Capitolo Sei

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(tw: leggeri riferimenti ad autolesionismo)

***

Louis è debole, perché Harry è strano.

La sera di Halloween e tutto quello che aveva detto Harry erano state una parentesi che nessuno dei due aveva riaperto, per fortuna, anche se Louis, oltre che fissare il piccolo livido sotto la mascella per giorni, è rimasto a rigirarsi su quelle immagini per tutta la notte, mormorando il nome di Harry fino al limite, toccandosi lentamente.

Non ne andava fiero, ma insomma, non aveva iniziato lui. Il problema era che Jude gli aveva chiesto, la mattina dopo, "perché hai detto il nome di Haz, ieri?" e Louis si è strozzato con la sua tazza di thé mentre sua madre inarcava un sopracciglio, ma il castano era stato abbastanza veloce nell'accompagnare Jude all'asilo, quindi tutto okay.

Per qualche minuto, quella sera, aveva avuto un puro blackout in cui Harry avrebbe potuto fare di tutto; era a un passo dal pregare (letteralmente pregare) che le sue mani scendessero o si muovessero o facessero qualsiasi cosa, ma la pressione gentile della sua gamba -Harry era stato gentile nello sfiorarlo, nel baciarlo, nel trattenerlo- l'aveva scosso e l'aveva portato a ragionare.

Poi, lui ed Harry si sono riappacificati dopo giorni di silenzio radio, per quella stupida storia di lui che donava le sue felpe in giro; ancor prima Louis si era svegliato, confuso e con la bocca impastata, steso sul divano, quando era più o meno sicuro di essersi addormentato sulle sue stesse braccia e oh, aveva la giacca di pelle di Harry addosso. Aveva stretto e tirato il tessuto lucido come se potesse scomparire o sfaldarsi, finto e traditore, e invece era proprio lui, profumo speziato e tutto (Louis ha infilato il naso nel colletto e ha inspirato, espirato, inspirato, rimanendo in quella posizione per un paio di minuti, gli occhi socchiusi, decidendo se sfilarsela e lasciare quell'episodio come una cosa tra lui ed Harry o, come se niente fosse, andare dovunque si siano rintanati mentre dormiva e far finta di non averlo addosso. Gli sembra l'opzione migliore.)

Qualche giorno dopo è tutto normale, fumano e Louis ha la felpa nera di Harry, anche se quella ha causato un po' di problemi. Jude lo guarda male tutto il tempo e quando arrivano (sbaglia o Harry apre quando non ha nemmeno finito di suonare, come se fosse sempre dietro la porta?) prende la mano di Harry come una sorta di presa di posizione per la quale il riccio è una sua proprietà privata. Quando quello domanda piano se non ha intenzione di 'salutare Boo', suo fratello risponde stizzito: "Tss. Perché non lo saluti tu?"

Questo perché quella mattina Louis, sfinito nel suo letto tra Harry che preme nei suoi pensieri (eh, magari solo
in quelli), sua sorella, il suo lavoro, il centro di recupero e la sua famiglia in generale, ha sentito un debole, quasi impanicato: "Boo, Boo, non vedo niente- Ahi! Il muro!"

Louis era scattato in piedi, la maglietta salita sullo stomaco, i boxer in disordine e probabilmente da lavare, i piedi nudi nel pieno novembre e i capelli gettati da un lato, piegati dall'altro. Sporgendosi in corridoio, aveva visto la felpa di Harry in piedi, le maniche e il bordo che toccavano terra, il faccino di Jude appena visibile dal cappuccio calato sui suoi occhi. Le braccia si erano alzate, le maniche dondolanti:
"Boo! Non mi va!"

Louis aveva sorriso di riflesso e respirato di sollievo: "Va grande a me, zucchetta. Non penso proprio ti possa andare bene."

"Ma Haz ce l'ha data!"

"Uhm, sì, l'ha data a me."

Una manina era emersa a fatica dalla manica per tirare giù il cappuccio e rivelare gli occhi tempestosi di Jude, le labbra contratte nel fissarlo. "Noi. È nostra."

"Jude, quella felpa è sempre di Harry-"

"Mia."

"Fino a un minuto fa era nostra."

Don't Cast a Spell On Me ||L.S||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora