Capitolo 19: E si Fredda il Sangue in ogni Vena

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Frank aveva ricevuto la lettera di sua madre ed era rimasto letteralmente senza fiato. La madre sembrava veramente senza alcuna pietà, né cuore. Ma era stata la frase finale della lettera a permettergli di non buttarla via. Forse sua madre aveva veramente qualcosa a suo favore da dirgli.

"Che stavi facendo qui? Come osi guardarmi in faccia, mago!"

"Io ... veramente ..."

"No ... non devi scusarti ... ormai non sarà più un problema per me il tuo sguardo ..."

"In che senso?"

"Lo vuoi sapere?"

"Certo"

"Ti sei mai chiesto com'era tuo nonno, Frank?"

"Sempre, nella mia vita"

"Bene ... hai aspettato dodici anni ..."

"Hai aspettato? Perché, cosa c'è adesso?"

"Ti do la possibilità di vederlo, dopo tutti questi anni ..."

"Sì? Come?"

"Lo vuoi sapere?"

"No, no, aspetta, no ..."

"Avada Kedavra!"

Frank Bryce Jr. si svegliò di soprassalto nel suo letto, madido di sudore. Dannati incubi, pensò. Poi, all'improvviso, nella sua testa udì una voce "Gli incubi sono maledetti, eh Bryce? Maledetti, sì, proprio come il tuo buon nonnino Babbano ... non preoccuparti, potrai chiedergli com'è morire, presto, molto presto ..." "Stupidi pensieri da psicotico!", pensò il ragazzo, ma poi si rese conto di sentire dei passi decisi sul pavimento proprio sulla sua testa, vale a dire, la Sala Grande, ad un'ora in cui tutti avrebbero dovuto dormire a Hogwarts. Ed invece, qualcuno c'era ... e veniva proprio verso di lui.

Andromeda era sveglia, e soffiava verso la porta dei dormitori, poi, anche lei, per paura, si accucciò sotto il letto di Frank, che si sporse a salutare (forse per l'ultima volta) due sfere luminose e sinistre nel buio sotto il suo letto. I passi si avvicinavano. Frank prese la bacchetta di pino. "A noi due, Galdrasson". Nel castello dormivano le ombre, anche se, ogni tanto, Frank intravedeva dei misteriosi punti luminosi nel buio "Forse la bacchetta di qualche professore di pattuglia" pensò, anche se gli sembrò abbastanza strano. Non si è detto, ma fino ad allora Frank aveva camminato abbassato, quasi strisciato in certi momenti, ed ogni angolo era un buon punto di osservazione. La notte era senza luna, i grandi finestroni luminosi di vita, ora erano morti e spenti. Frank udì un suono. Era un pianto.

"Sarà un fantasma, perché non è una voce umana ...", pensò il ragazzo, mentre nella sua mente avanzava una visione molto distorta del mondo, oltre al fatto che delle voci che ripetevano: "Galdrasson, Avada Kedavra" erano praticamente entrate nella sua mente, rendendogli anche difficile il pensare. Fece quindi una goffa capriola a terra, dall'ultimo angolo dove si stava nascondendo fino a dove udiva quelle voci ...

Per scoprire che altro non era che il forte lamento del vento in un anfratto vicino uno dei grandi finestroni. Accidenti!

Davanti a lui c'era una porta. "Perché sono qui?", si chiese dunque Frank. "Beh, perché se lui c'è ... tenterò di scappargli ancora!", si rispose. "Ma se lui è qui, vuol dire che tutti gli altri che hanno provato a fermarlo sono ...", pensò Frank, che guardò la sua bacchetta. "Avada Kedavra è la formula, giusto?", si chiese determinato, dimenticandosi di non saper lanciare neanche uno Schiantesimo, prima di aprire la porta dietro la quale ci sarebbe stato il suo nemico.

La stanza era vuota. Si fermò. Era completamente tutto buio. Aveva letto su un libro di sua madre, una volta, una formula ... "Homenum revelio!", esclamò in silenzio Frank. Rimase immobile, mentre il sudore danzava allegro sulla sua faccia. Che cos'avrebbe fatto dopo? Cosa sarebbe successo? Sarebbe veramente riuscito ad uccidere il più grande mago contemporaneo, colui che aveva sconfitto intere scuole di magia, era evaso da decine di carceri e avrebbe potuto farsi sconfiggere da un ragazzino come lui? Frank si toccò la medaglietta di suo nonno. "Mi sa che farò la tua stessa fine. Mi dispiace.". Ma poi si accorse che da un angolo in oscurità, si avvicinava l'ombra di un uomo. "È lui? No, no, non lo è... invece sì! Uccidilo, è lui! No, non puoi ucciderlo così!" erano i pensieri che gli vorticavano in mente. Il cuore batteva all'impazzata, e Frank fu sicuro di sentirsi girare la testa. L'uomo si avvicinava. "Vincent Galdrasson! Perché non ricominciamo come abbiamo iniziato questa nostra amicizia?", mormorò indeciso Frank. "Stupeficium o Avada Kedavra?" erano ora le domande che volteggiavano nervose nella martoriata mente di Frank, che alla fine, scelse il primo. Lo Schiantesimo venne bene (con forte sorpresa di Frank) , anche se Frank non ricordava di aver visto un fascio di luce verdastra l'ultima volta che aveva visto fare uno Schiantesimo, anche perché l'uomo schiantato urlò di dolore e sorpresa. Sorpresa per qualcosa che Frank capì poco dopo. Era stata la sua medaglia ad emettere la luce verdastra, non la bacchetta, che invece aveva lanciato un semplice Schiantesimo. Ma l'urlo non era come la voce di Galdrasson, non come se la ricordava, almeno. L'uomo nello schianto aveva urtato contro una colonna di pietra e pareva morto. "Lumos!", ordinò. Frank notò che l'uomo era caduto di faccia in giù, quindi per identificarlo avrebbe dovuto voltarlo. Tenne la bacchetta pressata sulla sua bocca, in modo che qualsiasi incantesimo avesse voluto pronunciare il losco figuro sarebbe stato fisicamente impedito, poi, con estrema calma, lo voltò. E trovò tre cose veramente inaspettate e sorprendenti. La prima, era che l'uomo non era chi il ragazzo si aspettava di trovare. La seconda, era che in realtà quel poverino era un fattorino postale che consegnava, in gran segreto forse, una lettera che adesso era inevitabilmente finita nelle mani di Frank. La terza novità, era che l'uomo era morto. Frank gli tastò il polso e la giugulare. Non pulsava più vita in quelle vene, eppure la ferita che il fattorino si era procurato battendo la fronte alla colonna non era mortale ... un taglio ed un bernoccolo sopra lo zigomo non hanno mai ucciso nessuno, pensò Frank, prima di allontanarsi dal cadavere impressionato. Frank tremava. Non riusciva a realizzare ciò che aveva appena fatto. Pensò a suo nonno, ucciso ingiustamente come l'uomo che aveva davanti. Pensò a sua madre. Pensò ad Alexia. Ad Aaron. Pensò ad Emily. Cosa avrebbero detto loro se avessero scoperto che in realtà lui era un assassino? Frank, in quei momenti così frenetici e rapidi, arraffò la borsa che portava l'uomo. "Vale atque salve!", mormorò nel buio, prima di dire "Nox" e di lasciarsi quell'inquietante visione alle spalle. Era stato lui ad uccidere quel povero fattorino. Ma non l'aveva fatto apposta. Era sicurissimo di aver lanciato solo uno Schiantesimo, lo aveva visto fare mille volte a Difesa contro le Arti Oscure, eppure non era proprio verde la luce emessa dalle bacchette in quelle circostanze. Non seppe spiegarsi cosa fosse davvero successo, né sapeva come poteva essere possibile che la medaglia di suo nonno potesse aver interferito con la bacchetta. La testa gli girava ed il volto del fattorino deceduto ingiustamente continuava a presentarsi ostinato davanti ai suoi occhi, finché fortunatamente Frank non giunse al dormitorio Tassorosso, dove si decise a scoprire i segreti della borsa che portava il fattorino morto innocente.

"Caspita, può essere un indizio!" aprì senza pensarci due volte la lettera, ed ancora una volta si accorse in ritardo dell'errore commesso. C'era scritto: "Prof.ssa McGranitt" sulla busta. La lettera era indirizzata a lei! Quando la lesse, Frank rimase scioccato da ciò che vi era scritto. Si trattava della richiesta di consegna di "un oggetto magico di nuovissima fattura". L'ipotesi fatta da Frank in precedenza era esatta. L'uomo che aveva ucciso era solo un povero fattorino postale, con un pacco troppo grosso da affidare ad un gufo. L'occhio di Frank cadde allora sulla borsa di stoffa che l'uomo aveva con sé e che lui aveva arraffato senza permesso. Dopo che Frank ebbe frugato anche quella, fuori di senno, vi trovò uno stranissimo tappeto persiano e dei taccuini per scrivere, con molti fogli. A coronare il tutto c'erano poi delle istruzioni scritte su una grossa pergamena. Sempre allucinato dal terrore per quello che aveva fatto e per la paura che quello che aveva Schiantato non fosse stato solo un inutile fattorino della posta ma un terribile affiliato di Galdrasson, aveva nascosto tutto nel suo baule ed aveva cercato di dormire. Certo, perché nessuno potrebbe mai notare la sospetta sparizione di un tappeto e di alcuni taccuini in un castello abitato da maghi e streghe...


Frank Bryce il Rovescio della MedagliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora