capitolo 12

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MARTI'S POV
Apro gli occhi e la luce mi trafigge gli occhi, la testa. Sono nella stanza di Cameron, lui è appoggiato contro la porta, lo guardo.
- Ehi - gli dico. Lui scatta verso di me.
- Come ti senti? Stai male? Stai tranquilla, tutto okay?
- Sto bene... sei tu che devi stare tranquillo - mi alzo e vedo che indosso gli stessi vestiti del funerale. -Vado a cambiarmi la maglietta - dico, e lentamente esco dalla stanza per entrare nella mia. Prendo una maglietta nera con uno 'smile' dorato, esco ed entro in bagno, mi lavo e indosso la maglietta con sotto sempre i jeans e le converse nere. Scendo di sotto e trovo mia nonna e Halisia davanti alla porta con le valige.
- Martina prepara le valige che partiamo tra un paio d'ore - mi dice nonna.
- Cosa?E dove andiamo?
- Venite a vivere da me.
-Cosa? - urlo.
- Non alzare la voce e sbrigati.
- Io non vado da nessuna parte - urlo e corro di sopra. Cameron mi blocca e inizio a piangere.
- Piccola vai con loro - mi dice tenendomi per le braccia.
- Stai dalla sua parte - urlo piangendo.
- No... sto dalla nostra parte - mi dice, scandendo "nostra".
- Non ci vado con loro -. Lui mi lascia e corro in camera per chiudermi dentro. La finestra si apre ed entra Cameron, che è passato dal balcone che comunica con la sua stanza.
- Vai fuori! - urlo.
- Ti calmi?! - urla lui, avvicinandosi.
- No! Se tu esci mi calmo, altrimenti non mi calmo.
- Okay... piccola, neanche io voglio che tu te ne vada, ma non puoi rimanere qui... vai con tua nonna, con lei starai meglio, lei ci tiene a te - mi dice inginocchiandosi davanti a me.
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- Non ci voglio andare, voglio stare qui con te. Lì è un mortorio e poi non ho nessuno - mi asciugo le lacrime. - Invece qui ho te, Nash, Hayes, Josh, Justin...
- Lo so piccola, ma loro sono la tua famiglia, devi andare con loro - mi dice sedendosi a gambe incrociate, come in una posizione yoga.
- Ma io... okay, vado con loro. Non voglio lasciare Halisia lì da sola... ma tornerò -. Mi alzo e apro l'armadio per fare le valige.
***
- Ti prometto che ti vengo a prendere un giorno e staremo di nuovo tutti insieme - mi sussurra Cameron asciugandomi le lacrime.
- Ti amo Cam - gli sussurro abbracciandolo.
- Anche io piccola... vai, adesso - mi stacca da lui e mi apre la portiera dell'auto per farmi salire.
- Ciao - salgo in macchina, metto gli auricolari e la nonna parte mentre sventolo la mano per salutare. Mi sistemo sul sedile e mi addormento con la musica nelle orecchie e un peso sullo stomaco.
***
Scendo dall'auto e un labrador mi corre incontro.
- Lui è Jack, è molto affettuoso e un vero giocherellone - dice nonna.
- Qui, Jack, vieni qui - urla mia sorella che scende dalla macchina e inizia ad accarezzare il grande cane davanti a noi. Un uomo anziano esce dal pollaio.
- Nonno - urlo mentre corro ad abbracciarlo.
- Come sei cresciuta! - mi dice sistemandosi i grandi occhiali sul naso. Ha i capelli bianchi come la barba, gli occhi verdi, indossa una camicia a quadri fantasia giallo e verde, i jeans e le calosce marroni. Lui non sa nulla della mamma. Non si parlavano da anni.
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- Già - ridacchio. Prendo le valige dalla macchina e le porto nella camera al piano di sopra, l'unica camera libera che dovrò dividere con Halisia. Un ragazzo esce dal bagno, ha soltanto un asciugamano attorno alla vita, i capelli castani sparati a destra e a sinistra, grandi occhi cerulei, pettorali e addominali scolpiti.
- Ciao - mi saluta.
-... Ciao - lo saluto a mia volta, un po' stupita.
- Tu sei Martina, vero?
-Sì... e tu sei...?
- Alessandro, piacere - mi porge la mano e io la stringo.
- Vado di là a vestirmi... a dopo - entra nella porta accanto e la chiude. Scendo di sotto e finisco di scaricare la macchina.
- Marti - mi chiama nonno.
- Sì - mi avvicino.
-Oggi potresti darmi una mano con l'orto? -
- Certo.
- Grazie, i vestiti da lavoro li trovi nel cassettone del corridoio.
- Okay -. Scarico la macchina e sistemo la nostra camera. Prendo i vestiti nel cassettone come mi ha detto mio nonno e vado in bagno a cambiarmi. Chiudo la porta a chiave e mi tolgo i vestiti che indosso per infilarmi gli altri: leggings neri, una canotta rossa e una camicia a quadri rossi e neri, calosce nere; mi lego i capelli in una coda. Scendo le scale e esco di fuori. Jack corre verso di me e ci gioco un po'. Vado verso l'orto: Alessandro sta aiutando mio nonno. Indossa un jeans lento, una canotta bianca e la camicia a quadri bianchi e neri con le calosce nere. I capelli castani spettinati e i suoi occhi, che splendono, seguono attenti tutti i movimenti di mio nonno. Gira lo sguardo verso di me e, fermandosi, mi sorride.
- Oh Marti vieni - nonno mi chiama. - So che vi siete già conosciuti, Alessandro è il nipote di un mio caro amico, Rino, i genitori hanno dei problemi e così vive da noi e mi ripaga aiutandomi.
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-Ah - dico avvicinandomi, infilo i guanti appesi al recinto e lo aiuto a cogliere le carote. Mi accovaccio a terra e tiro forte, la carota viene via e io cado a terra.
-Vieni - Alessandro ride e mi porge la sua mano, che indossa il guanto, e mi aiuta ad alzarmi. - Le carote non ho mai capito come coglierle senza cadere - mi dice sforzandosi per coglierne una, anche lui capitombola e io rido di gusto visto che non l'ha neanche cavata dal terreno. Mi accovaccio e tiro, ma cado anch'io, solo che stavolta addosso a lui.
- Io dico che quella non si può togliere - ci dice mio nonno venendo verso di noi e ridendo sotto i baffi.
- Lo diciamo anche noi - risponde Alessandro. Ci alziamo da terra.
-Facciamo così - ci propone nonno togliendosi i guanti e appoggiandoli sul recinto. - Ora voi andate dai cavalli e io finisco di sistemare qui.
- Okay - Alessandro si toglie i guanti e mi aspetta.
- Sei sicuro di farcela? - chiedo al nonno.
- Certo... andate dai cavalli, che è con quelli che non ce la faccio - mi dice accendendosi un grande sigaro. Mi tolgo i guanti e andiamo dai cavalli.
- Non passare per il cancello, dobbiamo scavalcare - mi dice Alessandro saltando oltre il recinto.
- Ah, se lo dici tu - sussurro scavalcando a mia volta.
- Lei è Stella, lui Flash e lei Yana - mi spiega entrando nella stalla. Quando venivo io, da piccola, mio nonno aveva soltanto un cavallo: Fulmine. Nero e con una macchia bianca su un occhio. Era stupendo.
- Vieni - apre un cancello e entra. Entro anch'io. Vedo subito un cavallo bianco con una chiazza nera su una zampa.
- Sai cavalcare? - mi chiede lui.
-... Anche no -, ridacchio.
- Dai - prende la sella e la sistema sul cavallo, gli lega le brighe e lo porta fuori. Monta su di lui e mi porge la mano.
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- Che cavolo, ci sono io apposta! - mi dice. Afferro la sua mano e salto sul cavallo.
- Vai Flash - lo incita. Il cavallo inizia a trottare, è bellissimo, è bellissimo stare qui... ma mi manca lui.

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