Capitolo 4. Compleanno ordinario!

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Capitolo 4.

Compleanno ordinario!

Era ormai il giorno destinato ad arrivare, il silenzio dominava la stradina dove Elisea si era fermata, convinta che nessuno sarebbe passato da quella parte, era un posto tutto per lei, in cui poteva stare tranquilla, senza paparazzi o famigliari. In quei giorni era sempre più chiusa e fredda del solito, non le piaceva tenersi nessuno intorno, perché voleva la sua intimità nonostante per tutti fosse un giorno da festeggiare. Il suo compleanno era una ricorrenza festeggiata da parenti ed estranei, tutti si aspettavano grandi party da parte sua, ma odiava festeggiare quel giorno, anche da piccola non riusciva a farselo piacere. Ogni volta che si sforzava di essere felice si sentiva in colpa per qualcosa che non aveva fatto, ma che era comunque successa. Era dura mantenere il sorriso il giorno del proprio compleanno, quando si aveva la consapevolezza che la propria madre era morta lo stesso giorno tredici anni prima; più il tempo passa più Elisea riusciva a convivere con quella consapevolezza, ma quando si trattava di festeggiamenti, non riusciva a reggere. Le tornava in mente le immagini vivide dell'assassinio di sua madre, come se lo rivivesse ogni anno, cercava in ogni modo di non sentirsi responsabile, ma era più forte di lei, perché per quanto rivivesse quel giorno, per quanto lo ricordasse, non riusciva a carpire il viso di chi l'aveva uccisa, quindi sentiva come se la morte di sua madre fosse rimasta impunita.
Il telefono iniziò a vibrargli, doveva essere Theo, di solito era il primo a fargli gli auguri via messaggio, si svegliava presto apposta quando era piccolo, mentre adesso si limitava a mandargli due messaggi, uno a mezzanotte è uno all'ora della sua nascita, cosa che lei non ricordava, ma che lui è molto altri fan invece sapevano a memoria. Si alzò in piedi sentendo le gambe un po' intorpidite, non aveva molta voglia di spostarsi, per suo padre, la fama e la famiglia aveva rinunciato a tutto ciò che poteva essere una routine o privacy, però almeno per quel giorno, voleva fare a modo suo, con le sue tempistiche e le sue manie. Ogni mattina si alzava presto, senza bisogno di sveglia, non sapeva neanche lei come riusciva a farlo, ma il giorno del suo compleanno si alzava sempre alle sei. Quando si vestiva, si metteva sempre qualcosa di semplice, nulla di scomodo o complicato, quella mattina però, aveva notato una scatola in fondo al suo armadio, una delle tante che conteneva gli oggetti della sua infanzia, dove erano rinchiuse cose di Marika e sue. Elisea si era soffermata a guardare dentro di essa, c'era qualche album, della bigiotteria un po' arrugginita e dei vestiti, tutti molto belli appartenenti a sua madre, ma uno in particolare l'aveva colpita; era completamente nero, la gonna arrivava sopra il ginocchio ed era morbida e larga sui fianchi, mentre si stringeva alla vita e le fasciava il seno in modo che non fosse troppo evidente, la forma smanicata le permetteva di mettere in evidenza alcuni dei tatuaggi che aveva sul braccio. Al contrario del padre amava i tatuaggi, aveva anche imparato a farli, era uno degli hobby che più preferiva; ma quando si trattava di farselo fare, preferiva affidarsi a mani più esperte; ne possedeva più di dieci e non accennava a volersi fermare. Ognuno di essi rappresentava qualcosa che voleva ricordare a vita, che non avrebbe voluto dimenticare anche se faceva male. La ragazza alzò gli occhi al cielo e vide il sole splendere senza ostruzioni, doveva farsi coraggio e assimilare ogni informazione di quel giorno. Come ogni anno, dopo pranzo l'avrebbero portata alla festa nel solito bar di Mullingar dove aveva sempre festeggiato, anche con sua madre, ormai quel luogo aveva un legame fortemente sentimentale ed era irremovibile sul fatto che volesse festeggiare lì il suo compleanno. La sera invece era dedicata a lei, sola e indisturbata, molti anni prima aveva chiesto il permesso a Niall di poter essere autonoma la sera del suo compleanno per poter fare una commissione all'insaputa di tutti. Ogni sera si recava al cimitero, per commemorare la morte della madre, passava in quel luogo ore a piangere, ricordare o semplicemente parlare con Marika di ciò che le era successo in un anno. Nessuno lo sapeva, tranne Niall, Luz e Noah, non voleva che il suo atto d'amore diventasse pubblico è oggetto di compassione o critiche di cui non gliene fregava niente.
Un leggero vento fresco le scompigliò i capelli ricci portandoglieli avanti in modo che la vista venisse ostruita; le piaceva il vento e il rumore che creava quando entrava in contatto con le foglie del parco, creando un rumore rilassante e quasi ipnotico, che la portava a chiudere gli occhi e godersi quei momenti di tranquillità.
Elisea fece qualche passo avanti, evitando la panchina dove si era seduta, raccolse la borsa da terra con un movimento veloce e leggero, per poi sfilare le scarpe e posare i piedi sull'erba morbida e appena tagliata. Posò la borsa vicino al tronco di un albero che si trovava al suo fianco, lei invece si calò in terra lentamente appoggiando le ginocchia sul terriccio. Un'altra leggera folata di vento le investì la pelle bianca un po' bruciata dal sole, aveva la pelle così delicata che anche con un'ora di sole si scottava, per quello preferiva starsene all'ombra o sotto un sole che non bruciasse. Elisea sistemò i capelli all'indietro e si sdraiò completamente sull'erba verde, volgendo così lo sguardo al cielo. Mise le mani sotto la testa incrociò le gambe in modo che la gonna non lasciasse vedere nulla e osservò ciò che in quella posizione poteva scrutare.
Vedeva il cielo azzurro, senza ombre di nuvole, le foglie a malapena si potevano scorgere, mentre si muovevano lente creando un piccolo fruscio che faceva da sottofondo agli uccellini che si trovavano da qualche parte poco lontano da lei. Elisea si sentiva finalmente rilassata, completamente, non stava pensando a nulla, né si preoccupava di qualcosa, era solo una ragazza tra miliardi nel mondo che si era fermata a guardare una delle tante meraviglie del mondo. Dopo qualche minuto chiuse gli occhi, spostando le mani lungo i fianchi e sfiorando con le dita l'erba corta che le solleticava i polpastrelli, trovava quella sensazione rilassante e non capiva che le altre persone non si fermassero ogni tanto a compiere questo piccolo gesto. Dei passi lenti arrivarono verso di lei, ma Elisea non aprì gli occhi, rimase immobile ad ascoltare tutti i rumori che poteva percepire, una figura le coprì il sole, per poi spostarsi quasi immediatamente e sdraiarsi vicino a lei, la persona le prese la mano e la strinse delicatamente senza però muoverla. Riconobbe subito la mano grande, calda e callosa, intrecciarono le dita senza parlare, sul viso le si formò un sorriso timido; riconosceva Ashton dalle mani, perché le stringeva così spesso da conoscerle meglio delle sue. Era l'unico a potersi intromettere, sapeva di dover stare in silenzio e di non fare nulla e a lui andava bene, perché voleva sempre esserci per Elisea.

Agoraphobia || Ashton IrwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora