1. Golgota

180 4 5
                                    

Erano sei mesi che Vinicio era sbarcato su Golgota ed erano sei mesi che non vedeva la luce del sole. Solo una opalescente luce spettrale, filtrante tra la nebbia formata dalle ceneri vulcaniche e dal vapore acqueo.
I capelli ribelli color miele gli conferivano quell'aria da principino che proprio non sopportava. Aveva provato a tagliarli molto corti , quando si era arruolato tra le fila di Madre Terra , ma guardandosi allo specchio gli sembrò di vedere un malato terminale. Così preferì il principino.
Camminava sul sentiero sterrato con agilità, essendo abituato a percorrere le vie più impraticabili, ed avendo il fisico esile e slanciato di un ragazzo di ventitré anni.
Con quella luce la sua pelle chiara appariva quasi verdastra.
Saltellando da un masso ad un tronco caduto arrivò sul ciglio di uno strapiombo da cui si intravedeva, più a valle, un lago scuro e torbido. Restò a fissare i particolari del paesaggio per qualche istante, poi prese un quaderno dalla sacca che portava a tracolla e cominciò a disegnare e scribacchiare compulsivamente.
Nonostante il lavorare dei suoi pensieri e i numerosi rumori (la fauna del pianeta non era molto ricca ma acusticamente sgraziata) riuscì a captare nell'aria una sorta di vibrazione elettrostatica, una presenza estranea. La vide ruotando gli occhi nocciola nella direzione da cui era venuto.
La ragazza era lontana, indossava una veste scura stretta alla vita da una cinta ed era scalza. I suoi capelli erano di un biondo pallido, quasi bianco. Lo guardava con aria titubante . Vinicio capì di essere una specie di ostacolo e, sentendosi terribilmente in colpa, si alzò lentamente senza staccarle gli occhi di dosso, proprio come se avesse visto un raro animale selvatico. Spostò un ciuffo di capelli che aveva sugli occhi e alzò con delicatezza la mano muovendola in segno di saluto. Decise anche di accompagnare il gesto con un sorriso tirato al limite, non avrebbe avuto un'altra occasione per fare vita sociale: in sei mesi le uniche persone che aveva visto erano figure magre, ombre dei reietti che erano stati, chine sulla terra nera che componeva col grigiore del cielo uno scenario bicromatico deprimente.
"Come fate senza sole ? Le piante crescono?" Aveva chiesto ad una di quelle figure qualche giorno prima. Quella tirò su gli occhi sporgenti e dopo averlo fissato per qualche secondo indicò una grossa cisterna in fondo ad un campo. Era enorme e sembrava dominare minacciosa, come un guardiano silenzioso la cui presenza comprime i polmoni di chi la subisce. Il colosso ferroso lo guardava con sospetto in attesa, invitandolo ad avvicinarsi, a toccarlo, a saziare la sua curiosità.
La ragazza si voltò di scatto verso la boscaglia e dopo un ultimo sguardo carico di preoccupazione si gettò giù dalla riva, scivolando sulla terra friabile e granulosa.
Contemporaneamente un boato assordante riempì tutt'intorno e comparvero, veloci come proiettili, due navi volanti che frustarono con il loro passaggio tutte le cime degli alberi. Non erano molto grandi e Vinicio le riconobbe senza sforzo: una era verde scuro, lucida, dalla forma allungata, sulla parte frontale aveva inciso un simbolo inequivocabile, ovvero l'uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci. Era il simbolo del pianeta Humanitatis. L'unico pianeta abitato esclusivamente da esseri umani, intollerante a qualsiasi influenza aliena, improntato al razzismo, illiberale, esclusivista, il cui accesso era controllato meticolosamente da una base portuale universale posta appena al di fuori della sua atmosfera che dava il libero accesso ai soli esseri umani puri al 100%.
Vinicio aveva un serio disprezzo verso le ideologie e le messe in opera di Humanitatis nonostante fosse un umano puro. Riteneva il loro pensiero alquanto retrogado e autolesionista: non gli sembrava un vero e proprio meccanismo di difesa, piuttosto gli dava l'impressione di un animale che nel momento della morte si isola per esalare l'ultimo respiro in solitaria.
L'altra nave, opaca e nera, era composta da tre lastre leggermente sfasate una sull'altra e dai bordi seghettati. Sotto ad essa era visibile un dorato e finissimo numero 8. Apparteneva al pianeta 8, l'ottava colonia umana e mista la cui filosofia era praticamente inversa a quella di Humanitatis.
Essendo ognuno diverso siamo tutti uguali.
Le due navi tentavano di prevalere l'una sull'altra continuando a superarsi a vicenda e avvicinandosi il più possibile alla ragazza in fuga.
In un attimo Vinicio accorse alla sporgenza, nel punto in cui la ragazza era scomparsa, e si affacciò percorrendo con lo sguardo le tracce che aveva lasciato scivolando sulla parete ripida e trovandola non troppo lontana che arrancava faticosamente verso il centro del lago sottostante. Aveva gia l'acqua all'altezza del ginocchio e Vinicio si sentì attraversare da un brivido d'allarme.
Merda...
Si gettò dalla discesa come un disperato, pattinando sulla ghiaia, con un occhio verso le navi e l'altro davanti a sé. Vide calare una fune scura dalla nave di Humanitatis e riconobbe due soldati che la discendevano velocemente e prendevano posizione allungando all'estremo i loro corpi verso la ragazza che ora stava nuotando ma che tentava di sfuggirgli controllandoli con la coda dell'occhio.
"No!!- Urlò Vinicio dalla sponda fangosa, sperando che lei lo guardasse e tornasse a riva- Esci dall'acqua o le serpi ti tireranno verso il fondo!"
Lei non lo guardò, continuava a nuotare, così Vinicio si sentì costretto ad intervenire celermente. Doveva assolutamente raggiungerla e trascinarla fuori dal lago. Le serpi erano animali dotati di forza e velocità, nonché di una stimabile tenacia d'attacco. Sapeva bene che non le avrebbero lasciato scampo... l'avrebbero annegata e divorata.
L'acqua era tiepida, il rombo delle navi ne squoteva la superficie che era divenuta increspata e vivace, vibrante.
Vinicio sfilo' gli scarponi quando ormai l'acqua gli arrivava alla cinta. Non aveva avuto la coscienza di toglierli prima di entrare nel lago quindi li abbandonò sul fondo e si dette dieci volte dello stupido. Trascinandosi notò la sua preziosa borsa a tracolla, ricca di mappe ed appunti, galleggiare graziosamente accanto a lui e ricominciò a darsi dello stupido alternando ad ogni stupido una preghiera che tenesse lontane le serpi che temeva tanto e che si muovevano in chissà quale quantità intorno a lui.
Quanto potrà mai diventare grande una serpe?
Si chiedeva ormai pallido e tremante a metà strada tra la riva e la ragazza. La vedeva boccheggiare a pelo d'acqua e tese un braccio allungandosi verso di lei per afferrarla. Un soldato appeso alla fune imito' il suo gesto.
Quell'istante fu congelato da una forte propulsione d'aria che allontanò Humanitatis di una ventina di metri. La nave di 8 aveva attaccato. Stavano lottando per la cattura di quella giovane.
Ristabilito l'assetto la nave verde partì al contrattacco sparando alcune fasce elettriche verso l'avversaria e riavvicinandosi testardamente.
Vinicio, ansimante, stremato da quelle acque dense e pesanti, raccolse tutte le sue energie e arrivò vicinissimo alla giovane donna dai capelli lunari che gli gettò gli occhi addosso urlando:
"No!! Non toccarmi ti prego!"
"Non voglio farti del male, è pericoloso devi uscire subito da qui!"
I suoi occhi non erano azzurri, non erano grigi, ne castani, ne verdi. Vinicio vedeva solo quello che non erano. Sembravano far parte di quel lago, lei stessa sembrava una qualche figura mitologica, una ninfa o una divinità eterea, immaginaria, che forse, se toccata, si sarebbe tramutata in vapore acqueo e avrebbe perso per sempre l'occasione di una vita terrena ricca di emozioni e sentimenti.
"Arriviamo a nuoto dall'altra sponda ma perfavore... è importante che tu non mi tocchi."
La voce delicata che usciva dalle labbra rosee era fievole sotto lo scornarsi e lo sferragliare delle navi sovrastanti ma Vinicio la sentì alla perfezione.
"D'accordo. - le rispose con un filo d'insicurezza- Andiamo."
La nave di 8 plano'sulle loro teste calando una fine rete metallica, spazzata via dalla sua antagonista che, con una serie di colpi abbaglianti, la spinse ad una rotazione concentrica tale da farla schiantare sulla parete dalla quale Vinicio era sceso poco prima. Il boato fu assordante e inequivocabile: la nave di 8, il cui nome originale era Falena, si trovava davvero fuori gioco.
La serpe in agguato, forse svegliata da quel trambusto, si avvolse leggera come un foulard di seta intorno alla caviglia della bella ninfa di Vinicio e senza esitare, come la natura le aveva insegnato, tirò giù.

VETERNUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora