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Prima di spingere la porta della stanza Logan respirò profondamente.
"Hai fatto presto."
Peter era in piedi accanto a sua figlia, sembrava la stesse proteggendo.
"È tutto ciò che voglio e di cui ho bisogno. Posso portarla via?"
Peter annuì e si fece da parte.
"Logan, questa ragazza per me è davvero mia figlia. Se la porti via adesso dovrai prendertene cura, rispettarla e amarla, ma soprattutto dovrai farla ridere. Se non sei in grado lasciala qui."
Logan scosse la testa.
Aveva sbagliato.
Questo si, ma ora doveva rimediare.
Prese il corpo di Heavenly tra le braccia e la sollevò senza sforzo.
Le guance incavate gli dimostrarono che si era lasciata andare.
Uscì dall'ospedale e la mise in macchina.
Aveva lasciato la caserma nelle mani di Jack che gli aveva intimato di risolvere le cose con Caterpillar o di farsi da parte.
Lui avrebbe imparato ad amarla e a renderla felice, ma Logan gli aveva assicurato che Heavenly non avrebbe lasciato casa sua finché non lo ascoltava.
Arrivò davanti casa sua e andò prima ad aprire la porta, poi ritornò a prenderla.
La portò in camera e la adagiò sul letto.
Dopo un paio d'ore che dormiva la spogliò e le mise una sua felpa poi la coprì e andò a fare una doccia.
Alla fine prese posto sulla poltrona ai piedi del letto e attese che lei si svegliasse.
Era stato così stupido.
Se non si fosse accanito contro di lei forse non avrebbe perso il loro bambino.
Non sarebbe andata fino ai confini di Kabul per mettersi in pericolo.
Sarebbe bastato parlarle.
Sapeva bene che lei non aveva colpe.
Ma non avrebbe mai immaginato che in lei avrebbe trovato tutto ciò che lo completava.
Avevano parlato poco, il loro era stato solo un rapporto fatto di sguardi a volte anche rubati, ma tra loro c'era un affinità che andava oltre qualsiasi fattispecie di rapporto.
Non sapeva con esattezza quando si era innamorato di lei.
Forse quando l'aveva vista la prima volta, o quando lei si era recata a salvare quella donna.
O quando l'aveva osservata cambiarsi nello spogliatoio, di certo sapeva che tutte le volte che si era sentita male avrebbe solo voluto stringerla.
La mattina dopo Heavenly dormiva ancora, chiamò Peter per chiedergli come mai e lui lo rassicurò che avrebbe dormito ancora.
Sua madre gli portò la scatola con il vecchio pupazzo malandato e gli raccomandò di prendersi cura di quella ragazza che suo padre aveva tratto in salvo.
"Tranquilla mamma. Ho capito dai miei errori, Heavenly si merita di essere felice e io voglio essere parte della sua felicità."
Verso sera nella penombra della stanza Heavenly si stiracchiò nel letto.
Si mise a sedere e si passò una mano sul viso, le narici le riportavano l'odore di Logan e si diede della stupida.
Per quanto cercava di non pensarlo lui era sempre nei suoi pensieri.
"Smettila Heavy, concentrati su altro. Ma dove diavolo sono?"
Logan se ne stava seduto in poltrona ad ascoltare le sue elucubrazioni.
"Sei a casa mia."
Heavenly scattò in piedi appena sentì la voce di Logan.
"Logan? Cioè volevo dire, capitano."
Era impacciata e cercava di non guardare nella sua direzione, aveva le gambe scoperte e non aveva la minima idea di dove fossero i suoi vestiti.
Logan si alzò e accese la lampada sul comò, poi si girò a guardarla.
"Come ti senti?"
Heavenly lo guardò stralunata.
"Bene?"
Di cosa diavolo stavano parlando?
"Io non direi. Quanto pesi? Da quando non fai un pasto come si deve? E soprattutto mi spieghi che cazzo ci sei andata a fare ai confini di Kabul?"
Heavenly si accigliò.
"Non credo di dover dare conto a te di quello che faccio. Non faccio più parte della tua squadra."
"Non fai parte della mia squadra ma ti sei messa in pianta stabile nella mia testa, quindi per piacere puoi darmi delle risposte concrete?"
Intanto si era avvicinato di molto.
Heavenly si sentiva impacciata.
"Senti, io non so neanche perché sono qui. Ero in ospedale da mio padre. Al momento l'unica cosa che mi interessa è che lui stia bene, quindi io devo tornare in ospedale."
Logan scosse la testa.
"Niente da fare piccola dispotica. Tuo padre è uscito stamattina, gode di ottima salute e l'unica cosa che vuole è che tu stia bene. Quindi non ti muoverai da qui finché non avremo chiarito."
Heavenly andò su tutte le furie.
"Chiarito cosa? Ti ricordo che mi hai dato la colpa della morte di tuo padre e anche quella dell'incidente di Jack. Te l'ho già detto mi pare, vorrei tanto che quella maledetta notte tuo padre non mi avesse salvata. Oggi tutti starebbero meglio. Tu avresti tuo padre, tu madre avrebbe suo marito. Peter avrebbe solo i suoi figli e non avrebbe a che fare con una patetica ragazza che ha perso tutto. I suoi figli non avrebbero avuto un terzo incomodo tra i piedi e io sarei al fianco dei miei genitori. Ma non sempre le cose vanno come vogliamo noi. Se mi dai la mia roba tolgo il disturbo."
Logan scosse la testa.
"Heavenly voglio chiarire la mia posizione non la tua. Ti ho portata qui perché voglio parlare con te a quattr'occhi senza darti la possibilità di scappare come tuo solito. Dopo se vorrai ancora andare via ti porterò ovunque vorrai. Ti va di ascoltarmi?"
Heavenly ci pensò un po' su e decise che poteva al contrario suo dargli la possibilità di parlare e spiegarsi.
Annuì sedendosi a gambe incrociate sul letto.
Logan sospirò e prese posto davanti a lei.
"Io e mio padre avevamo un rapporto che andava oltre il rapporto padre figlio. Lui era il mio migliore amico, il mio punto di riferimento, la mia roccia. In lui ci vedevo ciò che volevo diventare.
Era sempre ligio al suo dovere, amava solo mia madre e per lui la famiglia era al primo posto. O almeno così credevo io. Finché non è successo che un palazzo è andato a fuoco durante la notte e lui ha fatto di tutto per salvare una bambina. Quando ci hanno permesso di vederlo mio padre parlava a fatica, i polmoni erano andati e poteva respirare solo con la maschera per l'ossigeno. Quel giorno mia madre era dovuta andare a sbrigare una faccenda molto importante, così mi disse, quindi io restai a fare compagnia a mio padre. Gli lessi il giornale, pronosticammo chi avrebbe vinto il super Bowl e gli confidai che avevo conosciuto una ragazza. Mio padre mentre gli raccontavo di lei mi chiese se ti avevo visto, se sapevo come stavi e se eri ancora in ospedale."
Si alzò di scatto sotto lo sguardo attento di Heavenly e raggiunse la finestra, mise le mani in tasca e dopo aver deglutito più volte continuò.
"Gli dissi che non avevo nessuna intenzione di venire a trovarti, non mi interessava nulla della bambina per cui lui versava in quelle condizioni. Mi rimproverò. Mi disse che nelle situazioni bisognava trovarsi e che i sopravvissuti agli incidenti non avevano colpe. Gli chiesi perché aveva dovuto salvarti proprio lui, perché non poteva essere stato uno dei suoi uomini. E lui mi rispose che il destino è di chi lo vive, che nel suo lavoro non contava la propria vita, e che se non fossi stata tu sarebbe stato qualcun altro."
Fece una breve pausa.
"Li in quel momento capii che il lavoro per mio padre era prima di tutto, perché spesso aveva a che fare con le vite umane e fu lì che decisi che ne avrei seguito le orme. Mai avrei immaginato di doverlo salutare dopo appena una settimana. Da quel momento ti ho odiata. Ma non odiavo proprio te, più che altro quello che rappresentavi. Dopo aver seppellito mio padre sono venuto in ospedale a cercarti, volevo guardarti in faccia e dirti che per colpa tua mio padre era morto. Ma non ti ho trovata. Adottata mi dissero. Ma non ero un parente e quindi non avevo diritto a sapere da chi. Ho fatto ricerche su internet, ho cercato nei necrologi i nomi dei tuoi genitori per cercarti presso un anagrafe. Niente. Sembrava che non fossi mai esistita. Mia madre mi ha sempre supplicato di lasciar perdere, non le ho mai dato ascolto. Finché non ho avuto il tuo curriculum tra le mani. Quando ho letto sopravvissuta all'incendio di Lindel ave non ci ho visto dalla rabbia. Finalmente avevo trovato la donna giusta per me, che mi teneva testa e allo stesso tempo aveva bisogno di cure amorevoli. Sembrava che chi muoveva e intrecciava i fili della mia vita si stesse divertendo un mondo. Ti davo contro e allo stesso tempo volevo che scoppiassi a piangere per poterti stringere tra le braccia e rassicurarti. Ma vederti lì, fredda, impassibile davanti a me, come se non ti importasse nulla mi ha fatto arrabbiare ancora di più."
Si girò a guardarla.
"Potrai mai perdonarmi?"
Heavenly aveva gli occhi lucidi.
"Quella notte temo non la dimenticherò mai. Eravamo andati a dormire presto perché mio padre lavorava presso un cantiere edile e si alzava che fuori era ancora buio. Io dormivo sul divano in salotto, non eravamo tanto ricchi e il lettino sarebbe arrivato con babbo natale, così diceva mia madre. Quando mio padre si è accorto delle fiamme era già troppo tardi, sono iniziate le urla in tutto il condominio, mia madre tentava di spegnere il fuoco che avanzava mentre mio padre cercava di aprire la finestra. Mi hanno detto di correre al riparo dal fuoco, l'unico posto dove potevo nascondermi era la mia stanzetta. Li seduta in un angolino abbracciata al mio orsetto ho pregato il signore che qualcuno venisse ad aiutarci. Quasi in risposta alle mie preghiere è arrivato un uomo alto, vestito di giallo. Mi ha presa in braccio e mi ha detto: 'Ehi piccolina vieni con me ti porto fuori di qui. Devi solo tenere gli occhietti chiusi va bene?'. Mi sono affidata a lui, ma non ho chiuso gli occhi. Volevo che portassimo con noi anche mio padre e mia madre. Ma loro erano bruciati vivi, la...la loro carne era esposta, lacerata, i loro occhi spalancati. Ho cercato di afferrarli con la mano ma tuo padre è uscito dall'appartamento. Mi ha avvolta in una coperta termica e li dentro chiusa a bozzolo ho pianto le mie ultime lacrime. Spesso in ospedale chiedevo di essere portata da Stan, lui rappresentava la mia salvezza. A volte mi lasciavano chiacchierare con lui, a volte mi mandavano via perché non stava bene. È stato durante una delle nostre chiacchierate sul suo lavoro che gli ho promesso che sarei diventata forte come lui, che anche io avrei salvato vite come lui aveva fatto con me. Il giorno in cui dovevo andare via sono tornata da tuo padre, c'era una donna bellissima seduta su una poltrona ai piedi del letto. Gli ho chiesto se potevo salutare Stan, ma lei mi ha risposto che Stan stava poco bene. Così ho preso il mio orsacchiotto e glielo regalato, a me non serviva più. A lui avrebbe fatto compagnia durante le notti in ospedale che erano lunghissime. Peter era l'analista che mi ha seguita i primi giorni, lui e sua moglie mi hanno adottato perché i loro figli erano cresciuti e volevano occuparsi di me. Credevo che il signore era stato così buono dato che avevo perso i miei genitori da darmi una famiglia intera. Mamma, papà e anche un fratello e una sorella. Il problema era che io ero bisognosa d'amore e affetto, Michael e Clarisse invece mi vedevano come un intrusa. Mi facevano tanti dispetti nonostante avessero già una certa età, ho sempre chinato la testa perché in cuor mio la sentivo come una punizione. La punizione per essere sopravvissuta. Nel palazzo c'erano quindici persone. Solo io mi sono salvata. Così per tanti anni ho maturato la consapevolezza che niente mi era dovuto. Non meritavo di essere felice, di avere affetto e amore, così ho evitato anche le amicizie profonde. Solo conoscenti, mai legami stretti. Se Michael e Clarisse non mi volevano perché avrebbero dovuto volermi altri? C'è stato chi è rimasto sempre nonostante il mio carattere taciturno. E più di tutti è rimasto Peter. Lui ha sempre saputo come mi trattavano i suoi figli e ha sempre fatto in modo che non la passassero liscia. In questi anni ha continuato a tenermi in analisi e spesso mi ha chiesto di sorridere, di vivere. Ma non potevo, non posso. Non riesco. Lui vuole che io pianga, che gridi, che cacci fuori il mio dolore. Ma non ci riesco. Forse perché quella notte nonostante tutto sono morta pure io."

Tienimi nel tuo cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora