𝐓𝐫𝐞

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Vivienne è in ritardo. Il che è fin troppo strano se consideriamo che oggi è il ventinove gennaio e non ha fatto altro che piangere, insultare il clima e andare al lavoro solo perché ce l'ho trascinata io sotto lo sguardo ilare di Cece. Saluto Trevor e le mando un messaggio per capire che fine ha fatto. Forse se l'è filata a casa perché non riusciva a tollerare il freddo? Mmh, può essere. Mi dirigo verso casa, nella speranza di trovarla lì, ma non mollo il cellulare. Rabbrividisco quando una folata di vento gelido mi schiaffeggia il viso e chino il capo. Raggiungo l'appartamento dopo qualche minuto e mi affretto ad aprire la porta.
«Harper?!» esclamo per rendere nota la mia presenza. «Sei in casa?»
Mi zittisco, cercando di capire se è in bagno ma niente, non sembra esserci nessuno a parte il sottoscritto. La preoccupazione comincia a stritolarmi gli organi. Dove si è andata a cacciare? Nelle sue condizioni, poi! Dio, spero sul serio che avrà una spiegazione degna di essere definita tale perché giuro che stavolta la spenno, la lascio a secco per una settimana intera. Deglutisco, passando una mano tra i capelli gelati e sospiro. Controllo ancora una volta il cellulare, imprecando quando non trovo alcuna notifica. Fuori si gela e lei è incinta. Se dovesse succederle qualcosa... no, non voglio nemmeno pensarci. Quell'imbranata qualche giorno fa ha dimenticato il test di gravidanza che annunciava in tutta la sua gloria che sarei diventato padre sul lavandino del bagno. Volevo rendermi utile per una volta e rimettere in ordine così, mentre prendevo il telo appallottolato sul lavabo, è caduto qualcosa sul pavimento. Inizialmente avevo pensato a qualche trucco di Vivienne vista la forma a penna ma le cose erano diventate fin troppo chiare quando lo avevo rigirato tra le mani e quella singola parola mi aveva fatto stramazzare al suolo. Era stata una giornata intensa quella, non avevo fatto altro che pensare e ripensare a quella parola incisa sull'aggeggio.
Padre.
Sarei diventato padre e Vivienne... santo cielo, nostro figlio avrebbe avuto bisogno di tutto l'aiuto possibile con una pazza come lei. Non che io me ne lamenti. Amo Harper con ogni fibra del mio essere e non avrebbe potuto farmi regalo più bello e definitivo di questo.
Il mio cuore batte frenetico. Afferro il cellulare per chiamare Delia, magari lei sa qualcosa. L'ho appena sbloccato quando un numero che non ho memorizzato in rubrica lampeggia sullo schermo.
«Pro-»
«Sei il tatuatore? Bene. Sto per riportarti la pazza della tua ragazza. Buona fortuna con questa psicopatica» attacca la voce di Patrick.
Ma che cazzo è appena successo? Vivienne è con Patrick?

Non so quanto tempo passi prima che riesca a scorgere un'auto fermarsi davanti il palazzo. Vedo Vivienne sfrecciare in direzione del portone, poi la perdo. Mi soffermo per un attimo su Patrick e rinsavisco quando lo vedo sfrecciare via.
Saetto in direzione della porta giusto quando sento Vivi bussare. Non attendo oltre: mi fiondo su di lei stringendola a me e rilascio un respiro profondo che non sapevo nemmeno di trattenere. Mi sembra di essere tornato a respirare regolarmente ora che la tengo stretta tra le mie braccia. «Sono quasi morto di ansia» mormoro. «Ma che diamine è successo? Io lo uccido quel pazzo» ringhio, realizzando che davvero si trovava con quello psicopatico.
«Sto bene, lo prometto. Prima di chiamare Delia e spiegarvi cos'è successo, però, devo dirti una cosa importante» mordicchia il labbro inferiore guardandomi.
«Sei incinta» dico sorridendo raggiante. Per un attimo metto da parte il brutto spavento di non averla trovata a casa o di non aver ricevuto sue notizie per quella che credo sia un'ora. Non ne sono certo, mi sono come ancorato alla finestra in attesa di rivederla dopo la brevissima telefonata con Patrick.
«Che? E tu come... come fai a saperlo?» balbetta colta alla sprovvista dalle mie parole.
«Hai dimenticato il test sul lavandino qualche giorno fa e poi ti sei fiondata fuori casa per andare al lavoro. Ho pensato che ti servisse qualche giorno per metabolizzare la cosa. Stai bene?» domando accarezzando il suo viso con entrambe le mani.
«Mi ha rapita il ventinove gennaio» borbotta.
Rapita.
Quello stronzo ha rapito la mia ragazza incinta.
Per di più il ventinove gennaio. Deve proprio aver istinti suicidi, altrimenti non si spiega.
«Proprio un dilettante. Io non mi sognerei mai di rapirti il ventinove gennaio, aspetterei il giorno dopo» fingo di rabbrividire.
«Esatto! Vedi che è proprio un idiota?» agita le mani mentre mi segue in casa.
«Sono d'accordo con te» affermo con una risata chiudendo la porta alle nostre spalle. «Allora, vuoi chiamare Delia e spiegarle tutto quanto o possiamo prenderci il resto della serata per noi e parlare di quel puntino che ti porti dietro da tre settimane?» indago mentre la osservo disfarsi degli indumenti in eccesso. I riscaldamenti sono rimasti accesi per tutta la giornata, non c'è stato verso di spiegarle che non sarebbe stato saggio vista la nostra assenza ma immagino che se mettessi in mezzo la cosa adesso andremmo fuori argomento e lei continuerebbe a rinfacciarmi di aver avuto ragione visto che, per fortuna, non è successo niente.
«Voglio stare con te e... e... parlare di lui. O lei. Io penso sarà una lei, però, chissà» arrossisce avvicinandosi.
Prima di aggiungere qualcosa, mi chino sul suo bel viso e premo le labbra sulle sue. Sento il bisogno di fisico di percepirla a contatto me, di sapere che è davvero al sicuro e sta parlando con me. Più tardi approfondiremo la questione dello pseudo-rapimento ma per il momento mi basta sapere che sta bene. Ora che ci penso, non gliel'ho nemmeno chiesto. Penso di essere un idiota. «Stai bene, Harper? Ti ha fatto del male?» chiedo.
«No, in realtà ho bevuto pure una bevanda energetica e gli ho chiesto di comprarmi dei cracker prima di tornare ma si è rifiutato» borbotta infastidita.
La trascino sul divano dove le faccio prendere posto sulle mie gambe e poi affondo il viso nell'incavo del suo collo per respirare il profumo che ho imparato ad amare. Accarezzo il suo braccio mentre sento la sua bocca lasciare un bacio sulla mia testa e poggio la mano sul suo ventre. «Non posso credere che qui dentro ci sia nostro figlio» sospiro sulla sua pelle.
«Nemmeno io. Come ti sei sentito quando lo hai scoperto? A proposito, è ovvio che te lo avrei detto. Solo non oggi, visto che sai, giornata terribile e tutto il resto. Volevo solo trovare il momento perfetto.»
«È stata una sensazione improvvisa, totalizzante. È stata gioia pura. Una gioia che mi ha investito come un tir... ma pur sempre bellissima» scherzo sollevando il viso per poterla guardare negli occhioni blu che adoro.
«Ce la faremo. Saremo dei bravi genitori» accarezza la mia guancia.
«Non ho dubbi» annuisco, convinto delle mie parole.
«Non vedo l'ora di dirlo a Delia e Trevor. Impazziranno. E oddio, Grace!» ride. «Oh, cielo, comincerà ad urlare e fare piani, ci travolgerà come un tornado» continua a ridacchiare mentre i suoi occhi diventano sempre più lucidi. «Avrà così tanto affetto, D, così tanto... faremo il possibile per non fargli provare quello che abbiamo provato noi. Crescerà con l'amore di un papà e una mamma in egual misura e-»
La voce rotta dal pianto la costringe a fermarsi e a singhiozzare un paio di volte. Non interferisco. Attendo che butti fuori tutte le emozioni che tiene rinchiuse dal momento che ha scoperto di portare in grembo il nostro amore.
«Ci pensi che lo abbiamo fatto noi?» dice scossa dai singhiozzi.
«È amore» annuisco, ignorando il nodo che sento in gola. «È solo frutto di tanto, tanto amore, Harper» accarezzo piano il suo viso e mi avvicino per poterle rubare un altro bacio, stavolta salato. «Abbiamo un bagaglio abbastanza ampio alle nostre spalle per sapere quali errori non commettere e ti prometto» stringo la sua mano «ti prometto che, anche se ne faremo a bizzeffe, non sminuiranno mai tutto l'amore che proviamo per lui. Mai.»
«Mai» mormora in accordo.
«Ho bisogno che tu mi prometta una cosa, però. E sono serio» l'avverto.
«Cosa?» mi guarda preoccupata e tesa.
«Non insegnerai a nostro figlio o figlia a rubare le biciclette dei bambini altrui. Promettilo.»
«Sei proprio un cretino!» scoppia in una sonora risata gettandomi le braccia al collo.
«Ti amo molto, Harper. Forse non te lo dico abbastanza, ma spero di dimostrartelo ogni giorno» bacio il suo braccio.
«Sì che lo fai. E ti amo anch'io. Anche se aspetto ancora quel famosissimo gelato. Stronzo.»
Rido, non potendone fare a meno e la stringo un po' di più. Se solo sapesse che quello stupido gelato è niente in confronto a quello che lei mi ha dato in questi mesi... penso che mi perdonerebbe. Ma è più bello saperla all'oscuro, vederla lottare per ottenere quel gelato a tutti i costi. «Forse, un giorno...» ribatto vago guardando il soffitto.
«Fottiti.»
«Ci pensi tu. Ogni singolo giorno.»
«Quanto sei romantico, Romeo»
«Lo so, razza di impertinente che non sei altro.»
«Gne, gne» mi fa il verso.
«Vivienne» l'avverto di piantarla.
«Sì, tesoro?»
«Smettila.»
«Altrimenti? Non usi il preservativo e mi metti incinta? Notizia flash, tatuatore: lo hai già fatto!» sghignazza sfuggendo dalle mie grinfie.
«Sei così... ugh, non trovo le parole!» esclamo inseguendola.
Di parole non ne avrò mai abbastanza per descrivere il modo in cui mi fa sentire, ma questo è un altro segreto che non ha bisogno di sapere.

𝐃𝐀𝐍𝐍𝐘, 𝐓𝐑𝐄𝐕𝐎𝐑, 𝐓𝐎𝐌, 𝐂𝐀𝐋𝐄𝐁Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora