva spiegare... tante cose che si ostinava a non dirmi: questo era sbagliato, era MOLTO sbagliato, un errore terribile, vista la situazione in cui ci trovavamo, e volevo che lui lo capisse.
"Non me lo aspettavo." Aveva sorprendentemente esordito lui, lasciandomi basito.
"C... Come? Cosa?" Avevo balbettato involontariamente, non afferrando a che cosa si riferisse.
"Non abbiamo ancora parlato dell'altra notte. E lo so che mi stai evitando." Aveva fatto un sorrisetto, voltando la sua testa dai capelli ribelli nella mia direzione.
"Che diavolo stai...? Io non ti sto evitando!" Ero scattato sulla difensiva, mostrando subito la mia coda di paglia. Era vero, e non aveva certo avuto bisogno di leggermi nel pensiero per capirlo.
"Abbiamo orari diversi. Tu ti svegli prima di me." Avevo borbottato, sentendomi avvampare. Come scusa era piuttosto debole, me ne rendevo conto da solo.
Difatti, Carter mi aveva riso in faccia.
"Sei un bugiardo PESSIMO, ma non c'è bisogno che te lo dica." Aveva ghignato, facendomi innervosire.
"Se davvero ti stessi evitando, non sarei qui adesso, no?" Avevo ribattuto, stringendo i miei occhi, minaccioso.
"Ah, ma è perché sei anche un curiosone, non è vero? Hai qualcosa da chiedermi, altrimenti non saresti mai venuto." Aveva osservato molto intelligentemente il vampiro, indicandomi con il suo indice puntuto.
"Io..." ero arrossito ancora più violentemente, questa volta, oltre che di vergogna, di rabbia.
"Facciamo così: uno scambio equo, va bene? Io ti racconterò del mio passato, ma tu dovrai parlare con me dell'altra notte."
Lo avevo guardato, incredulo: non era possibile! Quello non era Carter! Per mesi mi aveva nascosto chi era, o meglio ,chi era stato, e adesso...
"Come hai detto tu, le circostanze non ci permettono di tergiversare. Quindi ti dirò quello che ti serve sapere... ma alle mie condizioni." Aveva continuato, levando un dito in aria.
"Ah!" Avevo esclamato, abbassando le palpebre. "ADESSO ti riconosco..."
"Reiko, non scherzare. Io ti dirò chi ero ma tu non dovrai farmi domande. Capito?" Mi aveva trapassato con le sue pupille scure, serio come raramente lo avevo visto.
"No! Non mi sembra molto..." avevo protestato, ma lui mi aveva ovviamente interrotto subito.
"Reiko! Io non faccio mai domande sul tuo passato, quindi non tirare troppo la..."
"Cosa? La corda? Ti prego! Mi hai spiato per mesi quando ero ancora... insomma, sai vita, morte e miracoli di me!" Avevo sentito le tempie pulsarmi per la collera, quindi avevo preso un lungo respiro e guardato con apprensione la porta alle nostre spalle, sperando che i guardiani non mi avessero sentito. "Carter, questo non è giusto! Tu sai tutti i miei segreti, te li sei presi (e te li prendi tuttora) con la forza, mentre io sono sempre all'oscuro, non so nemmeno chi sei! Non posso fidarmi di te, se tu mi nascondi tutto." Avevo detto tutto d'un fiato sorprendendo perfino me stesso.
Avevo bisogno di fidarmi di Carter, del vampiro che avevo sempre odiato e che mi aveva reso il mostro che ero adesso. Era un essere sovrannaturale, una contraddizione della natura ambulante, eppure, non avevo altri che lui.
"Merda." Avevo imprecato sottovoce, facendomi schifo. Come avevo potuto ridurmi così? Che cosa avrebbe detto Noel se mi avesse visto adesso?
Carter, nel frattempo, era rimasto fermo a osservarmi con il suo sguardo penetrante. Sembrava diverso dal solito, pareva quasi... turbato.
"Ero un drogato." Aveva mormorato infine, parlando in modo così sommesso da farmi quasi credere di aver sentito male.
"Cosa?" Avevo chiesto, non credendo alle mie orecchie.
Carter aveva fatto un lieve sorrisino di scherno, più nei suoi confronti che nei miei, guardando di lato, evitando per una volta di incrociare i miei occhi.
"Hai capito bene. Cosa credevi che fossi, una rock star o qualcosa del genere? No..." aveva sorriso di nuovo, ma questa volta la tristezza che era trasparita dal suo volto mi aveva quasi spaventato.
"Ero un drogato. Vivevo in un appartamento con altre due persone, un ragazzo, Joseph, e una donna, Shylah."
Aveva fatto una brusca pausa, come se potesse ancora vederseli di fronte, quindi aveva ripreso, a voce roca :
"Eravamo tutti dei relitti. Shylah era vedova, suo marito era morto a quarantacinque anni. Aveva venduto il suo negozio e la macchina, spendendo tutto in alcool. La mattina si alzava dal letto e la prima cosa che faceva era attaccarsi alla bottiglia. Una volta io e Joseph l'abbiamo trovata svenuta per le scale, e abbiamo dovuto trascinarla di peso per tre piani, per evitare che i vicini chiamassero la polizia. Io e Joseph ci bucavamo. Per tirare su i soldi per la droga, lavoravamo a turni nel negozio di piercing di fronte a casa. Non uscivamo quasi mai, andavamo a lavorare, usavamo i soldi per la droga, ci bucavamo. A volte non mangiavamo per giorni, o neppure dormivamo. Non ci lavavamo, niente. Pensavamo solo al prossimo buco.
Joseph è stato il primo. Si è reso conto che i soldi, dopo un po', non bastavano più. Ci eravamo assuefatti... così andava nei club a rimorchiare gente. Donne, uomini, chiunque potesse dargli dei quattrini, non aveva importanza. Se li rimorchiava sul retro e se li faceva lì, in questo modo arrotondava e potevamo comprarci più roba.
Un giorno però è tornato a casa. Era fatto. Ha detto che se volevo continuare a bucarmi, avrei dovuto arrangiarmi da solo, perché lui non avrebbe più tirato su i soldi anche per me. Ero un peso, e lui era così assuefatto che quello che racimolava era sufficiente appena per la sua dose.
Così ci ho provato, ma ormai ero così... distrutto da non riuscire nemmeno a lavorare, o a mangiare. Vomitavo continuamente, non mi reggevo in piedi, avevo le braccia tumefatte." Aveva sollevato la manica della maglia che portava, e, pur se non ben visibili all'occhio di un essere umano quanto lo erano per me, perfino alla luce della luna, avevo visto ben chiare le cicatrici nell'incavo del gomito e lungo l'avambraccio.
"Non ce la facevo. Non potevo smettere, ma non sapevo più come trovare i soldi. Rubavo le siringhe dalle farmacie, o le raccoglievo addirittura usate. Ma il vero problema era pagare la droga. Avevo preso i soldi anche a Shylah, certe volte, ma nemmeno lei era tanto ricca. L'appartamento in cui vivevamo era affittato a suo nome, lei pagava la rata e tanto doveva bastarci, ci diceva. Perciò, una notte, mi sono ritrovato senza droga, ero in astinenza dal mattino, tremavo dalla testa ai piedi. Sono andato da Joseph: era completamente sballato, ma quando gli ho chiesto dove sarei dovuto andare, lui ha saputo dirmelo. Così mi sono diretto nel club dove lui rimorchiava i suoi clienti, ed è stato lì che l'ho incontrato."
"Un vampiro?" Avevo domandato, scordando di mordermi la lingua, ma Carter pareva essere troppo perso nei suoi ricordi per rimproverarmelo.
"Sì, IL vampiro. Ha capito subito che tipo ero, deve avermelo letto in faccia." Aveva abbozzato un sorrisetto un po' storto, grattandosi il mento.
"Allora era un... uomo?" La frase mi era sfuggita ancora prima che pensassi di fermarla, ma mi aveva comunque colpito per la sua ingenuità.
Carter mi aveva guardato sornione, riprendendo in parte l'espressione a cui ero più abituato.
"Avevi dato per scontato che fosse una sventolona, non è vero?" Aveva ridacchiato. "Tranquillo, non posso certo darti torto... ma ricordati che è stato LUI a trovare me... e comunque, per me il sesso non ha mai fatto differenza." Aveva ammiccato, studiando la mia reazione.
Nonostante tutto, non ero nemmeno tanto sorpreso: avevo già notato la bisessualità per nulla latente di Carter, tuttavia mi irritava il modo in cui stava cercando di sbattermela in faccia.
"Già mi immagino" avevo risposto secco, ignorando la sua provocazione.
'Pervertito' avevo comunque pensato, sperando proprio che lui lo leggesse.
"Ad ogni modo" aveva incassato il Nightcreeper, senza darlo a vedere. "Lui mi ha parlato, e quello che mi ha detto mi ha reso ciò che sono adesso."
"Cioè?" Avevo commentato sospettoso: Carter non mi sembrava una persona facilmente influenzabile... era anche vero che quella che avevo sentito finora, però, sembrava la storia di qualcun altro. Era incredibile pensare che si fosse ridotto a tal punto, aveva una mente incredibilmente brillante e senza dubbio era molto intelligente e acculturato. Non riuscivo a capire.
"Mi ha dato un motivo per smettere. No, non sto parlando del sesso, non fare quella faccia!" Aveva sghignazzato, facendomi veramente incavolare.
Si divertiva a trattarmi come una ragazzina tredicenne! Non lo sopportavo.
"E nemmeno del sangue." Aveva aggiunto, con un'aria molto strana sul viso.
"E di cosa, allora?" Lo avevo incalzato, incuriosito.
Che cosa mai aveva potuto cambiare così radicalmente la sua persona? Esistevano davvero delle parole in grado di farlo?
"Lui mi ha offerto la possibilità di ricominciare. Di avere una nuova vita." Aveva spiegato, con un improvviso scintillio nelle sue iridi cupe.
"Io... non cap..." avevo scosso la testa, ma lui mi aveva fermato alzando una mano bianca.
"Non chiedermi di più, ti prego, ma la verità è che io ero già morto molto tempo prima che lui mi trovasse. Molto prima di iniziare a bucarmi." Aveva mormorato, fissandomi di nuovo con quella terribile tristezza sul volto, che mi atterriva in un modo inesprimibile a parole.
Poi, avevo capito. O meglio, avevo INTUITO, grazie alla mia empatia, senza dubbio, che c'era in lui qualcosa di rotto, qualcosa che risaliva a molti anni addietro, al periodo della sua infanzia. Qualcuno gli aveva fatto qualcosa di terribile, che lo aveva segnato e cambiato per sempre, una ferita che non si sarebbe mai richiusa e che lo avrebbe perseguitato finchè fosse stato vivo.
Non ci credevo. Era allucinante, e non poteva essere vero. Ma lo era. Lo era, e io non avrei mai potuto comprenderne il vero significato.
"Quel Carter non esiste più adesso." Aveva annuito, raddrizzando leggermente le spalle, tirando su con il naso."E' morto, permettendo a questo" e qui si era indicato con un cenno "... di vivere la sua vita. Di ricominciare."
"Oh, Dio, Carter, che cosa ti hanno fatto?" Avevo esalato con voce rotta, andando a sedermi accanto a lui.
"Non l'ho mai detto a nessuno, e non lo farò mai." Mi aveva risposto, scuotendo negativamente la testa, i suoi pozzi neri fissi nei miei.
Non ne aveva comunque bisogno: vedevo le stanze buie, i campi di granoturco, dove era cresciuto, e l'uomo nero, con le scarpe rotte e sporche di terra, che lo trascinava di peso, che chiudeva dietro di lui la porta del granaio.
'Non guardare.' Era risuonata di colpo la voce di Carter nella mia mente, facendo sfocare e svanire le immagini.
Era la prima volta che la mia empatia funzionava tanto potentemente, tuttavia, ero felice che mi avesse fermato. Non volevo stare a guardare.
"E'... E' terribile" avevo mormorato, vedendo di nuovo tutto appannato, ma sapendo che questa volta la colpa era solo dei miei occhi.
"Sì. Ma quel bambino è morto, adesso. Ora è in pace." Aveva sussurrato Carter al mio fianco, eppure, nonostante la sua espressione pacifica, ero convinto che non fosse vero. Quel bambino c'era ancora, era ancora da qualche parte, nel corpo non-morto di Carter, nella sua mente riportata innaturalmente alla vita.
Le ferite c'erano ancora, solo che lui le ignorava.
"Chi è stato?" Gli avevo chiesto, facendolo suonare come un ordine, più che una domanda.
Il vampiro mi aveva fissato allarmato per una manciata di secondi, prima di rendersi conto che non mi stavo riferendo all'uomo dalle scarpe (e dall'anima) sporche.
"Chi ti ha fatto, Carter?"
Non ne sapevo spiegare il motivo, ma credevo che quella domanda celasse un'importante risposta.
Forse però era solo perché lui si ostinava a non dirmelo.
"Perché mi hai baciato l'altra notte?"
La risposta che mi aspettavo era così diversa che mi aveva lasciato letteralmente a bocca aperta.
"COSA...? Carter! Non..."
"Fallo di nuovo." Aveva alzato il mento, ma il suo non era un invito, era una sfida.
"Rispondi alla mia domanda." Avevo ribattuto, iniziando a scaldarmi. Lo stava facendo apposta, e la cosa mi faceva veramente incazzare.
"Baciami."
"NON CAMBIARE ARGOMENTO!" Ero esploso, fregandomene ampiamente del mio tono di voce. "Che razza di stronzo, ma che cosa credi di fare? L'altra notte... non è stato niente! Ero arrapato e anche molto confuso, chiaro? Porca miseria, Carter, avevo tra le braccia una ragazza incredibile, ma avevo una paura del demonio di staccarle la testa dal collo con un morso! E poi arrivi tu e mi annunci che siamo, cosa, dei cadaveri ambulanti, ma possiamo scopare tutto quello che ci pare, senza paura di ferire o trasformare nessuno! Ma dannaz..."
"A me non è sembrato 'niente', e comunque, non ti sei limitato solo a darmi il bacio della buonanotte, non è vero?" Aveva insinuato, alzandosi in piedi di scatto, parandomisi di fronte.
"Oh, certo! Non vuoi rispondere alla mia domanda e così parti in quinta con le cretinate! Ma che maturità!" Avevo riso senza allegria, dandogli le spalle per andarmene prima di prenderlo a botte, ma lui mi aveva trattenuto.
"MATURITA'?!" Aveva urlato, mandando al diavolo i toni bassi anche lui "Parliamo un po' di te! Anche tu stai evitando l'argomento!"
"Che argomento?! Non c'è nessun argomento, è tutto nella tua testa!" Avevo negato, non credendo alle mie orecchie. "Lo sai? Sei proprio un idiota! Non vuoi rispondere e quindi ti metti a fare basse insinuazioni come al solito! Perché non vuoi dirmelo? Chi è? E' morto? L'hai ucciso tu, è per questo che vuoi nasconderlo?"
"Sei TU l'idiota, Reiko! Avevamo fatto un patto, io ti avrei raccontato del mio passato e tu non avresti fatto domande. PUNTO: Non ti riguarda chi mi ha fatto, sono affari miei!" Si era inalberato il moro, e a quel punto, sapevo che era la fine, ma questa volta non mi sarei certo arreso.
"INVECE SI! Ma non capisci? Potrebbe r..."
"OH, ti prego! Anche se te lo dicessi, non cambierebbe le cose tra noi! E..."
"BUGIARDO! Stai mentendo, ma che cavolo... mi prendi per uno stupido?! Perché menti? Perché SAI che in realtà le cose cambierebbero non è vero? Guardami." Lo avevo preso per le spalle, ma lui aveva voltato la testa da un'altra parte.
"No."
"Ho detto GUARDAMI, cazzo!" Lo avevo scrollato, ma a quel punto Carter mi si era abbarbicato addosso, le mani serrate a morsa sulla mia gola. Mi aveva atterrato nel giro di un nanosecondo.
"Dannazione!" Avevo inveito debolmente dal terreno: avevo perso il mio vantaggio.
Il vampiro dalla chioma corvina era rimasto un attimo a guardarmi, ansante, poi si era chinato su di me, sfoderando i canini.
Per un attimo ero caduto nel panico, poi avevo sentito le sue zanne sfiorarmi la gola e la mia prima reazione, anziché cercare di buttarlo in terra, era stata quella di fargli spazio.
Carter aveva riso maligno nel mio orecchio, davvero una risata terribile, repellente, poi aveva cantilenato, vittorioso :
"Chi è il bugiardo, adesso?" Mi aveva soffiato sulla faccia, leccandomi malizioso come una vipera la bocca.
"Vattene al diavolo!" Avevo ruggito, stringendogli i polsi tra le dita fino a farli scricchiolare. Era il mio ultimo avvertimento, non ne avrebbe avuti altri.
"Ammettilo. Lo sai che lo vuoi." Aveva sorriso, muovendo i suoi fianchi come una serpe sui miei.
Non ci avevo visto più, lo avevo afferrato come potevo e scaraventato di schiena al suolo, facendolo finire dritto sul bordo di una delle vetrate con un sonoro CRACK.
Se fosse stato un umano, lo avrei di certo ucciso.
"Tieni quella lingua forcuta tra i denti mi hai capito?" Gli avevo sibilato a due centimetri dal naso. "Sei solo un fottuto pervertito, ma dovrai continuare il tuo gioco malato da solo, perché io non sono come TE."
Mi ero alzato, massaggiandomi il collo: il bastardo mi aveva conficcato le unghie nella trachea, ancora provata dal mio ultimo incidente; avrei dovuto nutrirmi nuovamente per accelerare la guarigione, che il diavolo se lo portasse!
Gli avevo dato definitivamente le spalle per andarmene, prima di rischiare di gettarlo dal tetto, quando la risata raccapricciante era suonata ancora, più alta di prima.
Mi ero voltato con la pelle d'oca, e mi ero ulteriormente raggelato quando mi ero trovato davanti Carter, che si strofinava la schiena dolorante.
Ero sicuro di avergliela rotta, ma era lì in piedi, accanto a me, vero quanto il pavimento sotto ai miei piedi.
"Menti quanto ti pare, Reiko." Mi aveva sussurrato con un'espressione agghiacciante che gli distorceva la faccia, facendolo sembrare più sovrannaturale che mai. "Continua a fare il 'verginello', ma io ti ho letto la mente. Lo SO come sei veramente, QUI DENTRO." Aveva indicato la mia fronte, restando a osservarmi con onniscienza, facendomi gelare il sangue nelle vene.
Dopo qualche momento, la paura, o meglio, il terrore, avevano avuto la meglio, facendomi voltare i tacchi e correre via da quel luogo, nei meandri del museo, giù, sempre più in basso, lontano dal tetto e lontano dal viso terrificante di Carter.

NIGHTCREEPERS-i camminatori del buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora