20. AGLI ORDINI

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Arrivati alla centrale, rimanemmo dieci minuti ad aspettare (esattamente non so cosa). Dopo un po' arrivò l'ispettore.
«Allora ragazzi, mi spiegate il motivo per cui avete chiamato?» il suo sguardo puntò Corinne, che fece scattare l'allarme.
«Vorrei solo dirle che noi non abbiamo fatto nulla.» dissi indicando il mio ragazzo e i miei amici.
L'agente non sapeva se crederci o meno e da lì iniziò un silenzio tombale.

Dopo un paio di minuti, l'ispettore fece entrare ognuno di noi in stanze diverse, per interrogarci e capire i vari punti di vista.
Corinne e Michael aspettavano nella stessa stanza.

Entrai nella mia stanza, spenta e buia. Era deprimente.
In quella stanza, dopo un quarto d'ora, entrò un agente con baffi e capelli brizzolati, si sedette davanti a me con i gomiti sul tavolo, pronto per farmi un interrogatorio, si intravedeva anche la sua pistola nella fondina di cuoio.
«Signorina, come si chiama?» prese un libretto e una penna.
«Joanie Brown.» vidi che cominciò a scrivere, avevo il cuore che batteva sempre più forte. Ero consapevole di non aver fatto nulla, avrei voluto che Brandon fosse stato vicino a me in questo momento.
«Anni?»
«Ho diciassette anni.» dissi, impanicata come la morte. «Signor agente non ho fatto nulla!» cominciai a strofinare le mani sulle gambe.
«Signorina, adesso vedremo cos'è successo, non si preoccupi...» iniziò a fare rumore con la penna che mi dava i nervi.
«Se mi permette vorrei raccontarle subito ciò che é successo.» lo interruppi per chiedergli il permesso.
«Va bene, prego.» aveva un'espressione strana: non capivo cosa provava.
«Eravamo a questa festa, io, il mio ragazzo, la mia migliore amica e il suo ragazzo. Andava tutto bene, ci divertivamo abbastanza, parlavamo e ridevamo come facevamo sempre. Dopo un po' Corinne, la ragazza che vi ha chiamato, ha chiesto al mio ragazzo di seguirlo, insistendo. Così il mio ragazzo la segue e non lo rivedo per un po'. Così io rimango un momento da sola, fino a quando non mi si avvicina Michael, il ragazzo con la camicia bianca, con una faccia un po' strana, quasi da maniaco. Inizia a molestarmi, a toccarmi in posti in cui una donna non dovrebbe essere nemmeno sfiorata.»
«È la prima volta che provava a toccarla?»
«Beh, sì. Ad un'altra festa ha provato a palpeggiarmi.»
«Va bene, continui pure.»
«Poi cerca di baciarmi ovunque. Il mio ragazzo, Brandon, vede cosa sta facendo e corre verso di me per aiutarmi, per far calmare Michael e per farlo staccare da me.»
L'agente annuiva e scriveva, mentre io volevo solo andarmene.
«Va bene, é successo altro?»
In quel momento ero indecisa se raccontargli o meno della rissa, ma alla fine non l'ho fatto.
«No signore, non é successo altro.»

È quasi notte fonda e finalmente l'ispettore ci fece uscire dalle stanze.
«Cosa gli hai detto?» mi chiese Louise a voce bassa.
«La verità. So solo una cosa: me la pagheranno quella troia di Corinne e quel puttaniere di Michael!» avevo uno sguardo furioso.
Da una stanza in fondo, uscirono Corinne, Michael e un altro agente. Corinne stava piangendo, fingendo di essere una vittima, mentre Michael la 'consolava'. Che idioti.
Anche Brandon e Jason uscirono, così mi avvicinai a loro.
«Ragazzi, dove alloggiate? Siete in vacanza, giusto?» ci chiese l'ispettore.
Eravamo tutti in fila, braccia tese e testa alta, sembrava di essere nella Marina Militare.
«Sì, io e il mio amico alloggiamo in un appartamento, la mia ragazza e la sua amica alloggiano in un albergo abbastanza lontano da qui.» rispose Brandon.
«Bene, stanotte resterete qui.»
«Cosa?!» risposi.
«Non può farlo!» dissero Jason e Brandon.
«Credo di conoscere il mio mestiere, so cosa si può o non si può fare.»
«I miei genitori saranno molto preoccupati!» aggiunse Louise.
«Mi dispiace ragazzi. Portali in quella cella, domani mattina chiameremo i loro genitori.» disse l'ispettore Riggs al suo collega.

Corinne era fiera di ciò che aveva fatto. In quel momento avrei avuto voglia di picchiarla o mandarla all'inferno a calci.
Mi sdraiai sul letto affianco a Brandon.
«Io non riesco ancora a crederci!» disse Louise mettendosi le mani nei capelli.
Mi alzai, ero troppo nervosa, per cui cominciai a camminare per tutta la stanza.
«Perché fate così? Non siete contenti?» disse, come se fosse una esperienza piacevole. «Almeno posso passare una notte con Joanie.» disse Michael.
Lo guardai in maniera nervosa.
Si avvicinò, mi prese per il polso e mi guardò negli occhi in maniera maniacale. Voleva baciarmi, si comportava come se Brandon non fosse lì. Io cercai di dimenarmi per spingerlo via. Non ci vidi più, gli tirai uno schiaffone in pieno volto. Successe tutto all'improvviso. Brandon si alzò di colpo, pronto per dargli un pugno, ma io lo fermai.
«Le opzioni sono due: o sei talmente stupido da non renderti conto del perché siamo qui, o semplicemente le vuoi prendere.» disse Brandon.
«Tu... lurido... pezzo di MERDA.» urlai. «Io non ti sopporto più. Ogni volta che ti vedo non mi sento sicura, mi sento in pericolo.» Non trattenni più ciò che avevo dentro. «Non sai cosa si prova. Non puoi saperlo. E come potresti? Sei un uomo. Non puoi capire cosa una donna può provare ogni cazzo di giorno della sua intera vita del cazzo.
È in momenti come questi in cui maledico il mio essere donna; sono questi i momenti che mi fanno pensare di essere solo un oggettino sessuale per voi uomini di MERDA.» ormai nessuno poteva più frenarmi nel parlare. «Non sapete cosa si prova ad essere molestata. Ripetutamente. Non sapete cosa si prova ad avere uno sconosciuto che cerca in tutti i modi di toglierti i vestiti di dosso per poter compiacere i suoi istinti sessuali.
E voglio che tu sappia un'altra cosa: spero che un giorno ti ritrova impasticcato, in una camera d'albergo, con le maniglie ai polsi e con un maniaco che cerca di penetrarti nel culo, solo per farti capire cosa prova una qualsiasi donna nel stare affianco a gente come te.»
Tutti mi fissavano, con occhi sgranati, persino i due idioti che ci avevano portati in quella centrale: le mie guance si bagnavano di lacrime, non riuscivo a respirare. Louise venne verso di me, abbracciandomi.
«Joanie, calmati. Posso capirti...»
«No invece. Non hai mai avuto questo tipo di esperienze.» le dissi, con il fiato mozzato.
«Joanie, guardami un attimo.» la guardo con le lacrime che uscivano a fiotti dai miei occhi. «Cerca di prendere fiato, stai avendo un attacco di panico.»
Non riuscivo a prendere fiato, continuavo ad ansimare. Mi sedetti per terra, con la schiena che poggiava sul muro. Jason, Michael e Corinne erano pietrificati, mentre Louise era davanti a me, che cercava di aiutarmi. Brandon corse subito nella mia direzione, mentre il mio respiro diventava sempre più veloce e rumoroso. Lui mi guardò un attimo negli occhi, continuando a parlarmi.
Io iniziai a pensare, a pensare a qualcosa che mi distraesse.
Pensai a Louise, a tutti i momenti trascorsi insieme, ma nulla.
A Brandon, che mi é sempre stato vicino, ma niente.
A tutte le uscite insieme, noi quattro, ma niente.
Pensai...
Pensai a lei. Pensavo a mamma.
Non so perché, ma pensavo a lei.
Va bene, non mi sono ancora ripresa da quando mi abbandonò. Non sono riuscita a dimenticarmi di lei. Non ci riuscivo, era più forte di me.
Pensavo ai momenti trascorsi insieme, alla mia famiglia al completo, tutti felici e con il sorriso sulle labbra. I miei si amavano, ed io amavo loro, più di qualsiasi altra cosa, prima che tutto ciò andasse in frantumi.

Effettivamente mi calmai. I miei respiri si fecero più calmi e meno rumorosi, i miei polmoni iniziarono a riempirsi d'ossigeno normalmente.
Louise emise un sospiro di sollievo, Jason corse dalla ragazza, ad abbracciarla, poi mi chiese se fosse tutto ok.
«Sì, ora sì.»
Michael e Corinne non potevano muoversi.

Tornammo tutti a dormire, anche se non tutti ci riuscirono.

SPAZIO ALL'AUTRICE
Ehilà, ehilà, ehilà! Ok, la smetto.

Vi piace questo capitolo? Abbiamo introdotto un concetto molto importante, che riguarda soprattutto noi donne, la violenza. Cosa ne pensate a riguardo?

Cosa avreste fatto al posto di Joanie in carcere?
Eh già, Michael è proprio uno sTr0Nz0.

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