Capitolo 21- Fuga

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Dopo il terribile evento, il mio grandissimo sbaglio o passo falso, con la P maiuscola, l'inverno si era presentato in tutto il suo gelo e rigore, ricoprendo terreni e marciapiedi di alti strati soffici di neve, spazzando le vie con i suoi maestosi venti.
In questo bianco scenario, tanto silenzioso quanto minaccioso ed inerte, avevo trascorso un numero indefinito di ore e giorni, trascinandomi per i bassifondi, cercando invano un riparo che mi potesse fornire un qualche genere di protezione, senza però trovarne nessuno.
Tutto il mondo dei non-morti certamente sapeva_ non potevano non averlo avvertito, senza contare che ero stato anche VISTO... dovevano essere per forza tutti là fuori a cercarmi, pronti a legarmi ad una pira e a darmi fuoco.
Avevo commesso il peggiore dei misfatti, in un universo dove non esistevano regole se non quella del rispetto reciproco, niente avrebbe mai potuto superare un simile affronto: ero spacciato, non avevo via di scampo.
Con questi pensieri, ferito e vulnerabile, mi aggiravo per la periferia della città, cercando di dominare il panico.
Sentivo di avere mille occhi maligni puntati su di me, pronti a tradirmi e a giudicarmi, a spiare ogni mia mossa, in agguato nell'ombra in attesa di assalirmi, nel momento più propizio.
Avevo così vagato e vagato, senza alcuna meta, senza neppure osare ritornare da Carter: non avrei mai avuto il coraggio di guardarlo in faccia, proprio lui, che nemmeno una settimana prima mi aveva fissato in modo inequivocabile dicendomi di seppellire il mio compito, la mia unica ragione di esistenza.
'Nascondi il Giustiziere', aveva detto, perché adesso sei uno di noi, e come tale non potrai più agire come prima.
Che cosa avevo fatto? Di tutte le azioni sconsiderate che avevo, negli ultimi mesi in particolar modo, compiuto, questa era l'apice.
Ma chi diavolo ero, in fondo? Che diavolo avevo creduto di fare? Tutto quello che avevo ottenuto non era stato che un'accozzaglia di assassinii, misfatti, menzogne e atti di incapacità suprema.
Avevo lasciato che un vampiro mi mordesse e mi trasformasse in un mostro, e adesso mangiavo e dormivo alla sua tavola come se fosse stato il mio migliore amico, senza contare che non avevo trovato l'omicida di Noel, e ora... ora...
Era troppo. Non poteva certo continuare.
Con questi oscuri pensieri, avevo vagabondato nel buio, combattendo il vento gelido che mi seccava e martoriava la pelle innaturale del viso. Persino adesso che ero morto, potevo avvertire quanto fosse duro e tagliente.
Avevo svoltato silenzioso in una viuzza rischiando di perdere l'equilibrio sul ghiaccio.
Quanto tempo inutile trascorso, buttato... che cosa potevo fare?
E se Carter stesso fosse stato sulle mie tracce, a braccarmi? In fin dei conti, non lo conoscevo davvero... forse mi avrebbe tradito, sfruttando il suo contatto sovrannaturale con la mia mente, e mi avrebbe venduto al miglior offerente, magari, perché no, proprio a Trevor.
Il bastardo avrebbe fatto faville nel ricevere la mia testa.
"Forse dovrei farlo."
Una voce improvvisa era sbucata dall'ombra, facendomi sobbalzare.
Con tutti i sensi in allarme, avevo di colpo avvertito la sua presenza, vicina e inconfutabile, come la luna e le stelle.
Carter era comparso, in un salto plastico, dall'alto di uno dei tetti sopra la mia testa, diafano in volto, forse più del normale, e, ciononostante, terribilmente scuro e minaccioso.
Non lo avevo mai visto così, e dire che eravamo seriamente stati nemici, fino a non molto tempo prima.
"Non avevi promesso in fondo la MIA testa a Trevor?" Aveva sibilato lapidario.
"Carter..." avevo sproloquiato, pentendomi all'istante di aver aperto bocca, dimentico della mia laringe in frantumi; un fiotto di lacrime mi era subito salito agli occhi, per la fitta lancinante che mi aveva attraversato.
I suoi occhi mi avevano incenerito, tingendosi di un violento rosso cupo.
"Che DIAVOLO hai fatto?- Mi aveva domandato, sbarrando le palpebre, respirando affannosamente per mantenere un briciolo di controllo.
La mia sola risposta era stata scuotere negativamente la testa, la gola stretta convulsamente tra le mani. Doveva essersi spostata la cartilagine spezzata, perché ora un frammento mi stava trafiggendo le tonsille, causandomi il vomito.
"Che cosa hai FATTO?" Aveva urlato, scandendo ogni parola.
Per tutta ,risposta, mi ero accasciato al suolo, ripiegato sullo stomaco, perdendo fiotti di bava rossastra dalle labbra.
"Sei solo un disgraziato. Un inetto! Un fottuto IDIOTA!" Aveva continuato a sbraitare Carter, venendo come una furia nella mia direzione. "Ma guardati! Il Giustiziere! Che cosa ti avevo detto riguardo all'uccidere i tuoi simili?" Mi aveva afferrato per i capelli, strattonandomi la testa all'indietro, costringendomi a guardarlo nelle iridi corvine. "Tu, piccola, insignificante creatura..." aveva ruggito, lanciandomi con forza a terra.
Mi ero rialzato con fatica, sotto il peso della terribile conferma che mi era appena giunta.
"TUTTI sanno quando muore un vampiro, specie se ucciso da uno dei nostri."
Il suo tono di voce era terribilmente cupo.
"Ora, Reiko..." aveva espirato, passandosi le mani sulla faccia. "... Che cosa dovrei fare con te?"
Mi aveva guardato in modo significativo, facendomi intuire che la sua era solo una domanda retorica. Aveva già deciso del mio destino, e nelle mie attuali condizioni non avrei potuto fare niente per fermarlo.
'Carter...' lo avevo chiamato nella mente, impossibilitato a farlo con la voce.
"Non parlarmi nella testa!" Mi aveva ammonito, roteando un braccio nell'aria.
Di nuovo, si era avvicinato a dove giacevo, inginocchiandosi di fronte a me. Era rimasto in quella posizione per un tempo infinito, costringendomi a usare la mia empatia per spezzare quegli attimi di feroce terrore.
Tuttavia, il suo cuore era chiuso. Non potevo leggere niente.
"Sei un reietto." Aveva detto infine, rompendo il silenzio in cui eravamo caduti. "Lo capisci questo? Ormai non appartieni più a nessuno dei due mondi, né a questo, né a quello umano."
Avevo chiuso le palpebre, distrutto, annuendo vagamente. Avevo fatto un casino, un casino immane.
"Ovunque andassi, dovresti sempre guardarti le spalle. Non avresti più pace."
Di nuovo, avevo annuito, respirando con forza attraverso il naso: il dolore si stava accentuando, e non solo dove ero stato ferito.
"Quindi, non c'è che una cosa da fare..." aveva sussurrato quasi tristemente, fissandomi con aria indecifrabile ma decisa.
Avevo sbarrato gli occhi, sollevandomi di scatto dal suolo, afferrando Carter per il bavero del suo cappotto, piantandogli le mie pupille brunastre nelle sue, tra il minaccioso e l'inquisitorio.
Lui mi aveva osservato indietro senza battere ciglio, quindi, lentamente e senza sforzo apparente, aveva staccato le mie dita artigliate al suo cappotto e le aveva ripiegate al suolo come due fuscelli.
'Carter...'
"No. Non c'è più molto tempo, ormai saranno vicini."
Ero rimasto a guardarlo impietrito, non credendo a quello che stava accadendo.
Stava per uccidermi di nuovo? Era questa la mia fine?
Sotto il mio sguardo attonito, Carter si era portato il polso alle labbra, incidendosi la vena, poi me l'aveva offerta, risvegliando i miei sensi sovrannaturali come una doccia gelata. Doveva essersi appena nutrito, a differenza di me, che non lo facevo da giorni: l'odore del sangue umano rubato che scorreva dentro di lui era pungente e penetrante, fresco...
Senza nemmeno comprendere i miei movimenti, avevo chiuso le mie labbra su di lui, succhiando tutto quello che aveva da darmi. Carter aveva mandato un vago gemito, annegando nell'estasi.
Aveva parlato, e le sue parole mi erano giunte attutite, come attraverso una cortina di nebbia: "Non potevi andare molto lontano nelle tue condizioni... questo dovrebbe aiutarti." Aveva sospirato, giocherellando distrattamente con i miei capelli.
'Credevo volessi uccidermi...' avevo alzato un sopracciglio eloquente, guardandolo di sbieco per un secondo.
"Non essere ridicolo." Aveva ridacchiato, ansimando leggermente. Lo stavo indebolendo, stavo prendendo troppo da lui.
Avevo ritratto le zanne, mormorando di compiacimento: il sangue si era diffuso rapidamente nel mio corpo, riscaldandolo, concentrandosi dove il dolore pulsava con maggior forza, sulla gola.
Le ossa e la cartilagine si erano miracolosamente riposizionate, liberandomi le vie respiratorie in modo confortante.
"Incredibile" avevo sussurrato, sorpreso al suono della mia stessa voce, mentre un leggero bruciore mi si propagava ancora nella trachea.
"Il sangue, il nutrimento, velocizzano le nostre capacità curative, specie se donato da un non morto più potente." Aveva sogghignato, in un minuto di autocompiacimento. "Tuttavia, te ne occorrerà di tempo, per guarire."
"Già..." avevo abbassato le spalle, pensando distrattamente all'occhio sfregiato di Jesse.
"Adesso dobbiamo andare." Aveva annunciato, alzandosi con leggero sforzo in piedi.
"Cosa? Dove?!" Avevo domandato confuso.
"Zitto, risparmia la voce. Solo perché hai preso il sangue non significa affatto che tu sia guarito." Mi aveva toccato significativamente il pomo d'adamo, facendomi trasalire per il dolore.
"Ma dove..."
"Ssh. Ascolta: tutta la comunità dei Nightcreepers è sulle tue tracce da diversi giorni, ormai. Non possiamo restare qui, né tu, che sei colpevole di aver commesso il crimine peggiore del nostro mondo, né io, che ti ho reso un non-morto e che avrei dovuto vigilare sul tuo comportamento."
"E allora cosa..."
"Ce ne andremo molto lontano, tanto per cominciare e..." si era ammutolito di colpo, voltando di scatto la testa, come se avesse sentito improvvisamente un rumore lontano. "Dannazione." Aveva scoperto i denti in un ringhio silenzioso.
D'un tratto, l'avevo avvertita anche io: una presenza, no, non una, due, in avvicinamento.
"Andiamo" aveva ordinato Carter, voltandosi per andarsene, ma due occhi rossi e maligni erano spuntati alle sue spalle, impedendogli il cammino.
Il moro era rimasto impietrito per mezzo secondo, fissando con distacco l'ombra scura che si trovava di fronte a lui.
"Levati di mezzo!" Aveva quindi sibilato, stringendo gli occhi in due fessure scure.
La figura aveva soffiato rabbiosa in risposta, mentre dietro di lei si erano manifestati altri due luminosi puntini vermigli, più in alto di almeno mezzo metro.
"Toglierci di mezzo?" Aveva tuonato il losco individuo. "Io non credo proprio."
Il sangue che avevo preso da Carter mi si era agghiacciato all'istante nel sistema circolatorio: quel boato ostile mi era ben noto, era la voce di...
"Trevor" aveva mugugnato Carter, precedendo il mio pensiero.
L'alto vampiro era uscito sotto la luce del lampione in tutta la su bruttezza, e forse era anche peggio dell'ultima volta che lo avevo visto, quando gli avevo promesso la testa di Carter (o la mia, in caso di fallimento).
"Che CAZZO hai fatto?" Aveva ruggito il mostro in questione, in direzione del mio compagno, lampeggiando dalle iridi color cremisi.
Carter, sorprendentemente, non aveva battuto ciglio. Era la prima volta che li vedevo insieme, uno di fronte all'altro, che si davano battaglia.
A causa mia.
Nel frattempo, Jesse aveva fatto il suo ingresso nella luce, rivelando i suoi occhi di colore diverso, uno azzurro e l'altro violetto: su quest'ultimo spiccava ancora, anche se molto più lieve e non più slabbrata, la cicatrice che si era procurato lanciandosi da un palazzo per sfuggirmi.
"Si può sapere che cazzo passa per quella tua testa vuota?" Aveva continuato l'armadio, avanzando su Carter come un toro infuriato, piantandosi a pochi centimetri dal suo naso.
Di nuovo, l'altro non lo aveva degnato di una risposta, restando fermo a fissarlo, impassibile.
"Avete fatto un casino" si era intromesso Jesse, aggirandomi con uno sguardo di disprezzo e andando a posizionarsi al fianco del suo amante. "Tu..." aveva corrucciato la fronte rivolgendosi a Carter. "... Lo hai trasformato! Un ammazzavampiri! Ma a che diavolo stavi pensando? A meno che..." aveva abbassato maliziosamente le palpebre "... non stessi seguendo il cavallo dei tuoi pantaloni." Aveva ammiccato in maniera oscena, facendomi accapponare la pelle e rivoltare lo stomaco.
Carter aveva soffiato dal naso, un ghigno di compatimento stampato su tutta la sua faccia.
"E tu..." aveva proseguito il biondo, mettendomi nel centro del suo mirino. "...Sei patetico! Ci avevi promesso la sua testa, e cosa hai fatto? Ti sei fatto uccidere! Stupido! Dimmi, cosa credevi di fare, diventando un vampiro? Di potertene andare tranquillamente a spasso a impalare altri della tua stessa razza o a farli lanciare dalle finestre come hai fatto con ME?" Aveva scosso più volte la testa, gesticolando in maniera teatrale.
"Jesse, sei un povero idiota." Aveva commentato Carter, lo spregio chiaro e limpido nella sua voce.
Il biondo lo aveva guardato tra l'incredulo e l'inferocito, prima di sibilare minaccioso come una vipera e fare due passi nella sua direzione.
"Fermo" lo aveva placcato senza nemmeno troppa convinzione Trevor, pur sapendo che Carter, se lo avesse avuto a tiro, ne avrebbe fatto polpette.
"Bravo, tieni quella tua lingua infida chiusa tra i denti." Aveva ringhiato quest'ultimo di rimando, mettendosi al mio fianco, lanciandomi una strana occhiata di sottecchi. Qualcosa non andava, ma con tutte le emozioni che turbinavano in lui, era piuttosto difficile capire di che cosa si trattasse.
"Carter, stai zitto, hai già combinato abbastanza guai." Trevor gli aveva piantato le sue innaturali pupille addosso, fissandolo a lungo in silenzio.
Carter aveva risposto allo sguardo, alzando il mento con aria di sfida, e così erano rimasti per almeno cinque minuti, mentre Jesse li guardava contorcendosi come un verme, irritato in maniera evidente dalla situazione.
"Non metterti sulla mia strada, Trevor." Aveva detto infine il mio inaspettato compagno, prendendo la sua peggiore aria di sfida.
Trevor aveva ridacchiato in modo spregevole, abbassando gli occhi per due secondi al pavimento, prima di riportarli, deridenti, su di noi.
"Non puoi sfuggirmi, lo sai. E tanto perchè tu lo sappia, il tuo 'amichetto', qui, mi aveva fatto una promessa, ma a quanto pare non l'ha mantenuta. Non solo, ma non ha nemmeno fatto in modo di consegnarmi la sua testa come era nei patti, perciò, credo proprio di avere un conto aperto con lui." Aveva sorriso truce, occhieggiandomi in maniera sconcertante.
"Trevor" aveva iniziato Carter, ma Jesse, stanco della poca considerazione che il suo amante gli stava rivolgendo, lo aveva interrotto a metà della frase, soffiando:
"Non ci provare nemmeno, punkettaro." Aveva digrignato i denti, facendo vagamente schioccare la lingua. "Il tuo 'fidanzato' ci ha preso per il culo... quindi adesso la deve PAGARE." Aveva voltato due iridi fosche su di me, facendomi deglutire dolorosamente.
"Jesse, lascia che parli io." Aveva grugnito secco l'alto vampiro dal fondo, irritato dalla arroganza di quel nanerottolo bastardo.
"Trevor, Reiko non è affar tuo. Se è venuto da te, è stato solo per rintracciarmi; l'unico conto aperto, qui, è quello fra noi due." Aveva indicato Carter, con un cenno del capo nella mia direzione.
Per tutta risposta, l'armadio scuro si era mosso, andandosi a piantare a pochi millimetri dalla sua faccia bianca, sbuffando aria dalle narici come un toro.
"Oh, e invece sai perfettamente che è anche affare MIO..." aveva grugnito, riducendo la voce ad un roco sussurro, le cupe pupille in quelle buie del mio creatore.
"Sai cosa intendo." Si era morso leggermente il labbro inferiore, in una tragica parodia di innocenza, quindi si era sporto languidamente verso l'orecchio destro di Carter, dove aveva mormorato :
"Mi hai battuto sul tempo, complimenti. Hai ancora ottimi gusti."
A quella frase, avevo strabuzzato gli occhi, non comprendendo bene del tutto che cosa intendesse dire quell'alto bastardo con quel....tono.
Carter aveva vagamente 'sorriso', reggendo lo sguardo volgare e allusivo di Trevor con un'aria di vago compatimento (o forse era compiacimento?) sul viso.
"Vorrei tanto poterti dire lo stesso..." aveva ribattuto, ammiccando in direzione del rettile alle sue spalle.
Jesse a quel punto, forse più stupito di me dal comportamento di entrambi, era saltato in aria come una cavalletta, abbattendo un pesante manrovescio sul viso di Carter.
Trevor, sorprendentemente, si era girato di scatto verso il biondo, piantandogli a sua volta un rabbioso ceffone sulla guancia sinistra.
"Non osare mai più fare una cosa del genere, Jesse." Aveva ringhiato, ricomponendo a fatica tutta la sua pessima persona.
Il ragazzo lo aveva fissato indietro livido di rabbia, pronto a saltargli alla gola in qualsiasi istante, quando tutti e quattro, di colpo, ci eravamo raggelati, avvertendo una sensazione di feroce minaccia nell'aria.
"Altri vampiri." Aveva annunciato Jesse come uno stupido, mentre Carter, al mio fianco, mi aveva afferrato la mano in una morsa, sussurrando:
"Sono molti. Troppi."
"Già, e stanno venendo a prendervi." Aveva concluso il moro dagli occhi sanguinolenti, un'aria di scherno sulla sua brutta faccia.
'Merda!' Avevo inveito mentalmente, trasmettendo involontariamente il mio pensiero a Carter.
"Andiamo, Jesse." Stava intanto ordinando Trevor, voltandoci irridente le spalle.
"Cosa?!" Aveva gridato incredulo quello, montando su tutte le furie. "Non abbiamo nemmeno...."
"Non sfidarmi, Jesse." Aveva ribattuto il pessimo individuo in tono piatto, un tono che non ammetteva repliche. "E poi, non vorrei essere qui tra due minuti, al loro posto." Aveva sghignazzato bieco. "Se ne occuperanno gli altri."
Detto questo, si era mosso rapidamente verso lo sbocco del vicolo sulla strada principale, dove, in mezzo alle altre persone, non lo avrebbe notato praticamente nessuno.
Jesse lo aveva fissato per un attimo, incerto sul da farsi, spostando gli occhi eterozigoti da noi alla sua schiena, evidentemente in disaccordo con il suo compagno.
Trevor aveva fatto una pausa secca nel suo cammino, senza voltarsi indietro a guardarci.
"Schioda quelle chiappe sode di lì, Jesse, se non vuoi che questa sia la tua ultima notte." Aveva intimato, la sua voce vibrante di collera come raramente l'avevo sentita.
Il vampiro più giovane aveva corrucciato la fronte e atteggiato le labbra in una ridicola piega all'ingiù, in una sottospecie di espressione contrariata, tuttavia, pur contro la sua volontà, aveva serrato con violenza i pugni, fino a far sbiancare le nocche, incidendosi con le unghie i palmi cerei, e si era mosso fino a raggiungerlo, lanciandoci un ultimo sguardo assassino di pura insoddisfazione.
Avesse potuto, ci avrebbe distrutti con le sue mani.
Una volta spariti i due vampiri nella notte, mi ero girato verso Carter, interrogativo.
"Dobbiamo andarcene. Di corsa." Aveva urlato lui, afferrandomi per il braccio e trascinandomi dalla parte opposta del vicolo, dove aveva nascosto la mia macchina.
Una volta a bordo, aveva dato gas e lanciato la Land Rover nel buio invernale, facendo slittare più volte le ruote prive di catene sul ghiaccio lungo le strade.
"Non è esattamente il mezzo più adatto per una fuga, ma non essendo tu in grado di smaterializzarti o volare...." aveva mormorato, gli occhi fissi sugli ostacoli che aveva di fronte.
Avevo annuito, capendo il suo punto di vista.
'Dove stiamo andando?' Avevo chiesto nella sua mente, guardandomi freneticamente attorno in preda all'ansia.
"Molto lontano." Aveva risposto Carter, svoltando verso quella che sembrava la strada per l'aeroporto. "Non possiamo più rimanere qui. Dovremo fare molta attenzione sempre e comunque, ma, per cominciare...." aveva fatto una pausa a uno stop, per guardarmi un istante negli occhi. "... Dovremo lasciare il paese."

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