7. Faccia a faccia con Veternus

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Vinicio stava in piedi al sole, i capelli dorati risplendevano come una corona di luce dai riflessi caldi e inanellati elevando al massimo le sue caratteristiche principesche. I suoi pensieri vagavano, come il suo sguardo, da un asse all'altro della coscienza, eccitato da ciò che si prospettava da lì a poco, timoroso per quanto riguardava l'incolumità della sua amica Nayeli che trovava sempre troppo silenziosa, chiusa nei suoi dubbi e lacerata dalle responsabilità. Si sentiva patetico, inutile, quando cercava di alleggerire le sue spalle con una parola di conforto o con un sorriso sincero.

Quando la vide, scendeva uno scalino per volta come avesse paura che sotto il suo peso cedesse il granito, e il peso dei suoi turbamenti lo avrebbe sgretolato sicuramente in un batter d'occhio, proprio come la palla di un cannone sparata dalle nuvole.
Vide il suo viso illuminarsi appena incrociato il suo sguardo e, non potendola abbracciare forte a causa della presenza di tutta la prima squadra di difesa, si limitò a sospirare altrettando forte, facendosi scappare un lamento di frustrazione.

Tutta la squadra era in divisa completa, bardata da capo a piedi in perfetto ordine e silenzio, diritti nella postura immobile e irriconoscibili singolarmente, apparte Tito che risultava altissimo e massiccio rispetto agli altri, soprattutto rispetto al soldato alla sua destra che al confronto sembrava una bambina scheletrita. Lui era senza dubbio Zino.

Il capitano invece risaltava subito grazie alla sua postura carismatica, sempre rilassata ma dignitosa, con le braccia conserte e una mano guantata che gli avvolgeva il mento, era in attesa della lettrice di anime. Voleva vedere i prodigi promessi in quel tanto chiacchierare finalmente avverarsi davanti ai suoi occhi. Non avrebbe creduto realmente in lei fin quando non l'avesse vista liberare i malati da quel dannato Veternus.

Le andò incontro e a pochi passi chinò il capo con freddezza.
"Avete riposato?" Lo disse a voce talmente bassa da risultare roca, in modo che potesse sentirla lei soltanto.
Nayeli vi si sentì avvolgere e tossi' per non essere obbligata a rispondere subito, per prendere tempo.
"Non molto, devo ancora abituarmi..." lo disse guardandosi gli scarponcini opachi ma all'ultima sillaba non resistette a scrutarlo in viso, anche se già premoniva il turbamento che le avrebbe causato. Decise di catalogarlo come inquietante.
"Stanotte andrà meglio." Rispose lui cercando il suo sguardo.
La frase in sé non celava niente di strano, ma Nayeli si accorse con stupore che alcune parole, inoffensive se pronunciate da una bocca qualunque, prendevano una piega maliziosamente inconsueta quando a proferirle era lui. Non le era mai capitato.

Aveva sempre pensato che una parola fosse solo una parola, un suono, un significato univoco e universale.

Il tono della sua voce sporcava anche le frasi più candide.

"Vi serve qualcosa? -continuò Xerses- Non so... medicine... polveri alchemiche..?"
"No."
Nayeli tagliò la conversazione e scese gli ultimi scalini che la separavano da Vinicio, gli si avvicinò e poggio' la fronte sulla sua spalla guardandolo preoccupata.
"Hai dormito male?" Le chiese trattenendo il braccio dall'avvolgerla.
"Tremendamente poco e male." Rispose con un sussurro.
I soldati lo raggelavano attraverso gli occhialoni spessi mentre le avvolgeva il capo e le spalle con un lembo di stoffa turchese, in modo da poter proteggere la sensibilità della sua pelle.
Lei lo ringraziò con un sorriso celato dal tessuto e i suoi occhi ripresero il colore della trama, o forse accadde il contrario, fu il tessuto ad imprimersi del colore dei suoi occhi.
Vinicio non lo capi' ma gli piacque.

Oltre il ponte, gli abitanti della cittadella arrivarono numerosi ad ammirare la misteriosa figura dal foulard azzurro, contornata dalla prima squadra al completo. Un trattamento riservato unicamente alla famiglia imperiale.
Restarono in religioso silenzio, accalcati si spingevano per poterla intravedere e le mamme trattenevano i bambini curiosi e vivaci che ammiravano i soldati avanzare compatti sollevando una debole nuvola di sabbia con gli scarponi. Ai loro giovani occhi la scena risultò epica a tal punto dal fargli allargare la bocca per diversi secondi.

VETERNUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora