Capitolo 33: Uagadou

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Frank era nella scuola di magia più grande che avesse mai visto, una vastità di cui nemmeno le possenti sale di Hogwarts potevano vantare. Quel posto era davvero meraviglioso, e gli aveva completamente fatto dimenticare tutti i suoi timori. Uagadou era costruita nelle cavità della montagna, e le sue sale di pietra erano vastissime, e profondissimi erano i baratri oscuri, dai quali si potevano udire i ruggiti forse di qualche drago ... il portale di entrata, intagliato nella parete rocciosa esterna, era a dir poco monumentale. Una volta entrati, si camminava su ponti di pietra, i cui pilastri si perdevano nell'abisso delle viscere di quella immensa montagna. C'era, poi, un salone al quale convergevano moltissimi di quei ponti di pietra. Nel salone c'erano dei troni, anch'essi scavati nella roccia viva, e quello centrale, cioè il più maestoso, era un unico blocco di stalattiti e stalagmiti tra le quali era stata ricavata una nobile seduta, e le rocce intorno a quella mutavano costantemente forma e posizione: Folletti, Elfi Domestici, Draghi, Centauri, ed ogni tipo di essere vivente. Ma non finiva qui. Ai lati di questo imponente trono di roccia, sgorgavano due piccole cascatelle, la cui acqua, raccolta in delle canaline intagliate nella roccia, abbelliva il pavimento del salone immenso, per poi gettarsi con potenza nell'abisso sottostante il salone. L'acqua era pura e cristallina, ed un incantesimo permetteva la formazione di piccole onde senza che straripasse dalla canalina. Ovviamente, c'erano moltissime creature magiche acquatiche, che guizzavano tra quelle onde, senza venir fuori dalla canalina che abbelliva il pavimento di quel maestoso salone. Quel posto era illuminato da dei globi fluttuanti, globi interamente di pura essenza luminosa, tra i quali svolazzavano allegri moltissimi Folletti e molte altre strane creature che Frank non aveva mai visto nemmeno sui libri. Ovviamente, ai ragazzi di Hogwarts non bastavano gli occhi per vedere tutta quella meraviglia, e più di una volta gli studenti africani che li avevano accolti dovettero recuperare qualche loro coetaneo inglese che stava per finire giù da uno di quei pontili di pietra per ammirare la vastità di quelle immense sale nella montagna avvolta costantemente dalla nebbia. Le camerate, poi, non erano freddi saloni di pietra cui gli studenti inglesi erano abituati, ma vere e proprie oasi desertiche calde al punto giusto. C'erano, in queste oasi nella montagna, palmizi tra i quali erano state disposte delle amache per farvi dormire gli studenti di Hogwarts e le delegazioni inglesi. Le oasi erano illuminate da un sole costante di giorno, e da uno splendido cielo stellato orientale nottetempo. A pomeriggio, le dune sabbiose che si creavano in quelle oasi nella montagna s'indoravano ed arrossivano al tramonto come se si fossero vergognate di essere esposte al sole. E di notte, sembrava che le stelle così splendenti cantassero. Il cielo era costantemente solcato da comete, e tante furono le notti insonni trascorse ad esplorare le oasi che parevano non finire mai ammirando quel meraviglioso cielo stellato.

Quando erano arrivati, gli studenti di Uagadou avevano cantato l'inno di Hogwarts, ed agli studenti di Hogwarts era stato fatto imparare in fretta e furia l'inno di Uagadou, che, Zahur Yetu promise, avrebbero cantato quella stessa sera, perché "I rapporti di amicizia dipendono da moltissime cose, eppure basta una piccola crepa per creare un gigantesco baratro tra due amici.".

Frank camminava con aria persa nei vasti saloni nella montagna quando si scontrò con uno studente di Uagadou che con la sua mano stava facendo levitare una pila di libri sulla sua testa mentre camminava. Quando Frank gli finì praticamente addosso, i libri che l'attimo prima levitavano tranquilli, rotolarono rovinosamente sui due ragazzi. "Per la barba di Merlino ... che diavolo ...?", si chiese stordito Frank. "Maledizione, vuoi stare più attento o no!?" brontolò il ragazzo Sudafricano. "Ti prego scusami, ti do una mano ..." si propose Frank. "No, fa niente ... e comunque non mi serve una mano ...", spiegò il ragazzo contro il quale Frank si era scontrato, ragazzo che, con una semplice mossa delle dita fece levitare i libri in aria, metterli in ordine in una pila e questo mentre ciascun libro veniva sbattuto contro un altro per far cadere la polvere. "Wooooow! Ma è ... spettacolare!", osservò Frank, veramente sbalordito. "Sì ... tranne quando lo fai ogni giorno ...", rispose l'altro, che si presentò: "Comunque mi chiamo Nelson. E tu?" "Io sono Frank Bryce. Studio ad Hogwarts e ..." Frank non fece in tempo a finire la presentazione, che Nelson lo interruppe: "Sì, si vede che non hai mai visto niente di così spettacolare, anche se per noi è una normalità", riferendosi ovviamente alla capacità dei maghi africani di incantare oggetti anche senza una bacchetta magica. Frank stava per ribattere, ma Isabella Flynn lo raggiunse, dicendogli, sorridente come sempre: "Dai Bryce ... questo posto è immenso, se ci perdiamo poi come facciamo a ritrovarci?" "Arrivo subito ... voi ... voi andate a letto anche senza di me.", mormorò Frank, desideroso invece di restare a chiacchierare con Nelson, perché, a primo acchito, gli sembrava a posto, e poiché in quel periodo era seriamente privo di amici con la testa sul collo, se pensava a tutte le malefatte con Aaron, Frank poteva solo ringraziare che l'amico fosse stato espulso da Hogwarts. Ma la Flynn ripartì all'attacco: "No, Bryce. Sei il più piccolo di tutti, quindi adesso o mi segui o ...", al che Frank girò il coltello nella piaga: "O cosa, farai venire il Serpeverde?" "Giuro che se lo dici un'altra volta faccio venire lo Yeti!", ribatté lei, colpita sull'onore. "Sempre meglio di quello stupido di Potter ... anche se non ti reputavo così in difficoltà da ricattarmi in questo modo ...", mormorò Frank. "Ti muovi?!", ringhiò la ragazza Corvonero, al che Frank decise di seguirla, salutandosi con Nelson e sperando di rincontrarlo lì, a Uagadou.

"E così domani ci toccherà rifare il balletto", brontolò Frank, rivolto a James Potter, che non gli rispose. Li avevano messi tutti insieme nella camerata-oasi, e, strano a dirsi, la ragazza Corvonero non si era lamentata della troppa vicinanza ai maschi anche in ambienti così intimi. "A me piace", disse sorridendo Isabella Flynn riferendosi alla cerimonia fissata per il giorno successivo. Dylan Stilinski mugugnò qualcosa, ma Frank era sicuro che nemmeno al Serpeverde piacessero tutte le sfarzosità delle cerimonie. James, per fare la corte alla Flynn rispose che a lui invece piaceva e che, secondo lui, le formalità erano tutto per la diplomazia. Frank voltò le spalle ai compagni di avventura e si incamminò nell'oasi per evitare di mostrare il conato di vomito che gli stava salendo. "Dannato Potter!", ringhiò innervosito fra sé e sé il Tassorosso.

Frank Bryce il Rovescio della MedagliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora