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Trovare l'ospedale non fu difficile, era pieno di cartelli che ne indicavano la locazione.
Impiegai poco tempo anche per intrufolarmi al suo interno e con discrezione cercare la stanza contenente il tizio visto in tv qualche giorno prima.

Gli umani, invece che indagare, quando hanno un brutto presentimento scappano, questo mi facilitò le cose e non poco.

Finalmente lo trovai: era ricoperto di bende, attaccato ad un respiratore e vari tubi e cavi che lo nutrivano e ne misuravano i parametri vitali. Aveva gli occhi chiusi ma percepì la mia presenza, quindi li aprì e trovò me come sorpresa.

«Shhh...» mi affrettai a dire, fui quasi compassionevole. Si tirò su a sedere, motrandomi una delle smorfie di dolore più brutta che avessi mai visto. Non sembrava spaventato, questo mi colpì, quindi mi avvicinai al suo letto.
«Nasconditi, sta arrivando un'infermiera» Si limitò a dire. Sentii dei passi e strisciai dietro la porta del bagno.
«Quante volte ti ho detto che devi rimanere sdraiato, Keith?»
Così questo era il suo nome: Keith.

Rimase poco nella stanza, giusto il tempo di sistemarlo e di cambiargli una flebo, raccomandandosi ancora e ancora.

«Vieni, dai» Disse più scocciato che altro, chiamandomi. Mi feci avanti e rimasi impalata davanti al suo letto, non sapendo cosa fare o dire, incuriosita dalla sua tranquillità.
«Perché non mi hai fatta cacciare?» chiesi realmente sorpresa.
«Perché so che non sei qui per farmi del male.»
«Come scusa?» Chiesi alzando un sopracciglio.
«Nello stesso modo in cui ti ho avvisato dell'infermiera.»
Riflettei per un secondo, doveva essere un sensitivo... Ma allora sapeva che Jeff lo stava cercando e che lo aveva trovato. Come se potesse leggermi nella mente lui annuì.
Un momento.
Lui POTEVA leggermi la mente! Non sapevo quanti e quali altri poteri avesse, ma non era di quello che volevo preoccuparmi in quel momento, piuttosto volevo esporgli il mio piano, ma dal sorrisetto che aveva stampato sul volto dedussi che già ne conosceva le parti.
«Iniziamo subito?» Chiese beffardo, risi, mi piaceva il suo spirito. Sorrise anche lui quindi parlò.
«Jane?» Ovviamente sapeva anche il mio nome, io smisi di ridere e lo osservai.
«Mi piace la tua risata.»
Era tempo che non ridevo, ero imbarazzata per questo, quindi sviai nell'unico modo possibile.
«A me piacciono le tue bende, fiorellino.»
«Pf!»
Guardai l'orologio, erano le 2 del mattino. C'era silenzio: era il momento perfetto.
Aprii lo zaino e cercai la sacca delle ampolle, prendendola cercai un'ultima volta il suo consenso, lui sorrise per rassicurarmi.
Rassicurarmi? Diamine, ero nervosa e se ne era accorto.
Presi l'ampolla di cui necessitavo e gliela porsi.
«Ci vedremo fra due o tre giorni!»
Alzò l'ampolla come per brindare e la bevve, me la diede indietro e chiuse gli occhi. Strisciai di nuovo dietro la porta del bagno e aspettai di sentire quel suono acuto e continuato, che indicava la sua "morte". Arrivarono di corsa, provarono vari modi per rianimarlo e dopo circa dieci lunghissimi minuti si arresero, coprendolo con il lenzuolo.
Avrei avuto circa un paio di giorni per rifornirmi di denaro e cibo. Sentivo una carica innaturale nel mio corpo: ero pronta.

















Discovering Jane || Jane The KillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora