La decima onda

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L'agente Müller e i suoi erano preparati a passare un'altra notte in bianco.

Questa volta, l'ospedale di Flåm era letteralmente assediato da curiosi e giornalisti di provincia. Microfoni, cavi e macchine fotografiche più o meno professionali si affastellavano a mo' di foresta meccanica. Saxa e altri tre poliziotti si fecero strada a gomitate.

"Vorrei sapere chi cazzo è il responsabile della fuga di notizie!" sbraitava il capo della polizia, pestando piedi e ficcando qualche dito in qualche occhio. "Prima del nostro arrivo, poi!"

"Sarà stato quello che ha trovato l'uomo a Gudvangen" suggerì Stan Ackerlund, aprendo il muro di carne e cappotti per far passare Saxa.

"Chi? Di nuovo Vidar Steffen?!"

"Non credo proprio. Non era di turno, stasera" replicò Stan, finalmente oltre la porta dell'edificio. Chiuse i battenti con una certa fatica, aiutato da colleghi e infermieri, ovattando la folla bramosa di informazioni. Poi ridacchiò, rivolgendosi di nuovo a Saxa: "Che ringhio hai fatto, capo? Non ti piace proprio, quel tipo, eh?"

"Meno che mai." La donna si incamminò a grandi falcate, preceduta dai membri soccorritori. Nel tragitto, chiuse il discorso con Stan. "Ho i miei buoni motivi per schifarmi di un uomo come lui, Stan. Fatti un giretto nel fascicolo di Vidar Steffen: nel duemilasedici abbiamo ricevuto una chiamata d'emergenza da casa sua. Poi un'altra. Quel giorno, una certa Ausa Sandberg è corsa in lacrime alla stazione di polizia. I piedi nudi, i vestiti strappati. Il resto... be', non è il momento di parlarne adesso. Ho ritrovato il plico l'altra sera, ma qualcosa me lo ricordavo già. Steffen non è mai stato al fresco, ma va tenuto d'occhio lo stesso, ecco il succo."

Stan la guardò, eloquente. "Ecco perché gli abbiamo fatto visita così spesso."

Giunsero alle vetrate che li separavano dalla stanza asettica. Un infermiere iniziò a parlare, grato di essere solo con i membri della polizia: "Agenti, bentrovati. Questa è la situazione: uomo, mulatto, sulla settantina. Completamente nudo e in stato di shock, senza nulla intorno, esattamente come i ragazzi di Gudvangen. Stavolta, un paramedico stesso ha raccolto campioni di carne di pesce molle ancora attaccata all'uomo..."

"Aspetta, Cosa?" Saxa glielo fece ripetere. "Attaccata?"

L'infermiere si tirò i guanti in lattice sporchi, nervoso e stanco. "La pelle del vecchio. Era come se gli si stesse staccando una sorta di muta, so che è folle, ma non sono un biologo e così è come me l'hanno descritto i soccorritori. Non saprei spiegarvelo meglio. Ora come ora è tutto intero, più o meno. Il cuore e i reni sono infiammati, compromessi. È in coma."

Saxa prese un respiro profondo. "Previsioni?"

"L'emorragia cerebrale è sotto controllo, e riteniamo che il coma sia reversibile. Sulla causa del trauma cranico, signori, be', è un vero mistero. Non ci sono segni di colpi, contratture, si è forse trattato di un'ischemia naturale e improvvisa. Quando i tessuti cerebrali avranno assorbito abbastanza i resti dell'infarto, proveremo a svegliarlo. Ma il fatto è che, potenzialmente, i danni cognitivi sono importanti, e questa struttura non è adeguata a mantenerlo."

"Ho capito. La prognosi, comunque, deve rimanere riservata" ordinò Saxa. "Fornite le impronte digitali e mandate a sequenziare quel DNA, per Dio. A questo punto, se ha a che fare con gli strani resti molli... dovrebbe essere aperta un'indagine a parte, con il rinforzo della Capitale." Saxa aveva riflettuto a voce alta, cosa non da lei. Ma era severamente sconvolta. Tutto di quella situazione le metteva un brivido addosso.

È successo di nuovo, si lambiccò, non me lo farò passare sotto al naso un'altra volta.


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