La dodicesima onda

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Le luci del Lounge Bar accompagnavano l'atmosfera disinibita del confessionale.

Nero e Saxa si erano seduti in disparte, bevevano il secondo boccale di birra bionda. Per l'occasione, nonostante le tinte eleganti del locale, Saxa si era vestita da sempliciotta, nel chiaro tentativo di non voler inviare segnali di seduzione, nel caso in cui la sua ipotesi fosse stata vera: sentiva che c'era un certo interesse, da parte di Nero, ma non riusciva a decifrarlo a pieno. Nero non era come gli altri uomini, non manifestava dei chiari interessi sessuali; Nero nuotava in un mare di ignoranza e pericoli, di curiosità mozzate e traumi ingoiati e non del tutto digeriti.

È un peccato, pensò Saxa, un po' brilla. È così bello. Potrebbe avere tutti i partner che vuole. Potrebbe schioccare le dita e chiunque cadrebbe ai suoi piedi... A proposito, ha delle belle cosce, dei bei polpacci, e bei piedi. Accidenti, Saxa, fanculo. Sta' sveglia. Sei ridicola. Questo poverello si fida di me. Mi vede come una sorella maggiore.

Saxa batté le palpebre. Si diede mentalmente dell'imbecille. Era stanca, eppure non più stressata come appena uscita dal lavoro. La compagnia di Nero la rilassava e, allo stesso tempo, le faceva sentire qualcosa di molto caldo nella pancia, o giù di lì.

"L'unico modo che hai è quello di dire a Ru tutto quello che pensi. Senza filtri e senza lo psicologo di mezzo. Non avere paura di un suo eventuale rifiuto" suggerì la donna, poggiando il grosso bicchiere mezzo vuoto sul tavolinetto, si pulì il baffo della schiuma. Fu tentata di ruttare sonoramente, ma ricordò appena in tempo di essere femmina.

Nero abbandonò la testa all'indietro, poggiando la nuca allo schienale trapuntato.

"Hai ragione. Ma è chiuso a riccio. Non facciamo sesso da..." cercò di contare i giorni sulle dita, ma non gli bastarono. Di fronte a quel tentativo puerile, Saxa sbottò a ridere, prendendo un altro sorso di birra.

"Mi dispiace, ragazzo. Sarà dura doversi ammazzare di seghe" commentò sboccata, per poi ricordarsi qualcosa. "A proposito, Nero, scusa se faccio il gendarme anche in borghese, ma ora dovresti smettere di bere. Alcool e ansiolitici non vanno per niente d'accordo."

"Stasera non li ho presi" rivelò Nero. "Ero contento di uscire con qualcuno e parlare. Io e Ru non facciamo mai niente di che, fuori di casa. Lavoriamo e basta."

Saxa aveva ormai finito il suo secondo giro di birra. Appoggiò la guancia su una mano, intrecciò le gambe e si mise a fissare Nero. "Non hai ricordato proprio niente, del tuo passato?"

Il ragazzo sospirò, affranto. "No, ultimamente, poi, con la testa impegnata... proprio niente. So solo di conoscere Ru, il suo corpo mi è sempre stato familiare, nient'altro."

"Il suo corpo" ripeté Saxa, assorta. "Ricordi di essere sempre stato attratto da Ru?"

"Sì. In qualche modo. Non so perchè, è questo, il brutto." Nero si voltò a sua volta a guardare Saxa. Ora, i loro volti erano a pochi centimetri l'uno dall'altro, ma in una posizione innocua, di reciproco, puro interesse. "Però..."

"Però cosa?"

Nero formulò la risposta alla domanda di Saxa prima mentalmente, per non balbettare.

"Non ho mai conosciuto una donna."

La musica soft riempì il loro silenzio. Saxa fissò le labbra disegnate di Nero, dolcemente accarezzate dai fasci blu delle luci. Fissò i suoi capelli color cioccolato folti e mezzi scompigliati, l'attaccatura sopra a una fronte perfetta. Qualcosa di umido e caldo le si mosse fra le gambe.

"Stai dicendo che sei curioso?" sussurrò.

La risposta rimase in sospeso. A un certo punto, Nero prese il cellulare e scrisse velocemente a Ru che si sarebbero rivisti direttamente l'indomani.

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