Di persone belle al mondo ce ne sono a centinaia, migliaia, ma Delia Heart le racchiude tutte in un singolo sorriso. In effetti, ne è passato di tempo da quando l'ho vista sorridere l'ultima volta a causa mia. Riesco a leggerla perfettamente dopo un anno, conosco ogni sua smorfia, espressione... conosco tutto quello che la riguardi e non so se questo fa di me un uomo inquietante o del tutto perso per la donna che ama, ma è così.
«Trev?» mormora tremante.
«Odio averti urlato contro in quel modo» dice «ma davvero non posso farlo, D. Davvero non posso portare avanti qualcosa del genere.»
«Mi stai spezzando il cuore» piange crollando in ginocchio davanti a me.
«Tu stai spezzando il mio» sfioro il suo viso con le dita. «Non immaginavo che il nostro primo anniversario sarebbe andato così» aggiungo poco dopo.
«Io ti amo.»
«Ti amo anch'io ed è proprio per questo che... che non può continuare, D. Se io accettassi di fare questa cosa diventerei una persona tossica per te e non voglio contaminare quello che di bello c'è stato in questa relazione.»
«Stai davvero rompendo con me senza nemmeno darci una chance?» singhiozza più forte.
«Delia. Non voglio litigare come prima» dico «Cazzo, sono stato terribile» scuoto il capo schifato.
«Ti sto supplicando per l'ennesima volta, Trev. Proviamoci» sussurra stremata.
«No» scosto la mano dal suo viso e mi alzo.
Si alza anche lei, scaccia via le lacrime che le bagnano il viso e annuisce piano. «Mi stai rendendo misera e lo detesto.»
«D...» abbasso lo sguardo.
«Il mio volo parte dopodomani, alle cinque del pomeriggio» detto ciò, mi sbatte la porta in faccia.
Mi ha appena strappato il cuore dal petto e io ho fatto lo stesso col suo.
Deglutisco, tamburellando le dita sul rivestimento rigido del volante, e chino il capo. I rumori assordanti di gente che cammina frenetica, di auto che fanno il possibile per trovare parcheggio e di aerei che atterrano e decollano mi riempiono le orecchie fino a farle quasi sanguinare.
L'ho vista arrivare, ore fa. L'ho vista guardarsi intorno, in cerca della mia persona. L'ho vista drizzare le spalle e oltrepassare le porte dell'aeroporto. Eppure, non l'ho mai raggiunta. Nemmeno quando ho visto Vivienne uscire in lacrime, consapevole che non avrebbe visto la sua migliore amica per molto, molto tempo.
Non ho raggiunto l'amore della mia vita. Perché sono un fottuto idiota, un insicuro, un coglione.
La verità mi brucia la pelle, mi riveste. Nonostante io provassi, so come andrebbero le cose e io non voglio che Delia si senta in quel modo. Per lei ho sempre voluto il meglio e forse... forse questa partenza, questo lavoro, questa distanza, urlano chiaro e tondo che il suo meglio non sono io. Ci siamo feriti a vicenda, ma sono conscio di essere stato io ad aver dato inizio a tutto.
Dio, mi manca da morire.
Mi sento vuoto, smarrito.
Perché non sono andato da qualche psicologo a farmi aiutare? Perché continuo a lasciare che il passato condizioni il mio presente, la mia vita sentimentale? Il problema di donare tutto te stesso ad una persona è proprio questo: non c'è modo che non ti ferisca, anche se in minima parte. Sono state due le donne che mi hanno portato a questo punto, due le donne a cui ho concesso prima uno scorcio di cuore e poi tutto il resto. Lei, però, mi ha dimostrato che il sentimento era unilaterale, dato che una volta arrivata alla Columbia non ha perso tempo a farsi consolare da un tizio di una confraternita. Non ero contento di iniziare una relazione a distanza, temevo che ci avrebbe separati, rendendoci miseri e beh, è stato così davvero, solo che è valso solo per me. Ho fatto il possibile per farla funzionare, dandole i suoi spazi e rispettando le sue decisioni di non potermi parlare perché impegnata a scrivere i suoi saggi. Ho acconsentito ai suoi «ti chiamo più tardi», ai suoi «sono stanca, ti scrivo dopo». Le ho dato fiducia perché non aveva mai e poi mai fatto in modo che ne dubitassi e dopo solo due misere settimane ho scoperto che non ripassava con nessuna amica, anzi, era lei che si faceva ripassare. Da tutti i tizi di quella dannata confraternita. Tutti. In soli quattordici giorni. Lei è stata la prima donna che ho amato, a cui mi sono dedicato sul serio ed è a causa sua che ho giurato a me stesso che non avrei mai più acconsentito a queste dannate relazioni a distanza.
Con Delia è stato differente, direi naturale. È nato tutto da una semplice chiacchierata e qualche battutina per attirare la sua attenzione. Era magnifica. Continua ad essere magnifica. Ci siamo andati piano con i sentimenti e le dichiarazioni, ha rispettato i miei tempi e io i suoi. Ci siamo dati così tanto a vicenda e ce ne siamo privati altrettanto.
Massaggio il petto, strizzo gli occhi e mordo l'interno guance. Una lacrima mi bagna il viso.
Poi un'altra. E un'altra ancora.
Lo so che l'ho ferita non presentandomi, dicendole quelle cose. Lo so bene e fa male anche a me, ma non voglio sentirmi in quella maniera, non voglio imprigionarla nelle mie paure, ansie, paranoie. Voglio che lei sia serena in questa nuova avventura, e non con il mio fiato sul collo. Sono certo che le cose sarebbero andate diversamente ma io... due anni sono troppi. Non mi sarebbe mai bastato uno stupido schermo per vederla o sentirla, non mi sarebbe bastato un viaggio di pochi giorni per recuperare tutte le settimane lontani.
Si dice che a volte chi ama deve lasciare andare. È vero, è così. Io la amo e la lascio libera. Nonostante il mio cuore mi urli di non farlo, di tenerla stretta senza mai lasciarla andare. Lo ignoro.
Singhiozzo per la millesima volta perché non posso farne a meno. Ho perso il mio cuore.
Ho perso la mia anima.
Ho perso Delia.
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𝐃𝐀𝐍𝐍𝐘, 𝐓𝐑𝐄𝐕𝐎𝐑, 𝐓𝐎𝐌, 𝐂𝐀𝐋𝐄𝐁
ChickLit𝐔𝐧𝐚 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐦𝐚𝐬𝐜𝐡𝐢𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐫𝐢𝐞 𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐒𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐠𝐥𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐢 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐢 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭'𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐞: 𝐇𝐚𝐫𝐩𝐞𝐫, 𝐃𝐞𝐥𝐢𝐚, 𝐌𝐨𝐥𝐥𝐲, 𝐏...