Toronto sta iniziando nuovamente a starmi stretta.
Il senso di oppressione è tale che ci sono momenti, nell'arco della giornata, in cui mi sento soffocare.
Se non fosse per l'autocontrollo che ho, probabilmente sarei nel braccio della morte per strage colposa. Come minimo.
Sono nella cucina della penthouse che divido con mio fratello, è veramente presto, fuori l'alba sta rischiarando adesso lo skyline di Toronto. Sono seduto alla penisola della cucina, ho appoggiato l'iPad lì sopra mentre finisco di fare colazione e guardo un po' di notizie, soprattutto quelle che riguardano la politica sia canadese che statunitense.
Mi alzo sempre presto, molto presto soprattutto rispetto a Jacob che ha dei ritmi diversi dai miei. Lui è meno rigido con sé stesso, ma dopo quello che ha passato riesco a comprendere il perché si prenda questo tempo e non ne voglia sapere di fare altrimenti.
Stare solo, oltretutto, non è un problema. Con me stesso sto benissimo, nonostante sia stato abituato negli anni a vivere circondato da altre persone, in special modo Alexander e Garrett. Adesso è il turno di Jacob di sopportare le mie abitudini.
Mastico nella quiete di casa, concentrato su quello che sto guardando. Avverto, però, dei passi arrivare alle mie spalle. Uno sbadiglio pigro, Jacob appare in tutto il suo splendore Anderson: non è vestito, ma ha avuto la grazia di infilarsi una maglietta nera che fa combo coi boxer ed è scalzo, a piedi nudi.
«Minchia, sei già operativo.» ha ancora lo sguardo mezzo assonnato.
Alzo lo sguardo su di lui, inquadrandolo meglio: ha la faccia di chi ha dormito poco ma si è dovuto svegliare per forza. Finisco di masticare il mio toast e butto tutto giù con un sorso del mio caffè nero. «Ho un'udienza dopo, in mattinata.»
«Mh.» smuove la mano, la macchinetta del caffè si aziona nel silenzio ovattato della cucina.
«Marianne?»
«A casa sua, presumo.»
«Avete già litigato.»
Prendo un respiro: quanta cazzo di voglia hai, Jacob, appena sveglio di rompermi le palle? Moltissima, è evidente. Per quello non rispondo.
La macchinetta si spegne e lui mi raggiunge alla penisola della cucina, recuperando uno sgabello e depositando la sua colazione sul tavolo.
«Ho incontrato Mja.»
Resto fermo, immobile. Alzo lentamente lo sguardo su di lui che mangia annoiato, o forse è solo mezzo addormentato ancora.
«Ho capito perché te la sei fatta, sai?»
Jacob continua, mentre i miei nervi iniziano a incassare una tensione che proprio prima di un'udienza non è raccomandabile caricarmi addosso: già notoriamente non sono uno amabile, se poi in tribunale ci arrivo già girato di culo, non assicuro di non devastare niente e nessuno poi.
Ma, siccome io me ne resto zitto, lui continua a parlare per entrambi.
«Non avrei mai detto fosse il tuo tipo, sai?» mi fissa con i suoi occhi grigi: sta testando quanto posso sopportare sull'argomento. «Due gambe da far paura, bocca perfetta. E gli occhi...» un cenno del capo. «Notevole, fratellino.»
Espiro dalle narici. «Jacob, cosa vuoi.» lo guardo ora.
Lui angola un sorrisetto e si prende tutto il tempo di questo mondo. «Le ho detto di lasciarti perdere.»
Questa poi, da quando Jacob si interessa di chi frequento e chi no?
Raccoglie una briciola della sua barretta, buttandola nel suo caffè. «Però. Sei migliorato, Thomas.» torna a fissarmi. «Un tempo mi avresti già dato un pugno.»
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Behind your never
RomanceThomas, brillante avvocato con tutta una carriera davanti, si ritrova in mezzo a qualcosa di più grande di lui. Qualcosa che gli cambierà per sempre la vita. Dai modi freddi, distaccati, capace di compiere scelte anche forti, è tutto fuorché ciò ch...