La quindicesima onda

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Il vecchio di Gudvangen morì per un'ischemia fulminante.

Il suo cuore aveva ceduto, ma non prima di consegnare agli umani la sua richiesta d'aiuto: cessare gli sversamenti delle acque reflue nei fiordi; ridurre l'immissione di microplastiche e l'inquinamento acustico.

Era immediatamente stato approntato un piano esplorativo e, mentre un sottomarino governativo si accingeva a esplorare i fondali di Gudvangen, per Nero e Ru era appena il secondo giorno a casa di Ausa.

"Ho... quindici chiamate perse da Saxa."

"Sei pazzo? Spegni quel cellulare, Nero!" lo rimproverò Ru, agitato.

La verità era che Ru aveva truccato più volte i test psicologici, fingendo che andasse tutto bene. Fingendo che i suoi continui stati ansiosi fossero sotto controllo, che le sue ipotesi sul peggio fossero solo paranoie, mere fantasie.

Dal balcone di Saxa si godeva uno scorcio di Oslo di sera. Lampioni dozzinali e ampie finestre a vetri, uffici e abitazioni private, si stagliavano in un'atmosfera limpida alla base, un po' più torbida verso l'alto, complice lo smog accumulato della giornata.

Mentre fumavano, Nero e Ru fissavano le finestre dall'altra parte della strada, cercando di scorgere pezzi di vita quotidiana altrui.

"Ne avete un po' anche per me?"

La voce di Ausa li destò. I ragazzi le fecero posto sul divano a dondolo e recuperarono da rollare. La donna sedette in mezzo a loro e il suo profumo floreale suggestionò ancora una volta i ragazzi, abituati a pensare a lei come la pensava Vidar, una sorta di dea caduta in rovina.

"Che vi passa per la testa, giovanotti?" chiese allora.

Ru le sorrise mestamente, con la nuca poggiata al cuscino e i capelli sciolti sul petto. Aveva gli occhi lucidi e il viso di valchiria flebilmente rischiarato dai neon urbani. "Non riesco a trovare le parole per descrivere i miei pensieri."

Nero lo guardò, come di fronte a un'opera d'arte cupa e insondabile. "Io penso che ho voglia di fare l'amore."

Ausa prese un tiro, annuendo a Nero, affascinata da quell'affermazione. "Vale la pena vivere solo per quello."

Ru, sopraffatto dall'effetto dello stupefacente, scivolò con la testa sulla spalla di Ausa, fasciata da una morbida vestaglia di cachemire. "Fatemi addormentare."

L'effetto dell'hashish accelerò le loro pulsazioni. I tre si strinsero comodamente, come a proteggersi da una pioggia invisibile. Faceva freddo, ma non lo sentivano. Per un po', risero guardando il cielo, inventando a turno visioni di volti e di mondi, per poi rientrare in casa affamati e svaligiare la dispensa. Dormirono nudi e abbracciati nello stesso letto.




Fossa di Gudvangen, - 1950 m




"La testa mi scoppia. Sicuro, mi scoppia."

"Allora non sei tagliata per questa missione, ragazza."

"Sono una biologa marina," ribatté la giovane, con gli occhi sgranati e incollati agli schermi dei dati batimetrici "forse nessuno più di me è utile, qui."

"Che arroganza, la signorina" commentò il timoniere del sottomarino. "Tieni a mente che basterebbe, da parte mia, un singolo errore di regolazione pressione e andremmo a picco."

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