10. Rufus in fabula

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La possente nave di Humanitatis stazionava nella pianura sabbiosa adibita agli atterraggi.  Alti sbuffi di vapore si levavano da grandi fori che percorrevano la sommità scura, mostrando il ricambio d'ossigeno utile alla navigazione spaziale, nonché la calibrazione della pressione interna.
Le navi di 8 che la circondavano sembravano dei cuccioli intorno alla madre,  intenti ad esplorare il mondo sotto ai suoi occhi  guardinghi.
Ne scese una passerella, presto fatta risuonare dai passi di un folto squadrone dalla divisa verde scura e, subito dopo, da un trittico di personaggi dalle sembianze aristocratiche: tre uomini ben vestiti, rigidi, di cui uno alquanto anziano, molto lento e dall'aria infastidita.
Si mossero, allontanandosi dalla nave, attorniati dal loro piccolo esercito e si presentarono, mantenendo una distanza quasi  insolente, ai tre capitani di 8, giunti ad accoglierli senza particolare euforia.

Fu silenzioso il viaggio verso il palazzo imperiale e lo fu altrettanto l'accomiatarsi degli ambasciatori nella sala della riunione
Non fu permesso a nessuno di assistere al colloquio ; il piccolo esercito ospite staziono' all'ingresso della reggia, insieme alla prima squadra di difesa,  in un pericolante equilibrio di sguardi  e sottointesi.

Non era ben chiaro cosa si stessero dicendo nella blindata riunione imperiale, ma l'aria era tesa e persino dal punto di vista meteorologico non si prospettava una buona giornata: nuvole spesse coprivano un sole minore debole e lontano, indifferente ai movimenti politici sottostanti.

Xerses fu lietissimo di veder giungere Rufus, con la sua camminata tracotante ma distesa,  arrivò davanti a lui e chinò appena il capo. Si incamminarono subito verso la sala della riunione, sicuri di dover attendere all'esterno,  ma pronti a scorgere eventuali novità.
"Il viaggio di ritorno è andato bene?" Chiese Xerses guardando avanti a sé.
"Si, tutto bene, Nayeli aveva un po' paura della mia guida spericolata così le ho permesso di abbracciarmi..."
Xerses arrestò il passo e lo fissò con gli occhi spiritati,  sereno quanto un temporale.
"Sei nato senza il senso dell'umorismo, amico mio. Dai che scherzo! " La risata fragorosa di Rufus lo fece sorridere e riprendere il passo. "Dai Xerses! Ammettilo...sei diventato così pallido..."
Il capitano continuò a camminare senza prestargli attenzione.
"A me puoi dirlo. Avanti dimmelo." Rufus approfittò del fatto che non ci fosse nessuno per cominciare a indagare.
"Di cosa stai parlando?"
"Xerses..." Gli si piazzo' davanti camminando all'indietro.
"Andrai a sbattere come un imbecille, vuoi levarti di torno?!" Lo spostò di lato facendosi spazio.

"Lei ti piace."

La cosa sconvolgente, per Xerses,  fu che Rufus lo disse senza sorridere.
Di solito ghignava sempre, lo prendeva amichevolmente in giro, lo stuzzicava, aveva quel modo invadente e ironico capace di sdrammatizzare qualsiasi cosa.
Qualsiasi.
Anche gli argomenti più scomodi, con lui diventavano semplici. Ed era così diretto e sagace da lasciar disorientato il più indifferente degli interlocutori. Per questo motivo  lo guardò incredulo e sfodero' il sorriso più sghembo di sempre.
"Thomas ti ha fatto bere qualcosa di strano? Non mi piace affatto, e tu lo sai.  Non so nemmeno come starei se mi piacesse dato che.."
"Appunto." Lo interruppe Rufus superandolo in velocità,  allontanandosi come se avesse vinto qualcosa, una specie di gara in confessionale. "Stai tranquillo non lo dirò a nessuno..."
"Non hai niente da dire!!" Gli ringhio'  Xerses alle spalle accorgendosi di essere arrivato finalmente a destinazione. Non si sorprese di trovare un paio di soldati di Humanutatis ad attendere la conclusione della riunione, come non si sorprese affatto del loro sguardo carico di disgusto misto ad apprensione.
Conoscevano il capitano Xerses, glielo si leggeva in faccia. Il suo nome era stato pronunciato svariate volte e accostato a diversi aggettivi, alcuni dei quali di profondo rispetto, altri nati dalla voglia di vederlo morto, dell'intolleranza verso le sue origini.
Alcuni lo descrivevano arido come la sabbia su cui poggiava gli stivali, capace di gioire o inebriarsi nel causare dolore fisico,   un animale beffardo e incosciente, incapace di provare empatia. Quel tipo di personalità dominante ma sfuggente lo rendeva  idolatrato dagli uomini e perdutamente desiderato dalle donne.
Qualcuno, sottovoce, raccontava  che da quando era lui ad occuparsi della difesa di 8, nessuno era più riuscito ad effettuare un attacco efficace.  Xerses prevedeva sempre ogni mossa del nemico; la Selva, le cui radici insidiavano il suo petto in profondità,  gli conferiva un assoluta fiducia in se stesso e nel suo istinto.  Xerses sapeva quando liberare la sua preziosa  impulsivita' e al tempo stesso aveva un autocontrollo al limite del possibile.

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