Mason mount, famoso centrocampista del Chelsea, presenta a tutti la sua migliore amica d'infanzia, che per anni aveva tenuto nascosta, cosa succederà?
#6 in Jorginho [20.12.21]
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I giorno passavano in fretta a Portsmouth, o almeno era così per tutti gli altri. A Clare sembrava che il tempo non passasse mai, un mese era durato più dell'ultimo anno, un secondo durava ore, un'ora era infinita. "Tesoro, oggi vieni in negozio?" Suo padre aveva ormai cinquant'anni, era malato, eppure passava tutte le giornate nel negozio di famiglia dove anche Clare era cresciuta. Vendeva dischi, poster, abbigliamento e tutto ciò che potessero riguardare musica di ogni genere. "No, papà, c'è la partita" il padre annuì, sconsolato. Le sembrava che stesse sempre peggio, non importava quanto tempo passava.
Quel giorno si sarebbe disputata Wolverhampton-Chelsea e lei come sempre aveva intenzione di guardarla e tifare per la sua squadra del cuore, per le sue persone preferite. Erano passati quasi tre mesi eppure tutti loro, il centrocampista biondo in particolare, non accennano certo ad uscire dal suo cervello, ne tantomeno dal suo cuore. Le faceva male vedere Mason, o Jorge, o chiunque altro della scuola, i primi piani erano una pugnalata dritta nello stomaco. Soffriva a vedere la storia a bordo campo dei festeggiamenti pubblicate continuamente da Theresa, con cui non aveva più parlato dopo quel giorno.
Si era sentita tradita, da lei come da tutti gli altri: La sua nuova amica di cui si era fidata fin dal primo momento quando, al gala, l'aveva trascinata in giro per la sala senza neanche essersi presentata. Il suo migliore amico che conosceva da quando ancora mangiava la carta e sbagliava a pronunciare Mickey mouse. E infine, non per importanza, il ragazzo a cui stava aprendo il suo cuore per la prima volta dopo l'ultima delusione avuta, durante il college. L'unica con cui ancora si sentita, in cui ancora confidava nonostante tutto, era Alexis, la sua coinquilina, vecchia sarebbe meglio dire, e amica più fidata. La bionda sapeva tutta la storia, la verità, e si sentiva colpevole di aver fatto scappare Clare a gambe levate senza lasciare a nessuno il tempo di spiegare ciò che stava succedendo. Aveva provato più volte a spiegarle tutto, ma erano stati tentativi vani. Non appena veniva tirata fuori quella storia, o il nome di Jorginho veniva nominato, lei staccava la chiamata, oppure la bloccava così che non le si potesse scrivere.
"no! Cazzo" sussurrò una piccola imprecazione, cercando di non farsi sentire da suo padre nell'altra stanza, appena tornato da lavoro. La squadra aveva appena sbagliato l'ennesimo tiro, l'ennesimo tentativo sprecato dall'inizio della partita. Non credevano sarebbe stato così difficile, eppure l'assenza di Mason, per motivi sconosciuti, aveva danneggiato la squadra tanto da portarli a concludere la partita con uno stupido e semplice pareggio, di cui nessuno era soddisfatto. Era preoccupata per il suo amico, nonostante ancora provasse tanta rabbia verso di lui.
La voce di suo padre risuonò forte e possente come al solito, un po' gracchiante per l'età e per le tante sigarette consumate abitualmente. "Oh!Come sei cresciuto" lo sentì borbottare "Clare! Tesoro! Vieni a salutare, non immaginerai neanche chi è venuto a trovarci!" Sbuffò spegnendo la tv, mentre si alzava malvolentieri dal divano morbido. "Ma che bella sorpresa, dai entra che fa freddissimo" ripetè ancora l'uomo, sognante, mentre lo abbracciava, stringendolo tra le sue braccia e colpendogli la schiena con manate forti e decise, quasi a fargli uscire un polmone dalla bocca. "E tu che cazzo ci fai qui?" A lei non serviva certo vederlo in volto per riconoscerlo, era inconfondibile ai suoi occhi, anche a km di distanza, anche con un sacco scuro in testa. "Signorina! Ma che modi sono mai questi? Non ti ho mica cresciuta così!" La rimproverò con sguardo truce, mentre faceva spazio al ragazzo dentro il salone. "Scusala, Mason, sta passando un periodo difficile" gli sorrise dispiaciuto, imbarazzato per l'atteggiamento maleducato della figlia. "Non preoccuparti, Theo, lo so. Sono qui proprio per questo" puntò lo sguardo su di lei, mentre il signore se ne andava in cucina a preparare una spremuta per i due, in piedi vicino alla porta di ingresso, fermi a guardarsi dritto negli occhi. "Devi andartene" sputò fredda. "Non lo farò, Clare, dobbiamo parlare" le sorrise, cercando di addolcirla. "Non ho niente da dirti" tentativo fallito, chiaramente. "Io si" la liquidò. "Siediti, è meglio" le indicò il divano, come fosse casa sua e lui fosse il padrone. "Forse è meglio partire dal principio..."
Mezz'ora dopo, le aveva raccontato tutto. La testa di. Pare stava scoppiando per la confusione, per tutte le notizie apprese in così poco tempo. Troppe informazioni per un cervello umano solo. "Stasera festeggiamo a casa sua, a mezzanotte è il sul compleanno" la informò. "Vorrei che venissi, ne sarebbe davvero felice" Mason voleva ridare il sorriso che aveva perso quando lei l'aveva lasciato, almeno nel giorno del suo compleanno. "Non lo so, Mason" sospirò. "Pensaci, velocemente. Io vado, o farò tardi, ma ti prego riflettici bene" dopo essere passato in cucina a salutare suo padre, Mason se ne andò dalla casa in cui aveva passato metà della sua infanzia, lasciandola sola con i suoi pensieri. Era tormentata, la testa le faceva male.
"Tesoro va tutto bene?" Theo la trovò con la faccia nascosta nel cuscino, come se quel pezzo di cotone potesse proteggerla dalla decisione che doveva prendere. Era un bravo padre, nonostante tutto aveva sempre fatto di tutto per sua figlia, ed era il migliore a capire cosa le passasse in quella testolina castana. "Mh mh" mugugnò poco convinta, il suono fu attutito dalla stoffa nella sua bocca. "Ne vogliamo parlare?" Si sedette vicino a lei, accarezzandole i capelli per farle forza. La giovane donna scosse velocemente la testa. "No" tagliò corto.
Restarono fermi in quella posizione per qualche minuto, nel completo silenzio, si potevano sentire le rotelle di Clare girare a tutta velocità. "Devo partire" scattò a sedere, e subito dopo in piedi. "Mi spiace papà, io-" la fermò subito, con il palmo in bella vista. "Tesoro non sono nato ieri" ridacchiò. "E ho anch'io un telefono, vai pure a riprenderti quel bel ragazzo"
Un'ora dopo si era fatta una doccia e asciugata i capelli a velocità della luce, era ferma in piedi davanti al suo letto, indecisa su quale vestito mettere. Osò, con un vestito nero corto, la stoffa era morbido e lo spacco in mezzo al letto lasciava poco all' immaginazione.
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Dopo poco più di un'ora e mezzo da quell'assurda decisone, era davanti alla macchina per salutare suo padre. Chelsea la stava aspettando e con lei, ciò che le apparteneva.