Capitolo 8. Quando si fa giorno!

6.4K 274 35
                                    

Capitolo 8.

Quando si fa giorno!

Elisea frequentava regolarmente le lezioni, ma il suo status era peggiorato, non parlava con nessuno, rispondeva con cenni, piccoli gesti, ma dalla sua bocca non usciva nemmeno un sospiro, anche quando era con Ashton non proferiva parola, sembrava di vederla pochi anni prima quando Niall l'aveva salvata dall'ospedale psichiatrico. Maki rimaneva interi minuti a fissarla di proposito, sperando che si infastidisse e gli urlasse di smetterla, anche se aveva capito benissimo che Elisea non era il tipo che alzava la voce nemmeno quando serviva. Solo con Michael sembrava in qualche modo più a suo agio, anche se l'unico progresso che aveva avuto era una risposta a monosillabi. I tre ragazzi ritenevano la situazione con Elisea insopportabile, sembrava si fosse isolata, se non era a lezione si rinchiudeva in camera e non entrava in mensa nemmeno con il pensiero, preferiva mangiare in camera ciò che Tristan gentilmente gli portava. Niall era all'oscuro di tutto, Elisea aveva fatto giurare ad Ashton e Tristan di non dire niente a nessuno dei suoi famigliari, altrimenti si sarebbero preoccupati inutilmente; Maki non concordava con la scelta di Ashton, Elisea dormiva pochissimo la notte, quel poco che riusciva era tempestato da incubino di cui la riccia non voleva parlare, perché come sempre l'incubo era uno e reale, cioè la morte di sua madre, che sembrava ogni notte più nitida e spaventosa.

Ormai per Elisea era l'ultimo giorno al college il giorno dopo sarebbe partita con i suoi tutor e suo fratello Noah per il tour promozionale; in parte la ragazza si sentiva sollevata di allontanarsi da quel trambusto di gente, ma sapendo cosa l'aspettava non sapeva cosa temere di più se la scuola, o i fan.

Elisea si dispiaceva nel vedere i suoi nuovi e vecchi amici che tentavano di farla parlare o interagire, capiva la loro preoccupazione, ma lei non se la sentiva, era come se la sua malattia fosse retrocessa al primo stadio, il peggiore di tutti. La riccia non riusciva a parlare neanche da sola, più volte si era messa allo specchio per provare a parlare con se stessa anche solo fare dei versi, ma nulla, dalle sue corde vocali non usciva nulla. In quel momento avrebbe pagato qualsiasi cifra per poter parlare di nuovo, sapeva che qualche seduta dal suo psicologo Brad, ma non c'era e sapeva che per una settimana sarebbe stato irraggiungibile; l'unico di cui poteva in un certo senso "fidarsi" era il professor Claflin, era l'unico che nella sua mente sembrava andargli a genio, ma non sapeva cosa dirgli e soprattutto se sarebbe riuscita a dirglielo. La lezione ormai volgeva al termine; il professore stava assegnando delle ricerche da approfondire sull'icona io di Freud e tutti sembravano presi dalle sue parole fluide e chiare, Elisea era concentrata sul volto dell'uomo, dentro di se si stava preparando psicologicamente a farsi avanti e a rispondere a quella domanda che gli aveva fatto mesi prima.

La campanella suonò di colpo facendo sobbalzare la ragazza che si guardò intorno sentendo il cuore batterle velocemente, tutti i ragazzi e le ragazze si stavano alzando dalle sedie provocando trambusto nell'aula diventata improvvisamente troppo piccola per Elisea; Maki si alzò dalla sedia per sistemare la borsa sulla spalla pronta ad andare a mensa, ormai aveva capito che Elisea non l'avrebbe seguita per il pranzo, quindi se ne andò ricordandogli del loro incontro nella biblioteca verso il tardo pomeriggio come promesso giorni prima; la riccia annuì e rimase seduta al suo posto, mentre anche l'ultimo studente lasciva la sala silenziosa. Il professor Claflin era assorto nelle sue scartoffie tanto da non accorgersi di Elisea, ancora seduta al dio posto, il professore le dava le spalle, mentre metteva i fogli nella borsa in pelle che gli aveva regalato la moglie quando era stato assunto in quel college.

Elisea sentiva la gola pruderle, mentre cercava in tutti i modi di iniziare una conversazione con quell'uomo; silenziosamente si alzò dal suo posto prendendo da terra la borsa, sistemò la stoffa del vestito nervosamente, mentre faceva in modo che le gambe tremanti non la facessero cadere, si appoggiò al banco arrendendosi al fatto che non sarebbe riuscita a fare nemmeno mezzo passo e fece un respiro profondo. Le lacrime le bagnarono il volto, tutto il corpo tremava come una foglia, mentre il pensiero di quello che stava per dire la stava distruggendo ancora e ancora.

Agoraphobia || Ashton IrwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora