3. The Quail

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A quanto pare Mja ha intenzione di andare dritta spedita come un treno in quei suoi intenti finanziariamente suicida. Forse è più stupida di quanto avessi pensato, sto sinceramente iniziando a crederlo.

Come avvocato ho il dovere di illustrare ai miei clienti ogni singola possibilità che si scatena dalle varie decisioni a loro disposizione, ed è quello che ho fatto con Mja. Le ho caldamente sconsigliato di continuare, lei mi ha chiesto di preparare comunque i documenti, ma non renderli né pubblici né effettivi.

Le conversazioni con lei, tuttavia, non hanno sempre mantenuto un tono professionale, specie quando ci sentiamo privatamente.

Mja è una donna audace, più di quanto davanti a me ha mostrato. Davanti a me a volte ha quell'aria sperduta tipica di chi si fa forte per celare al mondo le sue debolezze. Qualcuno potrebbe asserire che rasenta l'isteria, non gli darei pienamente torto in tutto cuore.

È una donna che vuole apparire inavvicinabile, invincibile, ma non è nulla di tutto questo. È piena di insicurezze, fragilità. Ci sono, sono solo sommerse dal "personaggio" che prevarica e soffoca la persona.

Ed è per la persona che io le ho chiesto di vederci, quella dei documenti è una scusa, lo sappiamo entrambi. È quantomeno inverosimile che abbia bisogno di cartacei quando esistono le mail certificate. E lei è piuttosto intelligente, questo l'avrà capito da sola. Tanto più che l'ho invitata al The Quail, che è un locale sito in una delle zone più esclusive di Toronto, ma non pretenzioso. È rilassato, caldo, avvolgente. È il posto perfetto dove posso spingerla a parlare senza avere troppi occhi indiscreti in mezzo alle palle.

Ho scelto la zona sul fondo del locale, quella arredata con divanetti e poltrone, in modo che lei si senta meno sotto pressione, più a casa se vogliamo. Ho puntato due poltrone disposte a semicerchio intorno ad un tavolino, sono seduto su quella di sinistra ed aspetto che lei arrivi.

È in ritardo, io odio i ritardi. Mi fanno innervosire e mi mettono di un umore pessimo.

Dentro di me il fatto che lei sia in ritardo mi fa stringere le viscere in un moto di nervosismo che è allucinante. Fuori non dimostro niente, ma dentro sono come un vulcano che inizia a borbottare silente, pronto ad eruttare. Tutto questo non sarà un bene per lei, perché quando mi indispettisco tendo a diventare ancora più pressante e mostruoso del solito.

Blocco lo schermo del mio iPhone ed intravedo una chioma bionda fare il suo ingresso nel locale. Riconosco le fattezze di Mja ancor prima che lei mi veda, le lascio tutto il tempo di avvicinarsi, fare il suo ingresso trionfale da donna sicura di sé e dentro di me penso solamente a come poterla demolire per poter arrivare, finalmente, alla vera Mja.

Quella che mi scrive con audacia nel cuore della notte. Quella che tira il sasso e poi nasconde la mano. Quella che mi sta provocando da giorni. Sono tutti accenni a ciò che lei è realmente e nasconde bene sotto quella patina di compostezza.

Forse – forse – lei sotto sotto è come me.

Non lo so, ma mi intriga questa cosa.

Mi alzo solo quando lei è ad una manciata di passi da me.

«Avvocato...» fa un cenno del capo, ha il tono di chi sembra divertirsi un mondo. Allunga la destra verso di me. «Mi spiace per il ritardo, ero imbottigliata nel traffico. Ancora non sono pratica delle strade e ho un brutto rapporto con il navigatore.» snocciola la sua spiegazione con assoluta tranquillità.

Abbasso appena il capo verso di lei in modo da poterla guardare meglio negli occhi. «Miss.» le prendo la mano e la stringo senza stritolare la sua, ma solo facendo sì che la mano l'avvolga completamente. «Ecco perché dovresti preferire i taxi. Anche se il ritardo, su di te, si addice particolarmente.» accenno praticamente in maniera appena visibile un mezzo sorriso: la sto perculando. Ha fatto tardi perché s'è persa probabilmente, poi non hanno ragione le barzellette sulle bionde.

Behind your neverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora