Cinque giorni.
Cinque giorni interi senza averla accanto. Un tempo infinito se consideriamo che avevamo instaurato una routine tutta nostra. Mi rendo conto di essere stato un perfetto stronzo con lei, soprattutto dopo quello che le ho detto a proposito di questa casa.
Non è casa tua.
Cazzo, ma che mi è passato per la testa? Non lo pensavo nemmeno. Non potrei mai. Questa è diventata casa nostra nel preciso momento in cui ha firmato il contratto d'affitto e non sapevamo ancora come sarebbero andate le cose tra di noi. Del resto, possiamo prenderci in giro quando ci pare ma c'è stato un noi dal giorno in cui siamo finiti a mangiarci la faccia a vicenda sul retro del taxi diretto all'appartamento.
La verità è che la gelosia mi ha dato alla testa, ha annebbiato ogni singolo neurone che mi fosse rimasto sano e ha fatto sì che perdessi quel briciolo di sanità mentale che avevo. È solo che... era arrivata a casa insieme a Delia e la prima cosa che la mora aveva fatto era stato informarmi che la sua migliore amica non aveva tempo da perdere perché quella sera stessa sarebbe andata a un appuntamento. Ci avevo visto rosso, livido di gelosia. Pensavo che tra di noi stesse crescendo qualcosa oltre l'amicizia. Cazzo, pensavo persino che fosse già così ma che nessuno dei due avesse il coraggio per fare il primo passo e invece... lei si stava organizzando per un appuntamento. Avevo sorriso forzatamente e mi ero dileguato in camera. Poi, quando se n'era andata, avevo rapito il mio migliore amico per potermi distrarre.
Il giorno dopo le avevo rifilato tutta quella sfilza di accuse e l'avevo ferita, pentendomi nell'attimo stesso in cui si era rintanata nella sua stanza. Dunque, adesso eccoci qui: cinque giorni senza poterla anche solo sfiorare perché sono un deficiente patentato che non ha avuto le palle di dichiararsi alla sua coinquilina. Direi, strepitoso, no?
Prendo un sorso di caffè e poso la tazza sul tavolo mentre fingo di prestare interesse al cellulare. I miei sensi entrano in allerta quando vedo Vivienne comparire in cucina.
Si schiarisce la voce per rendere nota la sua presenza. Peccato non sappia che non ha alcun bisogno di farlo perché la percepisco sempre la sua vicinanza. I suoi occhi trovano subito i miei e se potessero parlare, a quest'ora rivelerebbero che idiota totale sono stato. Supplicherebbero Vivi di riprendermi con sé anche se, come già constatato, non stiamo insieme ufficialmente.
«Devo fare la lavatrice. C'è altro che devi aggiungere o posso azionarla?» domanda, il tono di voce distante.
Detesto sentirla così, detesto averla così lontana da me.
«No, non ho altro da aggiungere» mormoro.
Del resto, non è così da giorni ormai?
Vivienne non ribatte alla mia patetica risposta, gira i tacchi e si dirige verso la porta. Come darle torto? Sono proprio un caso perso. Il cuore batte frenetico all'idea di passare un'altra giornata senza di lei ma...
«Vivienne» la richiamo.
«Che c'è?» si volta.
Apro la bocca, pronto a parlare, peccato che la richiuda l'istante dopo. «Niente» borbotto qualche secondo dopo. Sono un coglione, non c'è altra spiegazione. La rivoglio indietro e tutto quello che faccio è dire 'niente'?
«Fottiti» mormora tra i denti.
La sento perfettamente, eppure, non ribatto. Ha ragione.
Sento Vivienne trafficare con la lavatrice, poi una porta sbatte e qualche minuto dopo il getto della doccia viene aperto. Sta facendo una doccia e io... santo cielo, non posso immaginarla nuda. Non con l'aria pesante che si respira in casa da quasi una settimana solo a causa mia. Non so quanto tempo passi, ma mentre sento il getto d'acqua continuare a scorrere mi alzo e raggiungo la sua camera. Devo darci un taglio, avere le palle di confessarle tutto. Se non mi vorrà, lo capirò e le darò tutto lo spazio e il tempo necessario per accettare la cosa e soprattutto le mie scuse.
Vivienne entra in camera all'incirca una ventina di minuto dopo, rimanendo impalata sulla soglia della porta quando si rende conto della mia presenza.
«Capisco che questa sia casa tua ma nessuno ti dà il diritto di entrare in camera mia, soprattutto quando io non ci sono» ringhia.
«Volevo parlarti» mi alzo.
«Anche io vorrei moltissime cose, Danny, ma non sempre si ottiene quello che si desidera.»
«Mi dispiace, okay? Non avrei dovuto dirti quelle cose» scatto. Come sempre.
«Visto lo sforzo abnorme che stai facendo non credo tu sia poi così tanto convinto» incrocia le braccia al petto.
«Dico sul serio, Vivi, non avrei mai e poi mai dovuto dirti che ti lascio vivere qui. Certo che questa è casa tua. Viviamo benissimo insieme.»
«Viviamo benissimo insieme quando rispetto le tue preziosissime regole» precisa, e la cosa mi fa male. Davvero.
Sapere che sono stato io, fra tutti, a farle credere una cosa simile mi spezza il cuore perché se c'è qualcuno che non se lo merita quella è proprio lei.
«Ero incazzato, va bene? Ero livido di rabbia» ammetto. Per quanto sia difficile farlo, deve saperlo. Non sono il massimo nell'espressione dei sentimenti ma lei si merita la verità.
«E non avresti potuto dirmelo? Ti avrei lasciato in pace. Non avevi alcun bisogno di aggredirmi.»
Ancora non capisce.
«Lo so e ti chiedo scusa. Ero... geloso» distolgo lo sguardo dalla donna per cui sono impazzito non so quando di preciso. Forse dal primo momento che mi è quasi venuta addosso con quella orrenda bicicletta rubata a una bambina.
Vivienne aggrotta la fronte, quasi come stessi rivelando una qualche assurdità. «Geloso di cosa?» mi guarda confusa.
«Sei arrivata e ti sei fiondata in camera per prepararti per il tuo appuntamento. Non mi avevi nemmeno detto che... vedevi qualcuno. Mi sono arrabbiato. Ecco la verità.»
«Quindi cosa, se ti avessi detto prima che uscivo con un ragazzo allora mi avresti persino consigliato cosa indossare?» chiede sarcastica.
«No, ti avrei detto che non volevo tu ci uscissi» confesso cauto.
«E perché Danny?»
Vuole proprio sentirmelo dire... d'accordo. Se è quello che serve per rendere finalmente tutto reale, vero, allora che sia così. «Perché mi piaci, Vivienne!» sbotto allargando le braccia. «Mi piaci da morire e detesto sapere che Delia continua ad organizzarti appuntamenti su appuntamenti.»
Vivi arretra di un passo. Quasi come non pensasse che avrei ammesso sul serio una cosa del genere.
«Mi hai trattata malissimo, Danny. Non siamo all'asilo, tirarmi i codini non mi fa capire che mi desideri ma che ce l'hai con me» deglutisce.
«Mi sono sentito una merda» la guardo dritta negli occhi.
«Ne sono felice.»
Accenno un sorriso alla sua solita brutale onestà, ma non muovo un passo. Ha bisogno di un attimo per raggruppare le idee, di spazio per valutare le alternative che ha a disposizione. La capisco, la conosco.
«Sarebbe incoerente da parte mia dirti che non provo le stesse cose perché... mi piaci tantissimo anche tu, Danny ma... guardaci, abbiamo discusso per una fesseria da semplici coinquilini e non ci siamo parlati per giorni. Come pensi che-» rilascia un piccolo sospiro frustrato mentre il mio cuore perde un battito. «È proprio per questo che ho fatto il possibile per negare quello che sento per te. Detesto complicare le cose, qui sto benissimo e... io non voglio andarmene.»
«Pensi che frequentandoci le cose si complicherebbero?» domando.
«Sì» ammette.
«E tu non credi che non abbiamo fatto altro che frequentarci dal primo momento che sei venuta a vivere qui? Riflettici, ci mancava solo l'etichetta, Viv.»
Credo sia appena rimasta senza fiato.
Mi avvicino, sfioro la punta delle sue dita, poi avvolgo le mani attorno ai suoi polsi e li porto al petto. Vivienne sfiora il materiale della mia maglia con i polpastrelli mentre alza il capo e lascia che i nostri sguardi si accarezzino sul serio per la prima volta dopo giorni. Dio, quanto mi è mancato sentirla così vicina a me, sentire il suo profumo.
«Se... se lo facciamo, frequentarci intendo, non voglio che lo sappia nessun altro. Voglio prima essere certa che questa cosa possa andare avanti» mi avverte.
Quasi non tremo all'idea che sta succedendo davvero. Sono perso, sotto ogni punto di vista.
«Tu prometti che non andrai ad altri appuntamenti» nonostante tutto, ho bisogno di certezze.
«Sai che non lo farò» sussurra, un pizzico di divertimento negli occhi azzurri che tanto amo.
«Delia è imprevedibile» le ricordo.
«Lo so, ma fino a questo momento non avevo nulla di concreto tra le mani» mi fa notare.
«E adesso sì? Io sono concreto?» mi avvicino un altro po'.
«Tu sei moltissime cose, Danny, ma concreto non è tra di esse. Sei... non ho ancora trovato la definizione giusta per descriverti» ammette.
«Mi sta bene essere» accarezzo piano il suo viso.
«Promettimi che parleremo, okay? Io ti voglio, ma se dovessimo cominciare a discutere per qualsiasi cosa e poi arrivare al punto di non rivolgerci più parola allora forse dovremmo-»
«Parleremo. Fine della storia. Non cambierà niente, se ci pensi. A parte il fatto che adesso non dovrò inventarmi nessuna scusa per farti dormire nel mio letto» le faccio l'occhiolino.
«Va bene» bisbiglia.
«Va bene» mormoro sulle sue labbra.
L'attimo dopo divoro la sua bocca, mi approprio di ogni suo respiro e di ogni movimento della sua lingua. Porto le mani sul suo viso, avvicinandola a me senza mollare la presa. Lasciamo che le emozioni prendano il sopravvento mentre i nostri vestiti si ammassano in un battito di ciglia sul pavimento freddo della stanza; Vivi imita i miei passi fino a finire a cavalcioni sul mio grembo, ormai comodo sul letto. Esploro ogni lembo di pelle del suo corpo, ogni imperfezione striata, macchiata, frastagliata. La mia splendida ragazza ansima sulla mia bocca quando, con movimenti esperti, guido il mio membro tra le sue pieghe umide e l'attimo successivo mi perdo in lei.
«Danny» bisbiglia sentendomi farmi strada dentro il suo corpo, prendendo ogni parte che mi concede.
Comincio a muovermi, ondeggiando i fianchi senza mai smettere di tormentare le sue labbra ormai gonfie e sensibili. Vivienne posa le mani sulle mie spalle e comincia ad incontrare le mie spinte. Gemiti abbandonano le nostre bocche mentre lasciamo che la passione ci consumi, ci renda corpi molli e sazi. Spingo senza sosta, colmo della sua essenza, e lei ricambia. Ci muoviamo disordinati in preda alla voglia di raggiungere quel culmine che crepita silenzioso ma potente dentro di noi. Basta un tocco, uno sfioramento e una pressione, a farla biascicare parole incomprensibili mentre vedo il piacere pervaderla da cima a fondo, mentre sento il suo corpo sbattere e collidere con il mio madido di sudore. Perdo la cognizione del tempo, Vivi si accascia su di me, poi rotola sul materasso e schiaccia la testa sul cuscino morbido. Mi posiziono sopra di lei, le mani ai lati del suo viso, perché non sono ancora sazio e non ne ho mai abbastanza di lei. Abbasso il capo e mi approprio ancora una volta delle sue labbra gonfie mentre i nostri fianchi si urtano ripetutamente, veloci e sconnessi, profondi e virili. Gemo sulla sua bocca, mordo il labbro inferiore e vengo. Sussurro il suo nome, baciando ogni singola parte del suo viso, copro il suo corpo con il mio e rilascio un profondo respiro. «Sei tutto ciò che ho sempre desiderato» rivelo in un mormorio.
Non so se sia il momento, tutte le emozioni che ho provato e ho visto riflesse nei suoi occhi, nel suo corpo, ma se fino a qualche giorno fa avevo qualche dubbio... adesso è svanito del tutto. Io la amo con tutto me stesso e non penso potessi scegliere persona migliore di lei per cui perdere testa, anima e corpo.
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𝐃𝐀𝐍𝐍𝐘, 𝐓𝐑𝐄𝐕𝐎𝐑, 𝐓𝐎𝐌, 𝐂𝐀𝐋𝐄𝐁
ChickLit𝐔𝐧𝐚 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐦𝐚𝐬𝐜𝐡𝐢𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐫𝐢𝐞 𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐒𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐠𝐥𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐢 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐢 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭'𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐞: 𝐇𝐚𝐫𝐩𝐞𝐫, 𝐃𝐞𝐥𝐢𝐚, 𝐌𝐨𝐥𝐥𝐲, 𝐏...