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11. match passionale
Parole: 1090

"Bene ragazzi, ci vediamo" poco dopo l'entrata un po' impacciata del biondo nella casa delle due, la bionda di dileguò

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"Bene ragazzi, ci vediamo" poco dopo l'entrata un po' impacciata del biondo nella casa delle due, la bionda di dileguò. L'aveva già programmato, insieme a Theresa, che li avrebbe lasciati soli. La casa vuota, loro due chiaramente attratti l'uno dall'altra.

"Come? Dove vai?" Inarcò un sopracciglio, già in panico. La sua amica si infilò la giacca nera, scuotendo le spalle. "Da Franck" uscì senza salutare, sbattendo la porta alle sue spalle, una volta uscita. I due ridacchiarono, dopo qualche secondo passato in assoluto silenzio.

"Beh, ce l'hai della birra?" La guardò sorridendo, ora che erano soli tutta la sua sicurezza era tornata. L'imbarazzo nell'aria era sparito, ora che non c'era più nessuno. La verità era che si trovavano più a loro agio quando erano solo loro due e potevano fare ciò che gli pareva, come si era dimostrato anche quella stessa mattina.

La castana sbuffò, prendendo due bottiglie dal frigorifero e aprendole. Ne passò una al biondo, che stava cercando il canale giusto per la partita. Non era abituato a vederle, di solito le giocava. A quel pensiero, iniziò a muovere nervosamente la gambe, tremava, conseguenza del movimento compulsivo del piede. Non si fermò per i restanti dieci minuti, neanche dopo che la castana ebbe posato una mano sulla sua gamba. Il suo sguardo era fisso sullo schermo, anche mentre poggiava la bottiglia ormai vuota sul tavolino in vetro. Quello della ragazza, invece, era posato su di lui. Non le importava gran che del match in corso, nonostante ci fossero i suoi amici lì dentro. La sua attenzione era completamente catturata dal ragazzo in tuta seduto al suo fianco.

Jorge sbuffò per l'ennesima volta nei primi quindici minuti della partita, vedendo la sua squadra non reagire. Dopo mezz'ora dall'inizio della partita, il risultato era ancora fermo sullo 0-0 e il biondo non accennava a smettere di sbattere il tallone sul parquet. Quando il primo tempo finì, sospirò, nervoso. La sua testa cadde all'indietro, poggiandosi sullo schienale del divano.

Dopo quattro minuti dall'inizio del secondo tempo, però, Thiago fece goal al 49'. Jorge tirò un urlo, facendola quasi spaventare. Si alzò in piedi, improvvisando un balletto di felicità e trascinandola con lui. Ridevano, come due stupidi bambini che si divertivano con poco. Si muovevano scordinatamente, seguendo la musica nelle loro teste. La squadra che festeggiava buttandosi su Silva a fare da sfondo. Quando la partita riprese, si fermarono, risedendosi sul divano. Tornò il silenzio, e tornò a non considerarla. Non ce la faceva più, voleva che la sua attenzione fosse solo su di lei.

"Jorge" lo richiamò piano, sorprendendolo. Non l'aveva mai chiamato così e soprattutto, non l'aveva mai chiamato con quello sguardo. Sembrava lo stesse supplicando, ma di cosa? Voleva che lui la guardasse, la toccasse, la baciasse. Si gettò su di lei, accontentandola. Riversò in quel bacio tutti i sentimenti che stava provando in quel momento. Felicità, ansia, eccitazione.

"Dio, come fai ad essere così bella anche in tuta" sospirò, baciandole il collo. Il suo respiro sulla pelle la fece sussultare. Mentre mille brividi le attraversavano le ossa. Non importava più cosa stesse succedendo sullo schermo, c'erano solo loro. Almeno per qualche minuto. Si spaventarono quando dal televisore provennero nuovamente rumori di festeggiamenti.

Jorge si girò piano, spaventato, aveva paura che fosse il goal dell' 1-1. Ma no, era quello del raddoppio, Kanté aveva segnato al 57', portando la squadra in netto vantaggio. Non gli importava più di nulla, la sua attenzione fu catturata nuovamente dalla ragazza stesa sotto il suo peso. I capelli arruffati, le labbra gonfie, le guance arrossate. Tutto di lei in quel momento era bellissimo, e così dannatamente sensuale.

"Non staccarti mai" sospirò lei, sotto le labbra del ragazzo. Passavano dalla sua bocca, alla sua mandibola, per finire sul collo scoperto. Fissò lo sguardo sulle clavicole esposte dalla canottiera leggera, se non fosse stato per lui, starebbe sicuramente congelando. Ma ci pensava lui a riscaldarla, a suo modo. Le lasciò qualche dolce bacio sulle ossa sporgenti, facendole alzare il mento per il piacere. Un mugugno lasciò le labbra della ragazza, che sospirò, mentre l'altro non la lasciava respirare.

La sua mano si posò sul collo della castana, dolcemente, in segno di possesso. Ciò la fece impazzire, e un gemito lasciò le labbra gonfie, facendolo sorridere sulla sua pelle. L'altra mano andò sotto la maglia, alzandola piano, così che potesse baciare i suoi fianchi, il ventre, le costole. I baci salivano lentamente, tanto che lei trattenne il respiro, trasportata dal momento.

Arrivato poco sotto il suo seno, si fermò, guardandola. Non voleva approvazione, sapeva che l'avrebbe avuta. Voleva fermarsi lì, perché era troppo presto. Perché lei era importante, non era come le altre. Non voleva andarci a letto, per poi affrettare e rovinare ogni cosa, come sempre. Con la sua ex era successo così, ed era per questo che era finita dopo poco. Poco, relativamente. Abbastanza perché lei potesse partorire due gemelli e poi andarsene, lasciandoli a lui. Aveva ventiquattro anni quando si era ritrovato due figli e nessuno che lo aiutasse. Scosse la testa, distogliendosi da quei pensieri. Sapeva che doveva dirlo a Clare, che se l'avesse scoperto in un altro modo avrebbe frainteso e tutto sarebbe andato per il peggio.

Si alzò dal suo corpo, trascinandola su con lui. I ripetuti fischi dell'arbitro, che segnavano la fine della partita, fecero portare a entrambi lo sguardo sulla tv. Non sapevano quando, ne come, ma il risultato si era spostato sul 3-0, concludendosi con la vittoria della loro squadra.

Si alzò, contento, portandola in piedi a sua volta. "Dobbiamo festeggiare!" Ride, trascinandola verso l' entrata, le passò le scarpe, infilandosi le sue. "Usciamo!" Lei lo guardò scioccata, erano circa le sette e mezzo. Fuori faceva un freddo becco, se ne accorse subito quando lui la trascinò fuori da un braccio.

Il freddo le congelò le braccia, scoperte dall' assenza delle maniche della semplice canottiera. Lui sospirò, guardandola dolce, scusandosi implicitamente con lo sguardo. Nonostante fossero seduti in macchina, e il riscaldamento fosse al massimo, lei continuava a muovere le sue mani sopra la pelle. Sfregava, cercando di riscaldarsi, invano.

Fortunatamente, sotto era coperta da un pantalone della tuta lungo, imbottito dentro, che le permetteva di rimanere calda almeno nella parte inferiore. Lui le posò la felpa, che prima stava indossando, sulla testa.

Non replicò, la infilò soltanto, cercando di riportare la sua temperatura corporea a una normale. Per fortuna lui sotto indossava persino una maglia a maniche lunghe, che lo avrebbe riscaldato abbastanza da non morire di ipotermia.

Midnight | Jorginho frello Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora