Capitolo 16: Una Caccia al suo Principio

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Frank corse via, disperato, lasciando il povero Aaron al suo destino. Le sue ultime parole in quel castello per lui furono "Come faccio adesso?" "Sii te stesso" riuscì solo a dirgli Aaron il quale, anche in quella confusione, riusciva a mantenere una notevole lucidità mentale e non disperava. Nel frattempo, Zahur Yetu aveva notato tutto quanto. Il che potrebbe sembrare banale, ma durante la caccia, in particolare questa, ogni cacciatore deve tendere l'orecchio ad ogni minimo scricchiolio nel bosco oscuro, che sia un uomo o sia un cinghiale, quale potrebbe essere la decisione più giusta tra il parlare e lo sparare? Frank non lo sapeva, ma corse veramente tristissimo, con un nodo in gola, nel suo dormitorio. Ogni gradino era un ricordo, ogni ricordo una lacrima caduta giù, come una meteora, alla fine del firmamento.

Erano come foglie cadute alla fine di una tempesta, sotto una cupola di caldo torrido, prima dell'arrivo di un'ennesima altra. Ma soprattutto, erano come chiocciole su un viottolo di una villetta dopo la pioggia, ricordi lasciati dietro le spalle e ben poco osservati, poiché c'è ben altro da osservare. E pensare che quei momenti bellissimi, che adesso Frank vedeva riflessi negli occhi malinconici e vecchi di Andromeda, erano stati quelli di cui si era nutrito il loro primo anno insieme.

"Mondo crudele! Mondo bestia!", urlò Frank fra le lacrime dal sapor di cuscino schiacciato in faccia. "Io non ci posso credere! Ma perché? Ma chi?", urlò arrabbiato il giovane, mentre fuori dalla finestra, la tempesta muggiva e le nubi si gonfiavano di pioggia, nere come una notte senza luna. E poi, quando la pioggia venne, mostrò a Frank, alla sua luce acquatica riflessa sui vetri soffiati, mentre il giardino (visibilissimo dalle camere a piano terra dei Tassorosso) si riempiva di lucciole e rugiada, in una danza idilliaca, una chiave per aprire la porta delle sue risposte verso una stanza buia.

L'immagine in movimento di quel mago bipolare, camaleontico nel vestire, pazzo furioso e furibondo di nome Vincent Galdrasson giaceva sul giornale adagiato sul letto. "Bisogna essere pazzi per pensare che la colpa di tutto ciò sia la tua" mormorò Frank, rivolto all'immagine, che sembrava dirgli: "L'unico sano di mente qui tra me e te ora, sono proprio io, caro Frank". In quel momento un tuono illuminò il prato che sembrava fatato, un tuono così forte che scosse le fortissime mura del castello, facendo sobbalzare Frank. Andromeda si nascose sotto il letto soffiando ed emettendo strani suoni. "Via, via, Andromeda, è solo un temporale!", cercò di convincersi Frank, che ben sapeva che non era affatto come tentava di spiegare alla sua gatta, che di temporali ne aveva visti molti più di lui.

Frank Bryce il Rovescio della MedagliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora