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Cielo, mare, sole... ecco che si trovava di nuovo lì.
Sua madre gli aveva chiesto di non dormire quella notte, se ci fosse riuscito. In effetti, Katsuki non aveva avuto sonno. Però, quell'incontro con Izuku... Quel momento così magnifico e magico, avvolto fra le braccia della notte piena di migliaia di minuscoli punti luminosi nel cielo scuro... quel momento nel quale il tempo era sembrato svanire, era stato meraviglioso.
Aveva visto anche Izuku quel giorno, l'Izuku in carne ed ossa. Si era scusato, e si era pure permesso di poggiare una mano sulla sua guancia. Cosa voleva di più?
La verità era che quell'incontro, divenuto fiabesco solamente alla fine, tardi, facendo sì che Katsuki se ne andasse... voleva continuarlo.
Quella notte, invece di soddisfare i suoi desideri, aveva fatto sprofondare il biondo in un abisso vuoto, mettendogli voglia di vedere ancora il ragazzo adorato, il prima possibile. Nel sogno, voleva portare a compimento tutte quelle cose che avrebbe voluto fare quella sera con l'altro ragazzo, ma che per ovvie ragioni aveva al massimo potuto pensare. Voleva che quell'uscita si trasformasse in un momento speciale, memorabile. Anche se sarebbe stato memorabile solo per lui.
Vide Izuku corrergli incontro.
- Kacchan! - strillò
Il biondo sorrise, sentendo per un attimo una stretta al cuore.
"Non l'ho tradito" si disse poi "lui non esiste, e in più, sono la stessa persona, quindi non provo sentimenti per nessun altro."
Il biondo sospirò, insultando se stesso nella mente. Stava davvero costruendo scuse per difendere sé stesso, nella sua testa?
Sorrise, beffandosi di sé, poi chiese:
- ti sono mancato? -

Izuku ci pensò un attimo.
- Sì e no - rispose

- Eh? Cosa vorresti dire?! -

Izuku scoppiò in una risata e, ignorando le parole del biondo, si strinse al suo petto.
- sai - pronunciò piano - oggi sono successe delle cose strane, che... mi hanno messo ancora più voglia di vederti. -
Il biondo espirò e sorrise dolcemente.
- che coincidenza. - cinse la schiena del fidanzato - anche a me. -

Izuku sorrise e si beò del calore di quell'abbraccio ancora per un po'. Quando decise di scioglierlo, guardò negli occhi il ragazzo dinanzi e gli prese la mano.
- Dove andiamo? - domandò Katsuki, sentendosi trascinare.
- in un'area vuota - fu la risposta di Izuku. - ho voglia... di vedere le stelle. -

Katsuki fu sorpreso dalle parole del più giovane.
- anche io. - disse - Stasera... volevo proprio vederle con te. -
Sorrise poi, scuotendo il capo. Per un attimo, aveva pensato che quel giovane frutto della sua mente potesse essere il suo vero amorevole e dolce Izuku, che, come lui, quella notte sperava di continuare ciò che avevano poco prima interrotto.
Si ricordò poi che quel lucido sogno era una malsana formazione di desideri e ricordi all'interno della sua mente, rendendo in questo modo ovvio che i desideri di Katsuki si ripercorressero in quelli di Izuku.
"Che stupido." Si disse "anche se è stato solo un secondo."

- Arrivati! - esultò il più basso, portando l'attenzione su di sé - che ne dici di un bosco stellato, illuminato dalla luce della Luna?

- È perfetto. - confermò Katsuki, sempre sorridente, con l'immagine del bosco nel parco quella sera, che sapeva essere lo stesso bosco di cui Izuku parlava.
Improvvisamente, l'Izuku Midoriya appartenente a quel mondo incantato, parve perdere di significato.
Il ragazzo, per un attimo, apparve davanti agli occhi di Katsuki come una sua copia diversa d'immagine, ma con ogni idea e pensiero identici ai suoi.
Volle scacciare quel pensiero. Quell'Izuku era l'unica cosa che aveva ora, e non voleva perderla. Gli aveva detto che sarebbe voluto rimanere lì con lui per sempre, e ora pensava a questo? Voleva smentirsi in qualche modo, dire a sé stesso che quel dolce e premuroso Izuku era come quello della realtà, e non come sé stesso, ma non ne trovava il modo.
Osservò Izuku creare il cielo, la collina e un piccolo bosco attorno ad essa. Era bellissimo come tutto poteva materializzarsi davanti ai loro occhi così, dal niente. Quell'espressione concentrata sul volto di Izuku suscitava in lui delle risa, deconcentrandolo per qualche secondo dai suoi brutti pensieri. Tornò in sé quando volse lo sguardo alla mano destra di Izuku. Seguì con gli occhi il filo, fino a scorgere la propria mano. Tirò indietro il braccio, notando che il filo faceva più fatica ad allungarsi del solito.
"Sarà per tutti quei nodi" si disse, riportando lo sguardo sullo stesso tragitto percorso poco prima. In effetti, ce ne erano molti di più della volta prima, e il filo era molto meno elastico.
"In effetti, siamo molto più legati."
Quando ebbe finito, Izuku chiamò Katsuki a sedersi vicino a lui sulla collina del parco.
Circondati dell'oscurità del cielo blu, illuminato dai milioni di punti stellati con la luna che vegliava su di loro, i ragazzi, sulla collina, stringevano ora la mano.
- che bello. - pronunciò a bassa voce Katsuki.
- già. - rispose Izuku. "Proprio come stanotte"
Katsuki sospirò, attirando l'attenzione di Izuku.
- Kacchan, - lo chiamò - c'è qualcosa che non va? -
-no, no... - rispose il biondo - solo che da prima c'è un pensiero che continua a girare nella mia testa, ma niente di che, non preoccuparti. -
Izuku piegò il capo.
- Se non vuoi dirmelo, va bene, non voglio obbligarti. Sappi però che di me ti puoi fidare. -
"Certo che mi posso fidare, sei me."
Fece una smorfia, per scacciare ancora una volta quelle parole dalla sua testa.
- forse mi sento soltanto solo. - disse, dopo un altro sospiro. - Scusami, so che è brutto da dire quando si è in compagnia. -
- no, no, non c'è niente di sbagliato nel dire la verità - lo tranquillizzò l'altro - e poi, anche io spesso mi sento solo in compagnia. - Sorrise, volgendo lo sguardo al cielo.
- Guarda, - disse, puntando il dito in alto. - possiamo dire che siamo come le stelle. -
- cosa intendi? - domandò Katsuki.
Il fidanzato continuò:
- Se le vedi da qui, le stelle sembrano tutte vicine, mentre sappiamo che sono distanti anni luce l'una dall'altra. -
Izuku posò lo sguardo nuovamente sulle rosse iridi del fidanzato, accogliendo una delle sue mani fra le proprie, accarezzandola sul verde prato della collina.
- Quando siamo in compagnia, anche noi siamo vicini come le stelle. Nessuno sa però che, per qualsiasi motivo, possiamo sentirci lontani gli uni dagli altri, finendo col sentirci soli. -
Katsuki gli sorrise dolcemente.
- Hai ragione. - disse, avvicinandosi al volto dell'altro. - Grazie. - lo baciò sulle labbra.
Izuku arrossì, poi chiuse gli occhi.
Katsuki non aveva più dubbi.
Lui, Katsuki Bakugo, pensare ad una metafora tra la solitudine e le stelle quando sapeva a malapena come parlare la propria lingua?
Izuku gli aveva dato una certezza:
Quella, sicuro, non poteva essere una copia di Kacchan.

The Red StringDove le storie prendono vita. Scoprilo ora