Capitolo 25-Il segreto di Carter

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Dopo quella notte, avevo evitato Carter con un ardore che sfiorava quasi il ridicolo.
Non sapevo esattamente che cosa mi avesse condotto lontano da lui, se le sue parole, taglienti come lame, o la paura che quanto mi aveva detto fosse la verità.
Due volte, ben due volte la stessa frase era uscita dalla sua bocca, ed entrambe le volte mi aveva come gelato dentro, facendomi dubitare di me stesso.
'So chi sei veramente' aveva sussurrato, con quella sua voce nasale e ruvida, trapassandomi con i suoi laghi neri.
Era così? Era davvero questo che ero? Da quando ero rinato, non era solo il mio corpo ad essere cambiato.
Era una cosa che non avevo considerato spesso, eppure poteva anche essere cambiato il mio spirito?
Quella domanda mi rimbalzava a ripetizione nel cranio, facendomi impazzire.
Quella, e la certezza ormai tangibile che Carter mi stesse nascondendo qualcosa del suo passato di molto importante.
Aveva eluso ripetutamente le mie domande sull'argomento, prendendole quasi come un gioco, ma la mia pazienza aveva raggiunto il suo limite e presto, ne ero sicuro, se non si fosse rimesso in riga, ne avrebbe pagato le conseguenze.
Sospirando annoiato dalla mia stessa ridondanza, mi ero alzato dal tetto su quale mi ero nascosto per riflettere, dirigendomi verso il centro di Berlino.
Avevo fame, erano giorni che non mi nutrivo, ma non sarei certo andato da quel cretino di Carter per chiedergli aiuto.
Normalmente, andavamo sempre a caccia insieme: Carter sceglieva con la sua telepatia le vittime, dopodichè attaccavamo.
Non che mi fossi abituato ad uccidere, per me ammazzare essere umani era tuttora un atto sbagliato ed innaturale, tuttavia avevo imparato a stringere i denti, per sopravvivere, guardando dall'altra parte, convincendomi che quelle morti avevano uno scopo.
Certo, lo scopo era del tutto personale, in fin dei conti se avevo scelto questa orribile strada era stato solo per vendicare mio fratello e trovare il suo assassino, ad ogni modo, se fossi riuscito nella mia missione, avrei potuto far risparmiare un alto numero di vite, eliminando per sempre quella feccia dalla faccia della terra.
Ero balzato sul tetto di un condominio dall'aspetto grigio e cadente, quando la mia empatia aveva colto una presenza malvagia nell'aria.
Avevo trovato la mia preda, e doveva essere anche molto vicina.
Con lo stomaco dritto in bocca, mi ero sporto silenziosamente dal ciglio del parapetto, cercando di scorgerla almeno in parte, tremando leggermente nel buio della notte: avevo strisciato lentamente lungo il muro della palazzina, confondendomi il più possibile tra le ombre, silenzioso come una serpe, fino a raggiungere il piano stradale umido e lurido.
Usando una sporgenza della muratura del palazzo come copertura, avevo sbirciato la strada deserta, incontrando con lo sguardo una figura bassa e rattrappita.
Era una donna, molto anziana, curvata dall'età e avvolta in uno scialle piuttosto spesso, i capelli bianchi raccolti in una crocchia sulla nuca grinzosa.
Incredulo, avevo alzato lo sguardo sopra la sua gracile figuretta, aspettandomi di veder apparire qualcun altro lungo la via, tuttavia non era successo.
Possibile che fosse lei la fonte di quel male? Avevo battuto più e più volte le palpebre, mentre la figurina avanzava sbandando lungo i muri scrostati e muffiti.
Eppure era così, più veniva nella mia direzione, più la sensazione si rendeva netta: quella stanca e storpia nonnina era un turbinio di emozioni maligne. Rabbia, violenza, omicidio, vendetta, passavano nella sua mente rapide e frenetiche, alternandosi in una danza folle e disperata.
"Va bene" mi ero detto, concentrandomi sul da farsi. Adesso che ne ero sicuro, tutto quello che dovevo fare era bloccarle la strada e...
"Sei proprio sicuro di volere uccidere quella donna, Reiko?" Era risuonata all'improvviso una voce dai tetti, spaventandomi a morte.
Merda. Carter.
Il vampiro aveva osservato la vecchietta trascinarsi dentro ad un portone che dava sulla strada, quindi era saltato con un balzo felino su dei cassonetti, senza creare il minimo fracasso.
La sua presenza, fino ad allora nascosta, si era pienamente manifestata, come un cazzotto sui reni.
I suoi pozzi neri, quella notte particolarmente cupi, mi avevano trafitto, gelidi.
"Mi stavi seguendo?" Lo avevo bloccato, sulla difensiva, mettendomi a braccia conserte.
Il suo era un gioco molto pericoloso, se fossi stato un altro Nightcreeper, in quel momento sarebbe già stato probabilmente attaccato.
"Certo che ti stavo seguendo! Sei sparito da quasi una settimana, lo sai? Merda, Reiko! Non mi sembra il momento più adatto di fare la reginetta schizzinosa del ballo!" Era scoppiato il moro, fulminandomi all'istante.
"Carter... che diavolo, stavo per nutrirmi! Che cosa ti è saltato in men..." gli avevo gridato indietro, inferocito.
"NUTRIRTI? Ma non farmi ridere! Il tuo potere ha preso una cantonata..." aveva cominciato, ma io lo avevo interrotto, più adirato che mai.
"Oh, ti prego! Non sminuirmi solo per renderti più importante!"
"Stai zitto! Forse non ti rendi ben conto di che cosa stavi per fare: quella poveretta non era affatto un'omicida, era stata chiusa in un campo di concentramento!" Aveva urlato Carter, facendo echeggiare l'ultima parte della frase per tutte le finestre d'intorno.
A quelle parole, mi si era seccata improvvisamente la gola.
"... Cosa?"
"Sì, hai sentito bene, stupido idiota, il tuo potere non sempre distingue tra emozione e ricordo! Quella donna non ha una mente stabile, vive nel passato, ma tu questo non l'hai di certo percepito!" Aveva ringhiato, dandomi la schiena, ansante di rabbia.
"Oh, MERDA, io non..."
"Senti, Reiko, tu sei un neofita, è chiaro? Devi metterti in testa che il solo fatto che io ti abbia reso quello che sei non ti rende invincibile, mi hai capito bene?" Si era voltato di nuovo nella mia direzione, avanzando fino a prendermi per le spalle.
Un silenzio pesante come il sipario di un teatro era calato fra di noi, mentre, di colpo, un senso di angoscia che non mi apparteneva si era fatto strada nella mia mente.
"Ma che succede?" Gli avevo domandato, insospettito, rendendomi conto che proveniva da lui.
Non lo avevo mai visto comportarsi così, non mi aveva mai aggredito in modo così deliberato: doveva essere accaduto qualcosa di ben più grave di quanto non stessi per fare.
Carter aveva chiuso gli occhi, scuotendo vagamente la testa, come se stesse soppesando che cosa esattamente dirmi.
"Ti ho mentito." Aveva ammesso infine, riaprendo i suoi laghi scuri, e fissandoli con rimorso nei miei.
"CHE COSA?" Avevo gridato, staccandomi immediatamente dalla sua presa.
"Non sul mio passato. Non mi sono espresso bene, mi dispiace. Volevo dire che... durante la nostra fuga ti ho nascosto qualcosa." Aveva sospirato, tornando ad afferrarmi gli avambracci e abbassando la testa verso il terreno, come se si stesse sentendo male.
"Che cosa vuoi dire?" Gli avevo chiesto in un sussurro, terrorizzato all'idea di che cosa potesse essere.
Quella situazione aveva un che di irreale, la sua improvvisa inquietudine, la sua confessione... che diavolo stava succedendo?
"Ci hanno seguiti. Sono sempre stati sulle nostre tracce." Aveva mormorato Carter, con un'aria di rimorso sul volto. Le sue profonde iridi rilucevano tremule alla luce bassa dei lampioni, più innaturali che mai.
"Chi? CHI ci ha seguito?" Avevo esclamato, spaventato a quel punto quanto lui, ma il moro non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che una nuova presenza ci aveva centrati in pieno petto, facendoci voltare contemporaneamente verso la sommità delle case.
"Merda, è troppo tardi! Dobbiamo andare!" Mi aveva urlato, tirandomi per un braccio, cercando rapidamente una via di fuga con lo sguardo.
"Troppo tardi, bastardo!" Era echeggiata una voce dall'inizio della strada.
Due puntini rossi, seguiti da altre paia parecchio più in alto, si erano mossi verso di noi.
Avevo lanciato una rapida occhiata alle mie spalle, per valutare la situazione, ma altri puntini color sangue avevano bloccato il passaggio.
"Cazzo." Avevo imprecato sottovoce: quella volta eravamo davvero nei guai fino al collo.
"Figlio di puttana!" Avevo sentito ruggire Carter nello stesso momento, accanto al mio orecchio.
Avevo seguito il suo sguardo, e là, in mezzo alla strada, davanti a una serie di vampiri alti e grossi quanto due armadi, stava, più basso e serpentino che mai, quella vipera di Jesse.
"Figlio di puttana!" Lo avevo insultato a mia volta, sentendo la bile risalirmi fino ai denti.
Quel piccolo verme... doveva averci pedinato nonostante Trevor, al nostro ultimo incontro, lo avesse fermato.
Jesse si era mosso malizioso sotto la luce dei lampioni, mostrandosi in tutta la sua gloria: il suo occhio violetto, perfettamente guarito, risplendeva aperto e irridente verso le nostre facce, mentre il viso, senza più cicatrici deturpanti che lo attraversavano, era ritornato simmetrico e di una bellezza incredibile.
"Guarda, guarda, qualcuno si è rimesso in sesto la faccia..." lo aveva sfottuto Carter, sogghignando, anche se riuscivo ancora a sentire perfettamente la preoccupazione acuta dentro di lui.
A quelle parole, il sorrisetto di trionfo era sparito dalla bocca del verme, che aveva focalizzato la sua ira su di me.
"Già... c'è voluto tempo" aveva annuito piano, folgorandomi con le pupille eterozigoti: me l'avrebbe fatta pagare molto cara, per quello che gli avevo fatto, e non vedeva l'ora di presentarmi il conto.
"Allora era lui che ci seguiva?" Avevo domandato, guardando di sottecchi il mio compagno.
Carter, per tutta risposta, si era morsicato gravemente il labbro inferiore, lo sguardo fisso su Jesse.
"Cos'è, vuoi impacchettarci e consegnarci a Trevor?" Ero sbottato, facendo un passo avanti nella direzione del biondo. "Oppure Trevor non lo sa? E' così, non è vero? Non lo sa! Tu non aspettavi altro..."
"Reiko..." mi aveva sibilato Carter, in un tono quasi di avvertimento, ma io, preso da una improvvisa folgorazione, non lo avevo nemmeno sentito.
"Sei venuto a cercarci alle spalle di Trevor?" Avevo chiesto, diffidente.
Non poteva essere, davvero Jesse avrebbe rischiato così tanto pur di ucciderci? Se Trevor lo avesse scoperto, per lui sarebbe certamente stata la fine.
"Non ci credo, piccolo figlio di..."
"Credo che questo punto sia stato messo in chiaro." Era tuonata una voce spaventosa alle mie spalle.
Con la coda dell'occhio, nel voltarmi, avevo incrociato il viso di Carter, pallido e stranamente teso.
Aveva abbassato le palpebre per un momento, come in una momentanea invocazione, dopodiché le aveva riaperte, più ombroso e gelido che mai.
Trevor era entrato nella luce della strada, alto e orrendo come suo solito: il naso aquilino, trapassato da un septum, aveva sbuffato, facendolo somigliare molto ad un toro pronto alla carica.
"Jesse non avrebbe mai potuto trovarvi da solo." A questo commento, il bastardo in questione aveva aperto la bocca per replicare, ma finendo solo con il richiuderla come un pesce lesso, una volta notata l'espressione sul volto del suo amante.
"Siete stati piuttosto bravi... ci avete fato penare" Trevor aveva focalizzato le sue iridi sanguinolente su di me, quindi, lentamente, le aveva spostate sul mio compagno.
"Certo, la cara vecchia Europa... quale posto migliore, per evitare di incontrare altri vampiri? Molto astuto, ma non avete mai avuto il minimo scampo. Non DA ME." Aveva sogghignato, facendomi accapponare la pelle: sembrava che da un momento all'altro potesse precipitargli l'intera faccia.
Jesse, all'ultimo commento del suo protettore, aveva mandato una ributtante risatina di scherno, infiammando la mia voglia di ucciderlo.
'Troia' lo avevo insultato inferocito nella mente, facendo sorridere involontariamente anche Carter.
L'ilarità era però morta all'istante, quando Trevor aveva lanciato, dritto di fronte ai miei piedi, un grosso sacco di tela, che era atterrato con un raccapricciante tonfo umido.
'Che diavolo...?!' Avevo pensato, interdetto, osservando come affascinato quell'oggetto misterioso.
"Che cazzo sarebbe?" Si era fatto sentire Carter dal fondo, anche lui con l'attenzione fissa sulla borsa. Qualcosa nel suo tono mi aveva innervosito, sembrava stranamente allarmato, e fissava il sacco come se da un momento all'altro avrebbe potuto esploderci addosso.
"Un regalino." Aveva ghignato l'armadio, le pupille cremisi che brillavano in modo disgustosamente sinistro.
'Regalino...?' mi ero ripetuto, abbassando, impaurito a mia volta, gli occhi su quel dannato affare.
Merda.
Il sacco, e solo ora me ne ero reso conto, era incrostato di sangue rappreso.
Oddio.
"Cosa... cosa..." avevo balbettato, senza nemmeno rendermi conto di stare muovendo le labbra.
Era tutto sbagliato, non stava andando affatto bene, eravamo circondati dalle bodyguard di uno psicopatico non-morto, che mi aveva appena lanciato una sporta di probabili resti umani dritto sotto il naso!
Dovevamo schiodare, e farlo al più presto, o nel sacco ci saremmo finiti noi.
"Pienamente d'accordo." Mi aveva sussurrato Carter, lo sguardo morbosamente attratto dal sacchetto degli orrori.
"Ho ancora un conto sospeso con voi. O meglio, con TE, Reiko." La voce dura di Trevor ci avevo riportato alla realtà. "Sbaglio o avevamo un patto? Dovevi portarmi la sua testa, in caso contrario mi avresti consegnato la tua, non è così?" Aveva digrignato i denti, lugubre. "NON E' COSI'?" Aveva ripetuto, facendo tremare anche i muri.
"Sì." Avevo confermato, battendo le palpebre: il sudore stava iniziando a colarmi a rivoli sulla fronte, e la situazione si faceva a ogni minuto sempre più pessima.
"Bene." Aveva annuito il mostruoso Nightcreeper, avanzando nella mia direzione.
"Trevor, lo sai che la questione non lo riguarda" aveva tentato Carter, ma l'altro non lo aveva nemmeno lasciato finire.
"Taci." Lo aveva freddato. "Di te mi occuperò più tardi." Gli aveva rivolto un'unica occhiata, eloquente, prima di girarsi a trapassarmi con quelle iridi assassine.
"Torniamo a noi, Reiko. Avevamo un accordo... e tu non l'hai rispettato. Dovevi consegnarmi la sua testa, oppure la TUA." Si era avvicinato ulteriormente, torreggiandomi sopra. "L 'hai fatto?" Mi aveva sussurrato, respirandomi in viso.
"No." Avevo risposto, guardando oltre una sua spalla, cercando con disperazione una via d'uscita.
"Come hai detto? Non ti ho sentito." Aveva ruggito il Nightcreeper, afferrandomi per la gola, rischiando di sfracellarmi nuovamente la laringe.
Aveva spostato la presa al mento, ruotandomi verso i suoi pozzi carmini.
"N-no." Avevo ripetuto, trattenendo a fatica l'istinto di sputargli in faccia.
"Esattamente." Aveva sibilato, rigettandomi all'indietro, facendomi quasi rovinare a terra.
"Lo sai Reiko, se tu ti fossi consegnato, ci saremmo risparmiati tutti un sacco di fastidi. Ma sei fuggito... non hai avuto nemmeno la decenza di lasciarti uccidere dagli altri della nostra razza."
"Mi dispiace." Mi ero scusato, ironico, sentendomi prudere le mani. Era odioso, e se voleva ammazzarmi, poteva farlo anche subito.
"Oh, ti dispiacerà, ne sono sicuro, perché vedi, in tutto questo tempo, non me ne sono rimasto con le mani in mano..." aveva sorriso in modo truce.
Carter, che fino a quel momento non aveva emesso fiato, aveva trattenuto sonoramente il respiro, l'espressione come agghiacciata sul suo volto.
"Trevor...?" Aveva ansimato, con un vago tremore nella voce. Doveva aver intuito qualcosa.
"Che diavolo significa?" Avevo quasi urlato, mentre lo stomaco mi precipitava nei tacchi. Quel sacco...
"E' molto semplice: se avessi ubbidito, non saremmo arrivati a questo punto, ma hai mandato all'aria il nostro accordo. E io sono molto, MOLTO vendicativo..."
Aveva aperto i lembi della borsa, lasciando rotolare a terra l'atroce contenuto.
Due teste.
"Oh... mio..." avevo esalato, sentendo la nausea colpirmi allo stomaco come un diretto.
"Qualcun altro ha pagato al tuo posto." Aveva concluso, sollevando la testa di mio padre per i capelli e facendola oscillare come un macabro pendolo.
Era troppo. Per due secondi la vista era mancata ai miei occhi, e uno strano formicolio mi aveva intorpidito le membra.
Aveva decapitato i miei genitori.
"Trevor, RAZZA DI STRONZO!" Aveva gridato la voce di Carter da quello che pareva essere un luogo molto lontano, giungendo come ovattata alle mie orecchie.
Jesse, intanto, si era avvicinato al suo amante, ridendo con sadica lussuria al terrificante spettacolo.
"Oh, Giustiziere, stai piangendo?" Aveva cantilenato con spietata allegria, godendosi ogni goccia della sua vendetta.
In realtà non mi importava, niente aveva più senso: Trevor aveva massacrato i miei genitori, quello che rimaneva della mia famiglia.
Non avevo più nulla.
Mi ero premuto una mano sulla bocca, per soffocare le urla, piegato dal dolore.
Morti, tutti morti! A causa mia.
Nel frattempo, qualcosa intorno a me era cambiato, ma il sangue, il poco sangue che mi era rimasto, scorreva con tale fragore sui miei timpani che non riuscivo a udire altro, se non qualche rumore in sottofondo.
La voce sorda di Carter aveva detto qualcosa, seguita da una specie di colluttazione, poi due mani ruvide mi avevano afferrato per le braccia, sollevandomi di peso.
Convinto che fossero di Jesse o Trevor, ero scattato d'istinto sulla difensiva, poi avevo incontrato i laghi scuri del mio compagno, incredibilmente lucidi e vividi.
"Reiko... dobbiamo correre." Mi aveva avvertito, tirandomi in piedi senza tanti complimenti. "Presto!"
Annuendo, mi ero guardato rapidamente attorno, contemplando la situazione: Trevor era stato ribaltato a terra e pareva aver perso incredibilmente i sensi; una grossa pozza di liquido rosso si stava allargando sotto la sua nuca, mentre Jesse era schiacciato sotto di lui. Doveva essergli precipitato addosso.
Le bodyguard, dopo un'impasse iniziale, si erano riscosse e chiuse a cerchio su di noi, sbarrandoci il passaggio.
"Merda, e adesso?" Avevo guardato il moro, sperando che tirasse fuori qualcuna delle sue idee geniali.
Avevo lanciato un'occhiata trasversale alle teste dei miei genitori, sentendomi sprofondare all'idea di abbandonarli dov'erano, senza una sepoltura, alla mercè di chi li aveva barbaramente trucidati.
"Lascia perdere, ormai non puoi più fare niente per loro." Aveva risposto il vampiro, tirandomi per una manica per riscuotermi dal mio triste torpore.
"Siamo nel peggiore dei casini, se vogliamo uscirne vivi dovremo aprirci la strada a calci! Sei pronto?" Mi aveva dato uno spintone per essere sicuro che avessi capito, quindi, al mio cenno di assenso, si era girato rapido come un razzo, dando una potente ginocchiata nel fegato del primo bestione che gli si era parato davanti e una gomitata in bocca a quello che lo seguiva.
Avevo preso rapidamente fiato e mi ero lanciato nella mischia, tirando pugni quasi alla cieca.
Era come cercare di uscire da un'ammucchiata di giocatori di rugby, un'impresa a dir poco impossibile.
Uno degli armadi mi aveva agganciato per un braccio e cercato di placcarmi al terreno, ma gli avevo assestato una violenta bracciata dritta nel fianco, divincolandomi e infilandomi tra altri due di loro, schivando le manate che cercavano di assestarmi.
Con una certa fatica e una larga dose di contorsionismo, ero riuscito a districarmi dall'imbroglio, uscendo carponi e rendendomi conto che in effetti gli scimmioni dovevano avere le idee confuse quanto noi, dato che non si erano nemmeno resi conto della mia scomparsa dalla mischia.
Carter era stato meno fortunato, era finito nel mezzo della tempesta, e le stava prendendo in modo preoccupante.
"Carter!" Avevo gridato, sperando che riuscisse a sentirmi in quel frastuono di botte infernale e trovare la giusta direzione. "Carter!"
Avevo sgomitato e cercato di infilarmi tra due busti duri e piantati come colonne, per aprirgli uno spiraglio ,ma ancora prima che potessi tentare di indicargli il passaggio, una vocetta infima era tuonata nell'aria, gelandomi sul posto.
"Basta così. Prendeteli!"
Per un attimo, la situazione era rimasta invariata, come in una versione comica del gioco delle sedie, quando la musica si fermava e nessuno sapeva dove diavolo fossero finite le seggiole ancora libere, poi, una serie di mani enormi si era chiusa su di me, spingendomi contro il muro più vicino, e lo stesso avevano fatto con il mio compagno, schiantandoci fianco a fianco.
Jesse, che era riuscito as issarsi da sotto il corpo del suo amante, si era piantato in tutto il suo metro e settanta di statura di fronte a noi, il sorrisetto di scherno onnipresente sulle sue eleganti labbra.
Trevor, sorprendentemente, giaceva ancora riverso a terra, immobile.
"Ma cosa...?" Avevo pensato ad alta voce, interdetto.
"Deve aver battuto la testa quando l'ho spinto." Aveva spiegato lapidario Carter, seguendo il mio sguardo.
Mi aveva sorriso, il naso e gli zigomi tumefatti dalle percosse, gli occhi che rilucevano di uno scintillio perverso.
"Non è morto. Ma gli ci vorrà un po' per riprendersi." Aveva sogghignato, facendomi fare lo stesso, in un attimo di feroce godimento.
Aveva ucciso i miei genitori. Era il minimo che potesse meritarsi.
"Scusate se interrompo il bel momento." Aveva ringhiato Jesse, un rivolo di sangue che gli colava dal lato sinistro della bocca.
Il peso di Trevor su di lui doveva avergli sfracellato qualche organo interno, ma se così era non lo dava certo a vedere.
"Oh, scusa stronzetto. Quasi ci eravamo dimenticati di te!" Lo aveva deriso Carter, facendomi crollare il mento al suolo: era in momenti come quello che il suo lato migliore sceglieva sempre di uscire, ma che fortuna...
Il biondo aveva scoperto i denti minaccioso, sembrava piuttosto alterato.
'Carter, non tirare la corda...' lo avevo avvertito, pregandolo con lo sguardo.
Il moro non mi aveva risposto, ma si era comunque cementato la bocca.
"Hai già finito?" Aveva colto la palla al balzo Jesse, approfittando del silenzio. Ora che Trevor era privo di sensi poteva divertirsi ad esercitare il potere, il che poteva costituire un grande, grosso problema per la sua mente arrogante e psicotica.
"Bene, allora se non ti dispiace parlo io: tanto per cominciare siete nostri prigionieri e secondo... vediamo, dove eravamo rimasti, prima di questo trambusto... oh, certo... Reiko! Vedi, i tuoi genitori sono MORTI ma questo non basta certo a ripagare il tuo debito. Vedremo di rimediare al più presto, sono sicuro che la tua testa farà un figurone in mezzo alle altre due." Aveva calciato la testa di mia madre, che era rotolata come un macabro sasso contro a un bidone della spazzatura.
Era troppo.
"Razza di BASTARDO, se provi solo a rifarlo ti giuro che la prossima cosa che prenderai a calci saranno le tue..."
"Oh, io non credo proprio, Reiko, voglio dire, cosa credi di poter fare, così immobilizzato?" Aveva sorriso, distorcendo quel bel viso che si ritrovava in qualcosa di impressionante.
"Vuoi vedere?!" Avevo urlato, strattonando i molossi che mi ancoravano al muro con tutte le forze che avevo in corpo, senza grandi risultati.
Jesse era scoppiato in una risata tetra, spostando la sua attenzione su Carter.
"E tu... ci hai causato un mucchio di guai, sai? A cominciare da LUI..." mi aveva indicato, con un cenno della testa, facendo ondeggiare le chiome bionde. "Ma rimedieremo anche a questo. Ci penseranno gli altri a farti la festa."
"Sei solo una povera puttana, Jesse." Lo aveva compatito Carter, quasi sputandogli l'ingiuria in piena faccia.
"Io?" Aveva fatto un sorrisetto, occhieggiandomi di sottecchi, ponderando le parole taglienti con la massima cura. "Ma non sono stato l'UNICO, non è vero?"
'Cosa?' Avevo pensato, completamente confuso.
Eppure c'era qualcosa di strano e di sospetto, nel modo in cui quella vipera stava ora ammiccando a Carter.
Carter per tutta risposta era caduto incredibilmente nel panico, saturando la mia empatia ai massimi livelli.
"Ma che cazzo..." avevo mormorato, fissando il mio compagno allibito.
Aveva perso del tutto il controllo delle sue emozioni.
"Stai zitto, Jesse! Tu non sai niente!" Gli aveva gridato, anche se, nel profondo, non ne era del tutto sicuro.
"Oh, so tutto invece" aveva ribattuto il verme. "Tutto di TUTTO."
"Balle! Lui non ha mai parlato." Aveva continuato Carter, e di quest'ultima affermazione era piuttosto certo.
"Ah, ma non ne ha avuto bisogno. Non sottovalutarmi." Aveva sussurrato, prendendo un'aria decisamente terrificante, quasi più spaventosa di quella di Trevor.
Sapevo che Jesse era un vero bastardo pericoloso, ma era decisamente anche matto da legare.
"Scommetto che invece Reiko non ne sa proprio niente, non è vero?" Aveva insinuato in tono dolce, mieloso come lo zucchero candito.
"Sapere che cosa? CHE CAZZO STA SUCCEDENDO QUI?" Mi ero alterato, non capendo più un accidente.
Dannazione! Le teste dei miei genitori erano per terra in un vicolo, io e Carter eravamo appesi a un muro alla mercè di Trevor, e Jesse la serpe si metteva a fare lo stronzo e a parlare per enigmi!
Che DIAVOLO stava succedendo?
Jesse aveva osservato Carter trionfante.
"Carter non ti ha mai raccontato del suo passato, eh, Reiko?"
"Invece SI!" Aveva ruggito il moro inutilmente, dal fondo.
"Mmm, ma avrai sorvolato sui punti fondamentali... ti ha mai detto da chi è stato creato?" Mi aveva frecciato, un'aria folle e invasata su tutto il viso.
'Merda!'
Allora avevo ragione! Avevo avuto dannatamente ragione!
'Merda, no...'
"Sì, Reiko, Carter è stato fatto da TREVOR... è stato la sua puttana, tanto tempo fa" aveva rivelato candido, come se stesse confidando il suo più intimo segreto.
"A proposito, carino il numero giù al Kummer, Trevor ha apprezzato molto." Aveva sputato, facendomi avvampare di vergogna.
"RAZZA DI TROIA! IO TI UCCIDO! Aspetta solo che scenda da qui...!" Era esploso Carter, infuriandosi a tal punto da far tingere i suoi laghi scuri di un cupo carminio.
Non lo avevo mai visto così, ed ero convinto che se avesse avuto Jesse a portata di tiro, lo avrebbe ridotto in cenere.
Quello, per tutta risposta, aveva ridacchiato, osservando però con estrema attenzione che Carter non riuscisse a divincolarsi dalla stretta dei suoi giganti.
Dio, non poteva essere vero! Carter e TREVOR? Trevor aveva fatto Carter...?
"Adesso basta!" Aveva tuonato intanto proprio quest'ultimo, sfoderando le zanne e piantandole nel braccio della bodyguard che lo teneva per il collo, quasi troncandoglielo di netto.
Immediatamente, gli altri avevano tentato di bloccarlo, inutilmente. Erano finiti sdraiati al suolo uno dopo l'altro, come una serie di figurine di carta.
Io e Jesse avevamo assistito allo spettacolo a bocca aperta, increduli. Sapevo benissimo della potenza del vampiro, ma quello pareva quasi troppo anche per lui.
Una volta rimasti in piedi solo noi tre, il verme si era ritirato soffiando verso il cornicione della strada, come un gatto che si preparava all'attacco, ma Carter lo aveva degnato di un unico sguardo di sprezzo, prima di aggrapparsi al mio gomito.
"Muoviamoci, tra non molto saranno di nuovo in piedi." Mi aveva mormorato, saltando a diversi metri dal terreno e portandomi con lui.
Non lo avevo mai visto fare balzi tanto ampi prima, ma a quel punto, nulla mi sorprendeva più.
Dopo un breve momento, eravamo atterrati su un tetto poco distante, lontani da Trevor e dal resto della folla.
Carter si era accasciato al suolo, stremato: la lotta da supereroe di qualche secondo prima in realtà lo aveva molto provato, il suo braccio sinistro pendeva verso terra, inerme.
"Sei ferito!" Mi ero avvicinato a lui per verificare le sue condizioni. "Lascia che ti aiuti." Gli avevo porto il collo, abbassandomi leggermente la maglia.
Carter aveva riso.
"Sei scemo? Non ti sei nemmeno nutrito! Comunque, sto bene. Me la caverò." Mi aveva dato una pacca sulla spalla con la mano buona, stringendosi l'altra al petto.
Eravamo rimasti in silenzio, evitando di guardarci negli occhi.
"Trevor..." avevo detto, infine. Mi veniva quasi da ridere. "E' per QUESTO che non mi hai mai detto chi era? Credevi che mi sarei arrabbiato perché ti sei fatto quello stronzo?"
Carter aveva iniziato una risposta, poi aveva sorriso, suo malgrado.
"Lasciamo perdere." Aveva scosso la testa.
"Aspetta! C'è qualcos'altro che devo sapere?" Lo avevo incalzato, di nuovo con la sensazione che mi stesse nascondendo qualcosa.
"No, Reiko, non importa. Lascia stare." Aveva negato di nuovo, cercando di tirarsi faticosamente in piedi.
"Un corno! L'ultima volta che me l'hai detto ti eri scopato Trevor... la prossima volta scoprirò che ti scopi anche Jesse? Voglio saperlo!" Mi ero messo a braccia conserte come un povero moccioso, rendendomi conto da solo di essere ridicolo.
"Non mi scopo affatto Jesse! Ti prego!" Aveva roteato le pupille, tornate nere, nauseato.
Come risposta si era guadagnato un'occhiata eloquente da parte mia, che aveva ad ogni modo ignorato.
"Ascoltami, ci sono cose più importanti di cui parlare. Mi dispiace di non avertelo detto, ma è parte del mio passato ed è... beh, complicato."
"Era lui il vampiro del locale? Quello che ti ha... 'salvato'?" Avevo mormorato, non potendo trattenere la mia curiosità.
"Sì. Ma è stato... è...è complicato." Aveva ripetuto, stropicciandosi le palpebre con le dita.
"Va bene, non importa, ma perc..."
"Dobbiamo separarci."
La frase, secca e improvvisa, aveva fatto calare il silenzio come un rombo di tuono.
"Che cosa?" Avevo domandato, non certo di aver ben capito.
"Trevor lo sa. Sa sempre dove mi trovo, lui è il mio creatore, e ha... ha un potere. Vede delle immagini. Non è un precognitore, le vede solo ogni tanto, e, come dire, in leggera differita."
"Ma le vede." Avevo annuito, iniziando a comprendere.
"Sì."
"E' per questo che sa della notte al Kummer?"
"Sì." Aveva sospirato Carter, con un sorriso mesto.
"Oh. Fantastico." avevo 'gioito' nell'apprendere la notizia.
"Ed è per questo che dobbiamo separarci. Lui mi troverà, succede sempre, già è stato difficile evitarlo per tutto questo tempo, e non..."
"Ecco perché ci facevi spostare di continuo!" Mi ero battuto una mano sulla fronte per la mia stupidità. Come avevo fatto a non accorgermene?
"Sì. Senti, Reiko, Trevor vuole la tua testa, e farà di tutto per averla. Se rimaniamo insieme, gli sarà molto più facile trovarti."
"Capisco."
Era vero, e aveva perfettamente senso, ma allora perché mi sembrava sbagliato?
"E di te che mi dici?" Gli avevo chiesto, incrociando le braccia.
Era strano, tuttavia ero veramente preoccupato che potessero catturarlo: avevo passato tanto di quel tempo a detestarlo, che mi pareva assurdo il non farlo.
"Me la caverò. Non sono nel centro del mirino quanto lo sei tu, in fondo." Mi aveva schernito, sorridendo allegramente.
'Razza di idiota' "Grazie!" Gli avevo risposto, pentendomi subito della mia debolezza.
Arrogante era, e tale rimaneva.
"Allora... beh, che dire..." avevo balbettato, imbarazzato. Non ero per niente bravo nei discorsi.
"Stai attento. Io cercherò di tenere Trevor e quella puttana di Jesse lontano da te più che posso, ma al resto dei vampiri dovrai pensarci tu."
"Va bene." Avevo annuito.
"Trova chi ha ucciso tuo fratello. Per farlo, dovrai purtroppo rientrare in America, prima o poi, quindi fai molta attenzione. Stai alla larga dalle città grandi, normalmente lì sono concentrati in maggior quantità."
"Lo so, ma per chi mi prendi? Sono stato il Giustiziere prima del... beh, prima di questo. Forse è ora che ricominci ad esserlo..." avevo sospirato, guardando distrattamente i palazzi bui.
"Beh, credo non ci sia altro da dire. E non fare quella faccia! Non è mica un addio!" Aveva sghignazzato, dandomi una botta contro la spalla sinistra.
"Eh, magari lo fosse... scherzo! Forse..." lo avevo sfottuto a mia volta, sentendomi però incredibilmente vuoto e triste.
Mi aspettava una lunga ricerca davanti, e, dopo quella che era sembrata un'eternità, stavo per ritrovarmi di nuovo solo.
Carter e la sua testa bacata mi sarebbero mancati, in fin dei conti, ormai mi ero abituato ad averlo accanto.
"Ok. Buona caccia, e ricordati di fare molta attenzione nel scegliere le tue prede." si era congedato il moro, stringendomi la spalla.
"Certo. E tu spacca la faccia a Jesse anche per me." Svevo ricambiato, dandogli un colpetto sul gomito sano.
"Puoi giurarci" mi aveva assicurato, tetro, facendomi di nuovo ridere.
Avevo abbassato gli occhi al terreno, lasciandolo andare, ma lui mi aveva comunque trattenuto.
"Cosa?" Avevo riso, imbarazzato, sotto il suo sguardo penetrante.
Carter non aveva risposto, si era limitato ad avvicinarsi, senza togliermi gli occhi di dosso, fino a posare le sue labbra sulla vena pulsante del mio collo. Aveva affondato i denti con inaspettata delicatezza, rubandomi solo poche sorsate, prima di staccarsi con un lieve sospiro.
Mi ero reso conto di aver chiuso gli occhi solo quando avevo avvertito la sua bocca avvicinarsi alla mia e li avevo riaperti di scatto.
"Sei scemo? Vai a baciare Trevor!" Lo avevo respinto, imbarazzato, sciogliendomi dalla sua presa e dandogli la schiena, ma non andando da nessuna parte, restando perfettamente fermo, anche quando mi aveva cinto le spalle e posato la testa sulla spalla.
"Non potevo mica andare a rompere il culo a Jesse con un braccio rotto!" Aveva sdrammatizzato Carter, in tono leggero.
"Come no..." avevo alzato lo sguardo al cielo, mantenendo comunque la mia posizione, lasciando calare una confortevole quiete attorno a noi. "E se Trevor vedesse anche questo?" Avevo sussurrato infine nell'ombra, senza guardarlo.
"Chissenefrega." Mi aveva soffiato nell'orecchio.
Lo avevo guardato di sottecchi, studiando i suoi lineamenti spigolosi in silenzio prima di sporgermi in maniera inequivocabile verso di lui.
Carter aveva stretto la presa per un istante, poi una leggera brezza mi aveva colpito le guance, facendomi sussultare.
Era andato. Si era volatilizzato nella notte.
'Classico' avevo sorriso tra me, prima di scegliere con calma una direzione e marciare verso di essa a passo deciso.

NIGHTCREEPERS-i camminatori del buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora