Capitolo 27- Opera perfetta

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Erano passati mesi da che avevo lasciato Carter, l'aria era umida ed appiccicosa come una ragnatela sulla mia pelle gelida.
Il mio stato di non-morte non cambiava le sensazioni: era tutto uguale, come se potessi ancora sentirlo, l'odore, il colore dell'estate, intorno a me.
La sera era limpida e pacifica, ma le mie emozioni non lo erano.
Le Nazioni che avevo attraversato, nella mia ricerca, nella mia fuga, erano state così innumerevoli, che mi pareva di non aver mai avuto un'altra vita, e mi sentivo solo, terribilmente solo, e angosciato.
Le tracce dell'omicida di Noel erano praticamente invisibili, incomprensibili, e da solo non potevo farcela, tuttavia non potevo fare altro, perché di Carter non avevo più notizie.
Era svanito, scomparso, poteva forse addirittura essere morto, per quanto ne sapevo.
Nel tempo, la mia empatia si era ampliata, espansa, rendendomi capace di avvertire sensazioni lontane anche chilometri da me, eppure di Carter nessuna traccia.
Era come uno strano senso d'oblio; prima di conoscerlo, non avrei mai pensato di poter provare la solitudine, forse il contrario, eppure, ora, tutto era tenebre e silenzio.
Carter mi aveva precluso il nostro contatto, mi aveva sbattuto una porta in faccia: capivo che lo facesse per proteggermi, ma in fin dei conti non ero un bambino, né ingenuo come lui credeva, nonostante gli sbagli terribili che avevo commesso.
Sapevo che era un errore cercare di contattarlo, ma un terribile istinto mi dominava e costringeva a farlo più volte.
Era strano, come una sorta di allarme, di spaventosa intuizione, che mi rendeva paranoico e irrequieto, incapace di controllare ogni mio gesto.
Forse ero davvero infantile, forse avrei dovuto evitarlo, ma temevo che Carter mi stesse nascondendo di nuovo qualcosa di strano, e poi, se fosse stato in pericolo?
Che cosa mai avrei potuto fare, se non lo avessi avvertito?
E se Trevor e Jesse lo avessero ucciso?
No, non doveva succedere.
Così avevo trascorso le ultime notti, vagando in uno stato di trance di meta in meta, ignorando quasi il sangue che mi scorreva camminando sotto gli occhi.
Le poche tracce esistenti di una sorta di pista mi avevano condotto lì, in quel posto caldo, prima di lasciarmi nuovamente a brancolare nel buio.
I pochi servi dei vampiri che avevo incontrato avevano come parlato di un mito, di un mostro leggendario, e se fossi riuscito a trovarlo, lui avrebbe saputo dirmi cosa fare, dove andare.
La prima volta che avevo udito quel nome, per poco non ero esploso in risa: possibile che esistesse per davvero, che non fosse solo una storia, frutto di una immaginazione sfrenata collettiva?
Eppure...
Seguendo scettico le indicazioni che mi erano state date, avevo attraversato una tetra, angusta viuzza, ed ero infine giunto di fronte ad un enorme portone, naturalmente sprangato, sogghignante in un rictus di beffeggio.
Ma quando avevo teso la mano sulle decorazioni del battente, quello si era spostato con uno strano cigolio, attutito, aprendosi di fronte al mio viso stupefatto un oscuro spiraglio.
Interdetto, avevo mosso un lieve passo, temendo una trappola, ma quando l'uscio era rimasto immobile, alle mie spalle, avevo preso coraggio.
"Entra pure." Era echeggiata una voce dai corridoi bui.
"E, ti prego, chiudi la porta."
Sollevato dal fatto di non aver riconosciuto in quella voce l'orrendo tono di Trevor o di Jesse, avevo fatto quanto mi era stato richiesto, piombando nelle tenebre.
La mia vista innaturale mi aveva comunque permesso di notare il varco di luce sotto ad una porta, così, quando l'eco spettrale era tornato a farsi sentire ("Vieni avanti") avevo saputo dove dirigermi.
Passato un lungo corridoio dalle mura angoscianti, ornato da bassorilievi e nicchie con statue dalle forme incredibilmente perfette, ero giunto all' uscio chiuso, da cui filtrava quello che in apparenza sembrava il cono tremolante di una vecchia lampada ad olio.
"Benvenuto." Aveva invitato un'ultima volta la voce, facendomi mettere automaticamente la mano sulla maniglia antica d'ottone, sospingendo la porta verso l'interno della camera.
Quello che aveva incontrato il mio sguardo era stato a dir poco sorprendente ed al tempo stesso terrificante: alambicchi e provette antiche e moderne giacevano su diversi tavoli disposti nel centro della stanza, una sorta di fornace era incassata nel lato est, mentre una bassa vasca, in apparenza di mattoni, pareva far parte integrante del pavimento del lato ovest.
Quest'ultima risultava piena di uno strano liquido bianco marmoreo dall' aspetto calcareo.
Sul lato nord, troneggiava una scrivania enorme, dietro la quale stava seduto il Mostro Centenario.
Non un vampiro, oh no, niente affatto, eppure dai suoi occhi traspariva indubbiamente l'Immortalità, tanto simile alla mia anche se in modo diverso, insieme a qualcosa di molto, molto più sinistro e demoniaco.
Alle sue spalle, campeggiava uno dei suoi capolavori, perfezionato nel corso dei secoli, mantenuto perfettamente intatto in tutte le sue componenti.
Un'opera geniale e raccapricciante, perfetta in ogni sua curva e spigolo, così perfetta che nessun essere umano vivente, per quanto capace, avrebbe mai potuto eseguirla.
"Ti piace?" Mi aveva domandato lui, sorridendo leggermente.
"E' perfetta." Avevo risposto, senza smettere di fissarla.
"Troppo perfetta."
"Nulla, in quanto creato dall' uomo, è mai troppo perfetto." Aveva commentato divertito, portandosi un dito alle labbra.
"Ma tu" aveva continuato "sei un'opera vivente!"
"Così come molti altri miei simili." Avevo ribattuto, non stando al gioco.
Conoscevo bene le storie, le leggende, dietro a quella finta perfezione.
"Eppure proprio tu dovresti capire. Non sei forse un artista?" Aveva richiamato la mia attenzione, un furbo sorrisetto d'onniscienza stampato sul volto.
"Come fa a saperlo?" Mi era sfuggito, prima che potessi controllarmi.
Una domanda del tutto stupida ed inutile, che non mi avrebbe di certo innalzato ai suoi occhi.
Lui si era limitato a ridere leggermente, senza alcuno scherno.
"Dal tuo sguardo. La cosa su cui ti sei soffermato più a lungo, è stata Lei." aveva indicato la scultura alle sue spalle.
"Se fossi stato uno scienziato, non l'avresti degnata di tali attenzioni. E poi, conosco bene quell' espressione."
"Quale espressione?"
Mi aveva incuriosito, e la sua intelligenza era evidentemente superiore alla norma.
Avrei dovuto fare molta attenzione.
"Di ammirazione. Quella che solo un artista può avere innanzi ad un'opera perfetta." Aveva fatto una pausa, appoggiandosi alla spalliera dell'ampio sedile antico, compiaciuto.
"Ed anche di terrore cieco." Aveva aggiunto, corrugando la fronte in maniera appena visibile.
Avrei potuto ribattere, ma probabilmente le parole che avrei pronunciato erano già state ripetute infinite volte, in precedenza.
Così, avevo solo detto:
"Credevo che lei fosse morto."
"Quante formalità! Non è questo, forse, un nuovo millennio? Un'era moderna? Lasciamo da parte certe sciocchezze e formalismi. Ma avvicinati, lascia che ti ammiri."
Avevo obbedito, non sapendo che altro fare, portandomi di fronte a lui.
La statua magnifica alle sue spalle, vista da vicino, era ancora più stupefacente.
E terrificante.
"Sì." Aveva intanto mormorato l'Alchimista.
"Sì... assolutamente incredibile! Così simile all' Uomo, eppure così diverso, così..."
"RACCAPRICCIANTE?" Avevo suggerito.
Lui aveva riso di gusto.
"Oh, veramente io avrei detto... EVOLUTO. Il tuo corpo è senza dubbio composto di carne, ma la sostanza che lo muove... quella è tutt' altra cosa."
"Questa è carne MORTA!" Lo avevo interrotto.
"E quello che la anima è un qualcosa di demoniaco! Non sono un'evoluzione del genere umano, se è questo che intendeva... intendevi dire. Semmai, solo una sua mutazione. Un ramo alterato. Un errore."
"Vuoi davvero discutere di... come la chiamano oggi? Genetica?" Aveva riso l'immortale.
"No, non parliamo di certi argomenti."
"Allora rispondi alla mia domanda: credevo che fossi morto... da molto tempo, anche." Avevo incrociato le braccia sul petto, incerto. Era già riuscito a destabilizzarmi.
"Come te, molti altri." Aveva ribattuto, citando la mia stessa frase di prima, alzando elegantemente le spalle.
Aveva scostato la sedia, levandosi in piedi e dandomi la schiena per osservare la sua Opera.
"Allora quella storia della cassa..." avevo cominciato, ma lui mi aveva interrotto, sbottando lievemente.
"Le leggende... le menzogne... la rovina dell'umanità!" Si era limitato a dire, corrugando gravemente la fronte, la mano posata sull' avambraccio della scultura.
"O forse no?" Aveva aggiunto sottovoce, pensoso.
"Dimmelo tu." Gli avevo intimato, leggendo chiaramente il suo cuore.
Vedevo bene, attraverso le sue iridi, i suoi ricordi: l'oscurità, l'interno del cassone, ed i visi atterriti di coloro che avevano osato forzarlo ed aprirlo, prima del tempo.
Vedevo il suo corpo distrutto, ed il sangue... quel forte, metallico, odore... magnifico, sublime...
"I tuoi occhi." Mi aveva sussurrato, riportandomi alla realtà.
"Sì." Avevo annuito, sfregandomi le palpebre con i polpastrelli.
Erano cambiati, lo sapevo.
"Affascinante! Sei un essere molto strano, Reiko. Sì, so molte cose su di te, sebbene i vampiri tendano ad evitarmi." Aveva fatto un altro sorrisetto, colmo di una sorta di perverso godimento.
'Non mi sorprende' avevo pensato, distogliendo lo sguardo.
Dovevano temerlo persino loro.
"Davvero bizzarro: un cacciatore che diventa la sua preda, e che, nonostante tutto, continua a cacciare..."
"Voglio solo trovare chi ha ucciso mio fratello!" Mi ero come giustificato, scattando sulla difensiva, voltando le spalle a quella dannatissima statua.
Quel viso, quelle gote... quei dannatissimi occhi vuoti...
"Perché?" Mi aveva freddato, lasciandomi di stucco.
"Perché? PER..." avevo alzato la voce, incredulo.
"Che cosa accadrà quando lo avrai trovato? Una volta che sarà tutto finito, che cosa farai dopo?" Mi aveva domandato, trapassandomi da parte a parte con quei suoi occhi scuri.
"Non... non lo so." Avevo mentito.
In realtà, lo sapevo già da molto tempo.
"Bugiardo! Tu disprezzi il tuo dono. Hai la vita eterna davanti! Il sogno di ogni uomo!" Mi aveva gridato, piantandosi di fronte al mio viso.
"MA A CHE PREZZO?" Avevo ribattuto, urlando a mia volta, sguainando i miei denti, innaturalmente lunghi.
"Prezzo! Prezzo!" Aveva scosso la testa ridendo, facendomi accapponare la pelle.
"Tu ragioni come tutti gli altri! La paura delle conseguenze vi limita, siete ciechi e sordi, non siete in grado di vedere!"
Mi aveva afferrato il mento, girandolo verso la meravigliosa scultura, che giaceva come un testimone silenzioso nella sua nicchia.
"La perfezione, la vita eterna, il fine ultimo... vanno perseguiti a prescindere dallo scotto!"
"Cosa...?" avevo biascicato, tentando di liberarmi dalla sua presa, ma quando i miei occhi avevano incrociato quelli della scultura, ero rimasto di pietra.
"O mio..." avevo boccheggiato, indietreggiando con tutte le mie forze, finendo con lo sbattere i polpacci contro ai cassetti dello scrittoio.
Non era una statua!
O meglio, non lo era stata per nulla, e sebbene avessi in fin dei conti considerato le leggende a riguardo completamente ridicole, ora avevo la conferma del loro fondamento.
"Riesci a vederla?" Mi aveva domandato, una luce di pura follia negli occhi acuti, mentre mi aveva conficcato le unghie nella carne con una forza tale da riuscire a scalfirne la superficie sovrannaturale.
Finalmente avevo compreso: il suo tocco e la sua vicinanza dovevano aver provocato un risveglio involontario della mia empatia, ed io ora stavo guardando la "statua" per quello che realmente era, attraverso i suoi occhi.
"Questo è... completamente..." avevo sussurrato, come atterrito dal fatto che un tono alto di voce avrebbe potuto risvegliare quella... cosa.
"Impossibile? Folle? Oppure incredibile, meraviglioso?" Aveva continuato lui, guardandomi fisso, senza perdersi un solo istante della mia reazione.
"Lasciami, Non voglio più vedere! LASCIAMI!" Lo avevo respinto, controllando a stento l'impulso di schiantarlo il più lontano possibile da me.
"Come vuoi." Aveva ribattuto quello, deluso, liberando il mio mento dolorante e allontanandosi di qualche passo.
"Questo è del tutto... allucinante e malato!" Avevo scosso la testa, massaggiandomi inconsciamente la parte lesa. Adesso la cosa era tornata ad essere una semplice statua, innocua e bellissima, eppure, ora che sapevo cosa nascondeva sotto la superficie, pareva emanare un alone terribilmente maligno.
Dall' ampia vasca alle mie spalle era risuonato, nel frattempo, un gorgoglio improvviso.
Con la coda dell'occhio, avevo lanciato un'occhiata allarmata nella direzione del rumore, rabbrividendo internamente.
"D'accordo, basta con i convenevoli." Ero scoppiato, cercando di nascondere la mia profonda inquietudine e di non fissare la mostruosità marmorizzata che mi trovavo di fronte.
L'Alchimista Immortale aveva abbassato le palpebre, studiandomi con un'espressione assorta e sospettosamente clinica, espressione che le sue vittime dovevano aver ben conosciuto.
"Bene." Aveva detto infine, tornando ad accomodarsi sul suo scranno, sistemandosi con precisione meticolosa le maniche della camicia gualcita, ma di moderna fattura, attorno ai polsi scarni.
"Ti dirò quanto vuoi sapere. In fin dei conti, è per questo che sei venuto, ed è la sola cosa che ti interessi, non è così?"
"Si." Avevo annuito, dopo un attimo di esitazione.
Non sapevo esattamente come pormi con questo strano, incredibile, assurdo personaggio, dai modi così eleganti, evidentemente raffinati, ma dall'animo nero, pericoloso.
"Ordunque." Aveva interloquito, facendomi sorridere quasi di riflesso all' uso di una parola ormai caduta in disuso.
"Io conosco l'omicida di tuo fratello."
Alla rivelazione, per poco non lo avevo afferrato di slancio per il bavero del vestito.
"No, perdonami, mi sono espresso male: lo conosco di fama, più che altro. E' piuttosto noto, qui, in Europa."
"Come?" Avevo domandato, sentendomi di colpo girare la testa.
L'assassino di Noel.
Finalmente!
"Le sue origini sono piuttosto oscure in realtà, ma secondo la storia più comune, sarebbe stato creato da un Vampiro molto potente ed anziano. No, non sto certo parlando di lui." Aveva riso, leggendo chiaramente il mio assurdo pensiero sul volto.
"Quello è soltanto frutto di un romanzo gotico. Credimi." Aveva soppresso un sorrisetto.
"Sto parlando di un personaggio molto, molto più antico, Reiko. Io, al suo confronto, potrei considerarmi un neonato!"
'Dannazione!' Avevo pensato.
"Ad ogni modo, non è di lui che ti devi preoccupare. E' morto."
"COSA?!" Avevo esclamato, colto di sorpresa.
"Ma come...?! Non l'avrà..."
"Ucciso lui? Non è chiaro. Personalmente, non ne sono del tutto certo: tu sai quanto è grave un simile reato." Mi aveva guardato intensamente.
"Sì..." avevo annuito, chiudendo gli occhi, sentendo risvegliarsi il senso di colpa nei confronti di Carter.
Se Trevor o gli altri vampiri lo avessero scovato...
"Ad ogni modo, se la leggenda è vera, ed alcune, in fin dei conti, lo sono." Aveva sorriso, suo malgrado.
"Non posso che provare ammirazione per la sua incredibile astuzia. Nonostante la sua oscura fama, il suo passato è alquanto... come dire... nebuloso. E' stato molto attento a coprire le sue tracce."
'Per forza, altrimenti gli altri ne avrebbero già fatto ceneri e polvere.' Avevo riflettuto, chiedendomi come fosse riuscito a nascondere tanti delitti e la sua identità così a lungo.
Sembrava che la mia vita, tutto il mio passato fossero sulla bocca di ogni non-morto, mentre questo vampiro era un enigma.
Di nuovo un vicolo cieco: non ero mai stato tanto vicino alla meta della mia impresa, ma neppure così lontano.
"Dunque sto cercando un Vampiro dai poteri fenomenali?" Avevo ragionato ad alta voce, avvertendo un forte nodo formarsi nel centro della gola.
L'Alchimista aveva tentennato il capo, incerto.
"Forse. O forse no. Chi può dirlo? L'origine dei vostri poteri, quando presenti, è tanto oscura, imprevedibile..."
Avevo annuito, cercando di non pensare a come fosse venuto a conoscenza di tante informazioni sui Nightcreepers, anche se immagini spaventose mi riempivano in merito la testa.
"Fantastico." Avevo commentato, sentendo la carica di adrenalina scemarmi nelle vene.
Ero ancora al punto di partenza.
"Allora, che cosa dovrei fare? Andare in giro per il mondo alla ricerca di una Chimera?"
"No. Reiko, tu offendi la tua stessa intelligenza. Lui ha ucciso tuo fratello, ed è impossibilitato a tornare in Europa. Ha rischiato troppe volte, qui, e sono troppe le persone che lo stanno cercando."
"Stai cercando di dirmi che si trova sicuramente in America? Questo restringe il campo, ma non di molto..."
"Di nuovo, ti sottovaluti. Oggigiorno, non è tanto semplice cambiare identità." Aveva affermato, serrando le nocche della mano sinistra sul bracciolo d'osso del sedile.
"Sono quasi certo che sia ancora sotto un sicuro anonimato."
"Al fianco di tutti gli altri?!" Lo avevo interrotto, per nulla convinto.
"Certamente. Come ti ho già spiegato, cambiare identità sarebbe per lui controproducente. Molte persone l'hanno sicuramente visto in volto, e, con i mezzi di oggi, anche un Immortale sarebbe facilmente reperibile. Il mondo..." aveva sospirato "...compie grandi progressi, fa passi da gigante. E mantenere un segreto diventa sempre più arduo."
"Lei dice?" Avevo mormorato, riprendendo inconsciamente il tono formale ed azzardando una rapida occhiata all' orrore magnifico alle sue spalle.
L'Alchimista aveva sorriso, scrollando quasi timidamente le spalle.
"Allora è ancora là, quel figlio di puttana... mi scusi." Ero arrossito, sentendomi in vergognoso imbarazzo una volta di più per la mia stupidità.
"La cosa che tendete tutti a dimenticare" aveva ribattuto in modo enigmatico lui "è che le imprecazioni sono sempre esistite."
Aveva piantato i suoi occhi eterni nei miei, facendomi ridere, nonostante la terribile atmosfera, e la sua terribile, terribile, pericolosità, malattia.
"Tuo fratello era solo un'altra vittima. E il fatto che tu gli abbia dato fino ad ora la caccia, non credo che lo abbia realmente disturbato." Aveva continuato l'Immortale, tornando serio.
"Lo so. Chi lo sa, forse l'ha persino divertito, dannazione. In fin dei conti chi sono? Se ha davvero ucciso il suo creatore, e Dio sa chi altro..." mi ero passato nuovamente una mano sul mento, tormentando le leggere lesioni che prima mi aveva provocato.
"Hai commesso un errore molto grave. Lo hai sottovalutato."
"Sì. E fino ad adesso, sono stato accecato dal mio odio, e dalla mia sete di vendetta."
Avevo fallito, sin dal principio, fin dal momento in cui avevo creduto che fosse stato Carter.
Avevo perso ogni cosa, per la mia ossessione: la mia vita. I miei genitori. Carter stesso ne stava pagando le conseguenze.
"Un' OSSESSIONE." Avevo sussurrato, annuendo, guardando come attraverso la 'scultura', l'ossessione dell'uomo che mi stava seduto di fronte.
"Lo sta cercando anche lei, non è vero?" Mi ero come riscosso, voltando lo sguardo su di lui, che mi aveva sorprendentemente fissato indietro, interrogativo.
"La sua ricerca non è ancora finita...la sua smania non è affatto appagata. O forse lo è stata, fino a che non si è accorto dell'esistenza di qualcosa di superlativo."
"Lo sapevo che eri intelligente, l'avevo letto nei tuoi occhi! Io non mi sbaglio mai." Aveva affermato, senza il minimo dubbio nella voce.
Si era nuovamente levato in piedi, avvicinando il suo viso, geniale e folle, al mio.
"La perfezione...PURA." Aveva esalato, estatico, allungando una mano avida verso la mia spalla.
Mi era ritratto bruscamente, colpendo con l'anca lo spigolo dello scrittoio, che si era spostato scricchiolando di qualche centimetro.
"E' per questo che i vampiri la temono tanto vero? Che diavolo ha mai fatto loro?"
"Nulla." Aveva mentito, facendo a sua volta qualche passo indietro.
"Balle! Non vede l'ora di avere un'altra statua assurdamente perfetta non è vero? E chi c'è di più perfetto di un assassino suo pari? Stessa astuzia, ingegno, mistero..." avevo scosso la testa, indietreggiando verso la porta.
La realtà era che il suo genio era del tutto instabile, matto, fuori di senno.
La ricerca della perfezione e l'ossessione per l'Immortalità lo avevano reso il Mostro che era.
"Non essere sciocco, Reiko. Non voglio farti alcun male." Aveva negato, aggirando la scrivania per appoggiarvisi di fronte, a braccia conserte.
Stavolta non mentiva, non in modo palese, almeno, anche se un recesso nero della sua mente diceva il contrario.
"Non ne dubito." Lo avevo schernito, preparandomi ad andarmene.
"E' terribile non è vero?" Mi aveva fermato, con il piede già oltre lo stipite.
"Il vuoto, il senso di perdita...non svanisce mai. E la SOLITUDINE..."
"Vai all' Inferno!" Gli avevo ruggito, avvertendo nuovamente il cambiamento nei miei occhi.
"Che diavolo credi di saperne tu? Tu, che non sei per niente diverso da LUI!"
"Forse." Aveva annuito, incassando con incredibile leggerezza il colpo.
"Ma TU? Quante persone innocenti hai ucciso o contagiato per rimanere come sei?" Aveva detto con malizia, centrando in pieno l'obiettivo.
"Vattene al diavolo, sei completamente pazzo!" Avevo sollevato una mano, dandogli le spalle in maniera definitiva, rifiutandomi di proseguire oltre con quel carosello delirante.
"Come vuoi, ma quando la tua missione sarà conclusa" mi ero raggelato, avvertendolo all' improvviso alle mie spalle. "potrai rimanere, se vorrai. Per sempre." Mi aveva sussurrato nell' orecchio, con una raccapricciante voce distorta.
Sapevo che se mi fossi girato avrei visto il suo vero aspetto, quello proiettato dalla sua mente perversa, dunque non mi ero mosso, limitandomi a scrollarmelo di dosso, e varcando finalmente quella soglia maledetta.
"Avrebbero dovuto bruciarti sul rogo!" Gli avevo sibilato come commiato da sopra la spalla, captando un fugace lampo del suo orrido volto, proseguendo dritto nel corridoio, fissando il pavimento, gli occhi delle 'statue' che mi accompagnavano dalle loro nicchie ad ogni passo.

L'Alchimista aveva sorriso, osservando rapito l'ombra di quell' Opera Perfetta, che si avviava rapidamente verso il portone principale del suo immenso palazzo.
Un giorno avrebbe ottenuto anche quella.
Nel frattempo, aveva sempre con sé la sua favorita, così simile a Lei, in tutto per tutto...come lo era stata, tanti decenni prima.
"Me disgraziato!" Aveva esclamato, accarezzandole la mano marmorea con dolcezza.
"Potrei mai sostituirti? No..." aveva passato il palmo su una guancia fredda, gli occhi vuoti di quella che ad un primo sguardo sarebbe sembrata solo pietra lo avevano attraversato, imperturbabili.
"Carlotta..."

NIGHTCREEPERS-i camminatori del buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora