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Manuel odia Settembre.

Chiariamoci, è così da circa dodici anni, forse undici perché a sei anni non sapeva a cosa stava andando incontro, ma quest'anno settembre si è messo d'impegno per farsi odiare da lui. O meglio, Settembre non fa niente se non il suo misero e ingrato lavoro, cioè far riempire nuovamente le classi, rendere ragazzi che di norma nemmeno si parlano assolutamente impazienti di rivedersi, e insegnanti che per undici mesi l'anno fanno macchinosamente il loro lavoro senza minimamente vedere chi hanno di fronte, improvvisamente curiosi di sapere di più sulla vita privata dei loro studenti. È lui ad odiare tutta quella finzione, perchè Manuel crede di essere una persona vera, in tutto. Significa che se prova qualcosa lo esterna, e questo generalmente si tramuta in un suo astio indiscriminato verso il genere umano.

Seduto ad un banco vicino alla finestra, vede un mucchio di gente chiacchierare appassionatamente affianco alla porta. Le prime persone che riconosce sono Simone e Chicca, e per un secondo pensa persino di alzarsi e raggiungerli, giusto per non isolarsi troppo, ma poi ci ripensa per tre motivi: il primo è che Chicca al momento non lo odia, non esattamente, ma non è proprio nelle condizioni di conversare amabilmente con lui; il secondo è che Simone lo vede fin troppo, risiedere con sua madre nella sua meravigliosa villa appena fuori Roma basta e avanza; e il terzo è che già sa qual è l'argomento della loro conversazione.

Così, Manuel se ne resta seduto tranquillamente al suo banco pensando alla giornata di merda che lo attende, al mese di merda che lo aspetta nonché all'anno di merda che gli si prospetta.

Sono le 7.50, mancano ancora dieci minuti all'inizio delle lezioni e lui è perso nei suoi pensieri quando Luna appoggia due mani sul suo banco. Sorride.

"Ciao Manuel, come sono andate le vacanze?" Manuel crede di essersi perso il passaggio in cui lui e Luna sono diventati amici, ma non odia così tanto il genere umano da non rispondere.

"Quello stronzo di Simone s'è tolto dai coglioni quindi non mi posso lamentare." A quel punto ride, e Luna gli sorride.

"Beh" risponde "mi sembra che pure lui s'è andato a divertire, tu che dici?" Lui sbuffa scherzosamente e si nasconde la testa tra le braccia, appoggiando la fronte contro al banco.

"Lascia perde' Luna, lascia perde'."

"Embè è felice, che male c'è?"

Allora Manuel solleva la testa e la guarda, dal basso. "Luna, facciamo che vieni un po' a stare a casa mia e io vengo un po' a stare a casa tua, così ti godi un po' un Simone tutto felice, e dai un po' di riposo a me, che dici?"

Lei ride, e sta per dire qualcosa ma Simone spunta da dietro la sua spalla. "Di che parlate?"

Luna fa per aprire bocca ma lui la precede. "non è niente che ti riguardi, Balestra junior, puoi tornartene da dove arrivi."

La campanella suona e Simone prende posto davanti a lui, mentre Luna si siede affianco ma non senza prima passargli scherzosamente una mano tra i capelli, e dirgli: "ce la puoi fare, Manuel, io credo in te."

Manuel non capisce come faccia ad essere sempre così socievole, dovrebbe imparare da lei. Non lo sa, ma gli piace.

***

Quello stesso pomeriggio, Manuel è seduto sul suo letto e sta svogliatamente fissando il libro di storia, aspettando che l'ispirazione divina faccia la sua comparsa, quando improvvisamente Simone apre la porta e si siede sul letto affianco a lui. Ha il telefono in mano.

"Che stai facendo?" gli chiede, spalancando gli occhi, quando lui appoggia la testa sulle sue ginocchia incrociate.

Simone alza le spalle con noncuranza, lo guarda dal basso. "Niente, guardo delle foto di questa estate. "

Manuel sbuffa. "Strano" sussurra tra sé e sé.

"Cosa?"

Gli prende la faccia tra le mani. "Ascoltami, Balestra Junior, io so che tu hai già un futuro programmato a Glasgow, non che mi dispiaccia, per quanto mi riguarda potrai rimanere là per tutta la vita, ma io purtroppo sono ancora qui, l'anno non è nemmeno iniziato e io già sono indietro con i compiti, quindi devo finire di studiare questo schifo, anche perché se no mi bocciano e io non ci tengo. Quindi o mi aiuti o te ne vai." Simone sorride, appoggia il cellulare sul comodino, si alza e prende dalla scrivania degli appunti, poi si siede a gambe incrociate affianco a lui, prima di iniziare a leggere.

Onestamente, a Manuel studiare con Simone non dispiace, soprattutto considerando che è una delle poche persone capaci di spiegargli decentemente le cose e allo stesso tempo di non farlo distrarre.

Stanno studiando da circa un'ora e mezza quando Virginia fa capolino alla porta. "Ragazzi preparo del the, ne volete?"

Simone annuisce "grazie nonna, adesso scendiamo" e poi aggiunge, rivolto a lui "abbiamo studiato abbastanza, che dici?"

Manuel spalanca gli occhi "Simò, io ho il mirino puntato addosso e non ci sto capendo niente di questa roba, col cazzo che finisco prima di stasera."

"Vabbè, ti aiuto io, no?" propone, scendendo le scale.

Mentre sono seduti a tavola, Simone riceve una telefonata. Dalla sua velocità capisce che si tratta di Alex, il ragazzo che ha conosciuto in Scozia. Manuel non sa molto di lui, se non che ha diciotto anni, e che lui e Simone hanno una specie di relazione a distanza. Il più piccolo non gliene parla granché, ma è come se ne parlasse costantemente perché Simone dal suo ritorno a questa parte è praticamente inesistente. In casa, a scuola, ovunque, e di questo se ne sono accorti tutti. È sempre al telefono, o per chiamare Alex, o per messaggiare con lui, e Manuel è convinto che se facesse capolino tra i suoi pensieri troverebbe solo una gigantografia di questo diciottenne che lui, per giunta, non ha mai visto, nemmeno in foto.

Dopo circa venti minuti, quando ormai il the l'hanno finito tutti da un pezzo, Simone non è ancora tornato, ma Manuel sa di dover tornare a studiare. "Vabbè" sospira, alzando gli occhi al cielo "ho già capito" sa che in camera non potrà tornare, così guarda Virginia e "le dispiace se rimango qui a studiare?" le chiede.

"Figurati, caro" le risponde gentilmente lei. "Dante dovrebbe ritornare a momenti, se ti serve qualcosa potrai chiedere a lui, ti aiuterà volentieri, sai?" Manuel annuisce, ma non è molto convinto. Sa che il professore non avrebbe nessun problema ad aiutarlo, ma non vuole gravare sulle sue spalle, sa già che farà da solo.

Ha ripreso a studiare da quaranta minuti, almeno, quando sente due mani posarsi sulle sue spalle. "Ci stai capendo qualcosa?" si gira, Simone ha un sorriso raggiante sul volto.

"Spiegami una cosa, Simò. Che cazzo avete da dirvi? Funziona tipo che tu gli racconti le tue giornate e lui le sue, e basta? O parlate di filosofia su Skype? Posso dire, sinceramente, che palle?"

Lui si incupisce. "Tu fatti i cazzi tua, intanto" lo dice in tono scherzoso, ma Manuel ha imparato a conoscerlo, sa che c'è una punta di astio nella sua voce. "E poi no, è più complicato di così."

Alza le spalle "vabbè, come te pare."

"Ma te non dovevi studià?"

Scuote la testa "lascia perde', ho già fatto" poi guardandolo aggiunge ironicamente "grazie tante."

Simone fa per andarsene, quando Manuel gli urla dietro "Ah, l'amore!"

Lui alza il dito medio nella sua direzione, ma ride.

In virtù della legge moraleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora