Il respiro di Agnese era calmo e regolare. Dormiva. O forse fingeva? Bianca, rannicchiata su un fianco, la faccia verso il comodino, ascoltava il respiro di sua sorella. Rivedeva il ciclope che inseguiva gli uomini minuscoli e poi li sbranava. Doveva stare sveglia.
Eccone uno che si è arrampicato in un anfratto, spalmato come una macchia sulla roccia grigia, immobile. L'unico occhio del ciclope gira come il faro di un'isola, a caccia di cibo. Un solo passo ed è già all'altra estremità della grotta. Eccolo lì, sta per scoprirlo, quell'essere minuscolo chiude gli occhi... con gli occhi chiusi è come morto. Come gli scarabei quando si paralizzano in mezzo alla sabbia, se non riescono ad interrarsi. Un grido lacerante rischia di farla sobbalzare. Sbatte le palpebre. Il ciclope vede e sente il respiro dei vivi, anche flebilissimo. Come un animale. Non c'è scampo.
Bianca si sforza di rimanere ferma, la gamba sinistra freme spasmodica sotto il peso del corpo. Ha i piedi gelidi anche se li ha infilati nei giretti del pigiama.
Da un momento all'altro Agnese si alzerà in punta di piedi, sicura che lei stia dormendo. Che ore saranno? Accidenti, da quella posizione non può vedere la radiosveglia, che sta dall'altra parte. Basta aspettare. E se lo facesse Anna? No, si stufa facilmente, lei. Non è tipo da organizzare un simile piano. Agnese sì, invece. È una che quando decide di fare una cosa la fa, senza tentennamenti. In ogni modo, chiunque sia dovrà passare davanti alla porta socchiusa della loro camera, l'ultima del corridoio.
Prima di salire aveva guardato: un angolo della busta bianca con i brillantini era ben visibile sotto la porta d'ingresso.
Con la lentezza di una tartaruga che, ritirata nel carapace, mette fuori la testa per vedere intorno, allungò la gamba che le doleva e si era informicolita. Da sua sorella neanche un fiato. Un'onda di piacere la attraversò dalla punta del piede fino al collo. Sentì un calore diffondersi da dentro la pancia: i muscoli si stavano allentando.
Oddio, ecco Polifemo che si avvicina. L'occhio ora guarda proprio nella sua direzione! Lei è ben rintanata dietro uno spuntone di roccia. In un silenzio denso e compatto, l'occhio del ciclope risale verso il suo nascondiglio. Ora lo sente puntato proprio su di lei! Con gli occhi chiusi, senza respirare, con il corpo minuscolo aderisce alla parete grigia. Il sangue si ferma, l'acido del respiro del ciclope le invade le narici. Poi, di colpo, sente spegnersi la luce di quell'occhio. Forse è troppo piccola, l'ha scambiata per un'escrescenza della roccia.
Ora è dall'altra parte della grotta. Il rumore di un sasso che si è staccato dalla parete lo ha distratto.
Bianca ricomincia a respirare e si sporge di pochi centimetri con un solo occhio socchiuso...è un attimo. L'occhio del ciclope incrocia il suo. Lei immediatamente lo richiude fingendosi morta, sente il corpo immobile ricoprirsi di sudore, quel faro acceso di nuovo su di lei. Vuole gridare ma la voce non arriva, l'ultima cosa che vede è la mano enorme che la acchiappa e la porta lassù in alto per guardarla meglio prima di lanciarla contro la parete di roccia come se fosse uno scarafaggio fastidioso...
Stava precipitando in una profondità sconfinata quando sentì una mano che le scuoteva un fianco.
«Ehi, ma che ti sognavi? Hai mugolato, ti sei girata mille volte! Sei un bagno di sudore, senti qua! È meglio se non guardi certe cose alla TV, sei troppo piccola e fifona! E ora sbrigati o farai tardi a scuola».
Agnese era già in piedi e la stava scuotendo. Fuori la luce penetrava dalle tapparelle: mattina.
Bianca uscì dal cancello che fece il suo rumore metallico quando se lo chiuse alle spalle. Della lettera nessuna traccia. Una nube compatta stava proprio sopra la sua testa; poco più in là, un raggio di sole illuminava il campo a lato della strada, coperto di brina. I riflessi creavano forme geometriche, una specie di losanghe che somigliavano a una fioritura trasparente.
Bianca camminava a passo di carica, agitando le braccia lungo i fianchi; la vampata di calore che ancora le percorreva la schiena si infiammava ogni minuto di più. Non sentiva le punture dell'aria rigida nelle dita, come le altre mattine.
Era proprio piccola, mica come Maurizio. Si era addormentata come una poppante. E aveva anche fatto brutti sogni, proprio come i bambini che hanno visto film paurosi in TV. Le pareva di sentirle le voci di Anna e Agnese.
«Eh, lei è così. Ha otto anni ma è proprio una bambina, noi eravamo più grandi alla sua età. Crede a tutto».
«Sì, perché è la più piccina e si prende tutte le coccole, mica come noi che da piccole ci prendevamo anche dei begli schiaffi. Mamma non ne ha più voglia!»
«Babbo poi, figurati, non la vede tutta. È proprio la sua cocchina».
«Ehi Bianca! Che fai, non mi aspetti neanche? Oooh!». La voce di Luisa. La stava rincorrendo, non l'aveva neanche vista sulla porta ad aspettarla. Rallentò il passo, facendo un respiro profondo.
«Oh, ma che hai stamani? Fra due giorni è Natale eh! A casa mia c'è una confusione...a proposito, devi assolutamente venire oggi, mio fratello ha finito il presepe! Devi vedere Buck che fa il matto e cerca di buttarsi in mezzo ai rametti e alle foglie secche...e poi c'è l'acqua che scorre...»
Bianca si girò verso la sua amica. Aveva gli occhi pieni di lacrime ma inghiottì perché Luisa non se ne accorgesse.
«Che hai fatto? Hai gli occhi lucidi!»
«No, è l'aria fredda, camminavo veloce». Le parole uscirono da sole, meccaniche. Sentì dal fondo della pancia una spinta, come un'onda che le arrivò in un attimo fino alla gola. Ma Babbo Natale c'è davvero, avrebbe voluto dire, e i regali? Luisa le avrebbe risposto sì, certo che c'è. Le avrebbe detto cosa ci aveva scritto nella lettera, lei, oltre alla cuccia per Buck. Sarebbero corse ridendo a scuola mentre la campanella stava suonando. C'era la recita di Natale quella mattina. L'onda scese e il petto le si allargò di nuovo. Neanche a casa di Luisa si dicevano bugie. Maurizio era un conta balle e basta. Lei aveva dormito, è vero, ma di notte si deve dormire, no? Mica stare a spiare i genitori. Se Babbo Natale trova gente sveglia prende e se ne va, dice sempre nonna Olga.
E poi forse sarebbe venuta anche la neve, magari...guardò il cielo mentre entrava di corsa nel cancello della scuola. Macché: quel raggio di sole c'era ancora e sembrava voler rompere la barriera di nuvole. Entrando in aula incrociò Maurizio: ignorò la fitta che sentì nel petto e andò a sedersi, evitando il suo sguardo.
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SCALE
General FictionSiamo negli anni '60, in un quartiere di periferia di una cittadina di provincia destinato, in futuro, a diventare residenziale. In una strada che termina in un campo dove ancora non si è costruito, a due passi dalla scuola elementare del quartiere...