Capitolo 23

1.4K 64 3
                                    

Le vacanze sono passate e come sempre è stato bello passare del tempo a casa, in questi giorni ci siamo sentiti per gli auguri e per raccontarci un po' di novità, il nostro sembra un rapporto abbastanza civile ma mentirei a me stessa se dicessi che non mi manca.

Mi manca tutto.

Mi mancano le nostre cene e le colazioni della domenica mattina, mi mancano i nostri giri al supermercato e qualche volte quelli in città, mi manca guardare le partite con lui in TV.

Mi manca tutto.

Però ora sono qui, pronta per questa nuova avventura in una città decisamente meno fredda di Londra.

Sono passati quasi 15 giorni e mi sono ambientata molto bene, a lavoro i colleghi sono tutti gentilissimi e come me ci sono due ragazzi in trasferta che abitano nel mio stesso palazzo. Abbiamo fatto amicizia e spesso ci invitiamo a vicenda per farci compagnia. Avendo molto tempo libero post lavoro mi sono inscritta ad un corso di spagnolo così per imparare la lingua. Con Jorge ci sentiamo ogni venerdì, è diventata la nostra routine, io gli racconto della mia settimana e gli faccio l'imbocca al lupo per la partita del fine settimana e lui mi racconta degli allenamenti e se ha provato qualche ricetta nuova. Nessuno dei due però accenna mai a rivederci.

*qualche mese dopo*

Passeggiando per la città mi sono imbattuta in un cartello pubblicitario per la prossima partita di Champions e capisco subito che lui verrà qui. Non mi ha scritto nulla e quindi intuisco che forse non vuole farmi sapere nulla. Mentre sono in pausa pranzo vado a vedere se ci son ancora biglietti disponibili e mi accorgo che ne sono rimasti meno di una decina, prima di acquistarne uno il mio collega Andrew si avvicina

"Ti piace il calcio?"

"Non esattamente, a Londra andavo spesso a vedere le partite e mi era tornata la voglia"

"Ti va se ti faccio compagnia? Volevo prendere i biglietti ma da solo non mi va di andare"

"Si certo, li prendo subito allora"

e cosi ne acquisto due.

La partita si sarebbe giocata tra 20 giorni, di mercoledì sera cosi con Andrew eravamo d'accordo per uscire insieme da lavoro, prendere due panini e mangiarli allo stadio prima dell'inizio della partita. Quella mattina prima di andare a lavoro mi ero portata uno zaino con un cambio per la serata e siccome non mi ero decisa avevo portato due magliette, tra cui la sua. Sapevo bene che con la sua maglietta sai stata fin troppo visibile ma non avevo deciso se volevo o meno farmi notare. Era da marzo che si sentivamo più raramente, sapevo che i suoi impegni erano tanti ma quella sarebbe stata una bella occasione per vederci eppure non mi era arrivato nessun messaggio e la cosa mi faceva stare male. Alla fine decido di mettere la famosa maglia e quando esco dall'ufficio più di una testa si è girata nella mia direzione.

"Non ti facevo tifosa del Chelsea?"

"Non sono tifosa, ma è un regalo da parte di una persona importante e mi sembrava il caso di indossarla"

"Ti sta molto bene"

"Grazie"

E per fortuna Andrew decide di non indagare oltre. Tra i tanti colleghi è quello con cui ho legato di più, è sempre stato molto gentile e sempre disponibile anche se a volte quando nessuno lo guarda ha una certa malinconia negli occhi.

Dopo aver preso i panini, cerchiamo di entrare e appena troviamo i nostri posti mi accorgo che Jorge mi vedrà sicuramente, non solo siamo in terza fila ma anche vicinissimi alla sua panchina.

In un primo momento rischio di avere un attacco di panico, ma cerco di riprendermi e di focalizzarmi su Andrew e non pensare a tutte le persone che osservano la mia maglietta.

"Forse ho sbagliato maglietta" dico più a me stessa che a lui

"No, aspetta il calcio d'inizio e ti ignoreranno"

"Nella peggiore delle ipotesi metto il giubbotto"

"Così muori pure dal caldo"

Per fortuna lui mi faceva ridere e così iniziamo a parlare e senza accorgercene la partita inizia e lo vedo.

Rivedere una persona con la quale si ha condiviso tanto non è mai facile, non si sentono le farfalle nello stomaco, si sente un vuoto anche perché nel mio caso volevo dirgli tanto ma non potevo.

"è lui vero? La persona del regalo?"

Sentendo quelle domande non sapevo come rispondere, così lui continua

"L'ho capito dal tuo sguardo, sei cambiata d'improvviso"

"è una storia lunga e non voglio rovinarti la partita"

"Quando vuoi sono pronto ad ascoltare"

E detto questo ci guardiamo il primo tempo in silenzio, o almeno per gli standard di uno stadio.

Durante l'intervallo ci prendiamo due birre e forse per l'alcol forse per la stanchezza gli racconto tutta la storia.

"Perché non lo aspetti post partita?"

"Perché sicuramente non mi vuole vedere, non mi ha neanche detto della partita"

"Forse aspettava un tuo messaggio"

"Forse, ma non mi va di attenderlo o di disturbarlo"

Finita la partita aspettiamo un po' prima di uscire e in quel frangente una parte di me sperava in un messaggio o che lui si riaffacciasse in campo per salutarmi, mi aveva sicuramente vista ma evidentemente non voleva salutarmi.

Arrivata a casa gli scrissi un messaggio congratulandomi per la bella partita ma non ebbi mai risposta. 

Ossimoro || JorginhoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora