Capitolo 32.

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Mattia.

"Ma quanto traffico c'è in questa città?" chiedo spazientito ad un interlocutore immaginario, sbattendo il palmo della mano sul volante.

Il navigatore mi avvisa che arriverò a destinazione tra altri quindici minuti.

Ripenso a Ludovica e al suo sguardo felice per la serata che mi aveva organizzato e mi sento terribilmente in colpa per non essere con lei in questo momento.

Decido di inviarle un messaggio per avvisare del traffico che sto trovando per arrivare a questo maledetto ed improvviso appuntamento.

[Amore credo che farò davvero tardi. C'è un traffico infernale. Se vuoi avviati tu, ed appena sei lì mi invii la posizione. Giuro, che ti raggiungo appena posso. Ti amo]

Blocco il cellulare, tornando a dare attenzione alla strada.

Quindici minuti dopo, finalmente mi ritrovo di fronte un enorme palazzone di legno scuro.

Parcheggio la macchina, come meglio posso, scendo e mi avvicino all'ingresso cercando di individuare il citofono giusto.

-Notaio Vincenzo Esposito- leggo il nome che cerco, e senza perdere un secondo di più, pigio sul bottone.

Il cancello di fronte a me scatta, aprendosi subito.

Entro, avvertendo un moto di strana paura che mi serra la gola.

"Prego, il notaio sta aspettando proprio lei in ufficio" mi accoglie una giovane donna, vestita in maniera elegante.

Sorrido, cercando di sembrare calmo, ma in realtà dentro di me sto morendo di ansia.

Quando la porta dell'ufficio si apre, mi ritrovo in una stenza completamente bianca, con una grande scrivania in legno scuro, ed un uomo sulla sessantina che mi guarda con gli occhi preoccupati.

Deglutisco, porgendo la mia mano in segno di saluto.

"Piacere, Mattia" sussurro, guardando gli occhi neri di quell'estraneo.

"Piacere, Vincenzo. E..so perfettamente chi è lei" mi risponde, ricambiando la mia stretta.

-Sa chi sono io?-

La sua risposta mi spaventa ancora di più, ed eseguo il suo muto comando, sedendomi sulla sedia posta di fronte a lui.

"Perchè sono qui, notaio?" mi decido a chiedere.

"Allora Mattia, la situazione è davvero delicata, quindi ci vorrà un po' di tempo" mi avverte, girando la sedia, per afferrare una cartellina che deve contenere almeno cento fogli per quanto è spessa.

[Testamento della signora Celine Ortiz] riesco a leggere sulla copertina rossa.

Il sangue mi si gela nelle vene.

Il cuore smette di battere.

E la testa prende a girare vorticosamente.

Stringo le mani sui bordi della scrivania, come se potessero salvarmi dal cadere e sbattere la testa.

"Tutto bene, signore?"

L'uomo di fronte a me, mi porge un bicchiere di acqua e mi guarda in apprensione.

Con la mano tremolante afferro il bicchiere e lo porto alle mie labbra.
Il liquido che mi scende in gola riesce a farmi sentire leggermente meglio, e riesco ad annuire a quella domanda.

"Cosa significa questa cartellina?" chiedo, indicando quei fogli.

"Allora signore, prima di iniziare a raccontarle tutto, la signora Celine mi ha chiesto di consegnarle questa lettera.
Mi ha espressamente chiesto di fargliela leggere da solo e solo dopo...di raccontarle il resto" mi spiega, porgendomi una busta sigillata.

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