𝐃𝐮𝐞

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Spezzarsi e ricomporsi.
Ricomporsi e spezzarsi.
È quello che ho fatto durante alcuni dei momenti più complicati della mia vita. È quello che ho fatto quando Delia Heart mi ha spezzato il cuore e poi, in modo contorto e strabiliante, la sua amica lo ha rimesso in sesto. Non riesco nemmeno a pronunciare il suo nome. So solo che ho ferito la donna che amo con tutto me stesso.
Perché?
Mi sono posto così tante volte questo interrogativo. Così tante volte. La risposta è sempre una: famiglia.
Accoglienza. Devozione. Gratitudine.
Tutti sentimenti che ho provato quando mi sono trasferito a Boston e le persone che adesso definisco una seconda famiglia mi hanno donato. Sono stato più volte sul punto di sbottare a cena, in un locale, a casa di uno di loro e sbandierare la mia relazione con quella magnifica donna, poi, però, guardavo Danny e santo cielo, il senso di colpa mi dilaniava da cima a fondo. Come avrei potuto dire a una delle persone che più mi hanno aiutato ad integrarmi, a superare la bufera a rendermi partecipe, che me la spassavo con la sua sorellina più piccola di dodici anni? Danny è stato l'unico in grado di tirarmi fuori di casa quando non volevo fare altro che marcire sul divano ogni volta che vedevo Delia guardare nello stesso modo in cui la guardavo io suo marito, è stato quell'amico a cui non avrei mai dovuto fare uno sgarbo del genere ma... come potevo dire di no a quella meraviglia? E come potevo anche solo pensare che prima o poi non sarebbe esplosa? La verità è che io le parole di... di Molly me le merito tutte. Sono stato un codardo. Un vigliacco. Sono stato un uomo senza spina dorsale. L'incidente è stata una coincidenza: avrei senz'altro parlato a Danny nei giorni a venire dopo il modo turbolento in cui ci siamo lasciati ma poi, sei giorni fa, Grace e Greg hanno avuto un brutto incidente stradale e io non ci ho pensato due volte a raggiungere la donna di cui sono profondamente innamorato in ospedale, non ho nemmeno tentennato quando ho finalmente ammesso a voce alta quello che avrei dovuto dire mesi addietro. Avrei dovuto darle ascolto la prima volta, che fosse presto o meno, avrei dovuto appoggiarla e discutere con Danny. Mi sarei dovuto fare avanti per lei e invece, l'unica cosa che ho ottenuto sono stati due cuori spezzati.
Ho ferito Molly.
Ho ferito il mio amico.
Ho ferito me stesso.
Tutto con le mie stesse mani.
Ricomporsi e spezzarsi.
È così che mi sento da quando l'ho lasciata in ospedale: spezzato.
Ho riflettuto così tanto ultimamente da avere continui mal di testa ma ne avevo bisogno. Sentivo la necessità di capire sul serio i miei pensieri, i sentimenti che sentivo, che sento.
Passo una mano sul viso ruvido, non mi rado da qualche giorno e non ho un aspetto chissà quanto decente ma il punto è che non me ne importa un accidente. Io ho solo bisogno di dirle che la amo, che ho bisogno di sentirla vicina. Ho solo bisogno che mi perdoni un'ultima volta e che mi permetta di trattarla come merita. Io... ho solo bisogno di lei.
Ho... sì! Ho bisogno di lei!
È come se il mio cervello si fosse appena risvegliato da un pisolino lungo quasi una settimana. Sono lucido. Devo fare qualcosa, ma prima devo capire cosa.
Il suono squillante del campanello di casa mi riscuote dallo stato pietoso in cui mi ritrovo. Probabilmente sarà di nuovo il vicino che stavolta ha finito lo zucchero. Poso la tazza colma di caffè sul tavolino e apro la porta senza guardare dallo spioncino.
«Senta, signor- Danny» arretro di un passo, sconvolto dalla sua presenza. Il mio labbro sta meglio dall'ultima volta che si è conosciuto da vicino con il suo pugno e ci tengo a non ripetere la cosa, anche se, visto il mio stato, potrei anche ricambiare il favore. E poi scusarmi anche con lui, certo.
«Ciao, Tom. Posso entrare?» domanda.
Mi faccio da parte, lisciando il materiale della camicia stropicciata che non mi tolgo da ieri. Già, disgustoso, lo so. È solo che cambiarmi non è stato tra le mie priorità.
«Beh, che porcile» sospira guardandosi attorno.
«Che sei venuto a fare, Danny?» rilascio un profondo sospiro anch'io.
«Volevo prima scusarmi per come mi sono comportato, non è così che sono stato cresciuto» si gira per potermi guardare. «Scusarmi per il pugno, non per la sfuriata» specifica.
«Nessun problema. Come sta Grace?» prendo posto sul divano.
«Molto meglio, è già a casa» accenna un sorriso, imitando il mio gesto.
L'osservo, non aprendo bocca. Onestamente, credevo che avrei provato ulteriore senso di colpa ma adesso che la verità è venuta fuori non sento più niente a parte la mancanza terribile della mia ragazzina.
«Lo sai, non parliamo spesso di nostro padre in famiglia. Non perché non lo pensiamo o altro, semplicemente perché preferiamo la sua presenza confortante ma silenziosa. Ero un ragazzino quando lo abbiamo perso e le gemelle... erano molto piccole» mi guarda. «Ogni qualvolta parlavamo, mi faceva promettere di prendermi sempre cura di loro perché io ero il fratello maggiore e quelle erano le mie sorelline. È stato così, Tom» deglutisce. «Mi sono preso cura di loro, le ho cresciute come fossero figlie mie insieme a mia madre e quando... quando ho saputo che anche lei rischiava di morire nello stesso modo in cui papà se n'era andato e ho visto il modo in cui toccavi e guardavi Molly, non ci ho visto più. Ho sbagliato a prendermela con te e per questo ti chiedo di nuovo scusa. Nonostante tutto, tu sei una delle persone a cui sono più affezionato anche se non lo do a vedere.»
Deve essere stato devastante sapere di trovarsi quasi nella stessa situazione di anni fa, con il panico che ti stringe in una morsa anima e corpo mentre non sai in che condizioni si trova una delle persone che più ami al mondo. «Accetto le tue scuse, Danny, te l'ho detto. E ovviamente comprendo che non deve essere stato facile capire come stavano le cose in quel preciso momento, ma dovevo essere con lei. Per lo stesso motivo per cui tu avresti voluto Vivienne al tuo fianco.»
«Vivienne...» sbuffa una risata scuotendo il capo. «Mi ha strigliato per bene, sai? E anche mia madre. Ho capito che non posso impedire alle mie sorelle di farsi una vita con la persona che amano, nemmeno se è considerevolmente più grande di lei» non riesce a trattenere una frecciatina.
Glielo concedo.
«E ho capito anche che la mia stupidità non può farmi allontanare da loro, quindi... ecco, non che ti serva ma... sì, beh- hai la mia benedizione.»
Abbasso il capo con un sorriso triste sul volto. «Non so se conti, visto come stanno le cose tra di noi.»
«E tu hai intenzione di arrenderti?» domanda.
«No, Danny. Ho passato giorni ad autocommiserarmi e oggi era l'ultimo. Si vede che era destino che parlassimo.»
«Bene. Vuoi prima raccontarmi come sono andate le cose tra di voi? Vivienne mi ha detto che non se la passa bene e non ci vuole un genio per capire che tu sei il suo riflesso. Racconta e poi va a farti una doccia» arriccia il naso.
«Che gentile» alzo gli occhi al cielo. «Che vuoi sapere?»
«Com'è iniziata, quando?»
«Abbiamo scambiato due chiacchiere al matrimonio di Delia. Lei non sapeva chi io fossi. Mi ha detto di metterci una pietra sopra e poi sai cosa?» sbuffo una risata all'assurdità di quella conversazione.
«Cosa?» chiede curioso.
«Mi ha detto che forse quella sera stessa avrei incontrato la donna della mia vita. Chi se lo immaginava che quattro anni dopo le avrei dato ragione?»
«Non... vi siete continuati a sentire, giusto? Molly aveva sedici anni allora» deglutisce.
«Danny» sbuffo. «Si vedeva lontano un miglio che era piccola, o per lo meno, minorenne. E poi hai visto come sono stato, non avrei mai e poi mai pensato a una cosa del genere.»
«Chiedevo, chiedevo... non è che la cosa ti ha fermato più avanti» borbotta alzando le mani.
«Vent'anni o ventuno, visto che mancava poco al suo compleanno non sono sedici, quindi, non c'è paragone» gli faccio presente. «Quando ci siamo rivisti è stato... strano. Era mozzafiato. Ma sapevo che era off-limits. Solo che non sono riuscito a trattenermi. Non potevo, non quando era l'unica persona in grado di farmi esasperare ed essere felice allo stesso tempo.»
«Sapevi che mi sarei incazzato» dice.
«Ha provato una volta a convincermi a parlarti ma ho rifiutato perché mi sentivo in colpa nei vostri confronti, nei tuoi. Sapevo che ti stavo facendo un torto enorme, soprattutto dopo il modo in cui avete fatto il possibile per integrarmi, ma dall'altro lato... l'ho ferita, Danny. L'ho ferita perché ho messo voi al primo posto. Poi ci abbiamo provato e la sera del casino con Kim è scoppiata. E vuoi sapere com'è andata a finire?» annuisco. «L'ho ferita di nuovo. Mi è bastato che mettesse piede fuori casa per dare di matto. Mi sono promesso che il giorno dopo ti sarei venuto a cercare e che ti sarebbe stato bene o meno, ti avrei rivelato la verità prima di strisciare al suo appartamento e chiederle un'ultima chance, ma poi...»
«L'incidente. Il casino. Questo» mi indica, consapevole.
«Già. Ma devo muovermi. Non voglio più sprecare tempo. Ho intenzione di strisciare come si deve.»
«E come pensi di farlo? Sono interessato ad assistere» tenta di stemperare la tensione.
«Io...» rimango in silenzio, riflettendo sul da farsi. Passano pochi minuti, poi il lampo di genio. «Il locale dove andiamo sempre, quello dove fanno karaoke...» gesticolo.
«Vuoi cantare? Amico, non credi sia davvero imbarazzante?»
«Che? No. Non sono nemmeno capace. Ho intenzione di scusarmi pubblicamente. Sappiamo tutti quanto io sia riservato, non si aspetterebbe mai una cosa del genere da me» spiego.
«Anche questo è vero» annuisce. «Beh, allora va a renderti presentabile. Ti accompagno al locale per organizzare la cosa e domani vado a parlare con Molly. Te la riprenderai, Tom. Lei... ti ama moltissimo, ne sono certo.»
Annuisco. «Vado, tu fai come se fossi a casa tua» biascico colmo di speranza. Lascio il salotto per dirigermi in bagno e una volta entrato mi chiudo la porta alle spalle. «La mia ragazzina...» bisbiglio. «Basta stronzate, Thomas. Basta stronzate.»

𝐃𝐀𝐍𝐍𝐘, 𝐓𝐑𝐄𝐕𝐎𝐑, 𝐓𝐎𝐌, 𝐂𝐀𝐋𝐄𝐁Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora