𝐀𝐕𝐄𝐍𝐆𝐄𝐑𝐒: 𝐓𝐡𝐞 𝐒𝐮𝐫𝐯𝐢𝐯𝐨𝐫𝐬 (SOSPESA)

Chapter 16

Listen, David Guetta.

Eccola la mia vera Grace.
La sua domanda così sfacciata, ma al contempo legittima se posta con quella sua espressione ingenua, mi fece ridere di cuore, come non avveniva da... beh, da quando avevamo litigato.

Era lei. Era sempre stata lei la mia ancora di salvezza, il suo umorismo e la sua semplicità mi meravigliavano ogni volta e mi chiesi come diavolo avessi fatto a sopravvivere quelle ore senza di lei.

"Diciamo di sì. È... è una lunga storia." balbettai.

"Avrai tutto il tempo per raccontarmela. - replicò lei, appoggiando lo sguardo delicato sui suoi piedi. Era imbarazzata, lo percepivo, e non era esattamente una cosa da lei - Vorrei... vorrei che nulla di tutto questo fosse mai accaduto. Ti ho lasciato da solo e me ne pento tantissimo, ma volevo quasi che provassi cosa volesse dire, passare del tempo senza la persona che ami... ci ho convissuto per cinque anni e dalla rabbia volevo che capissi qualcosa che non avresti mai potuto capire in nessun altro modo. L'impulsività e il dolore hanno agito per me, e so che ti ho fatto un torto così grande che forse non merito nemmeno di scusarmi..."

Le sorrisi.
Mi ero pentito delle mie azioni ancora prima di dirglielo, perchè mi ero resa conto dei suoi dubbi su Mysterio, ma ero troppo fiero per ammettere che avesse ragione.
Per un mio capriccio, avevo litigato con lei, e per un suo capriccio avevamo distrutto mezza Londra.

"Abbiamo sbagliato tutti e due. - ammisi - Stavo provando a proteggerti. Ho fallito, come sempre."

Grace scosse il capo comprensiva.
"Peter, abbiamo fallito. Se fallisci tu, fallisco anch'io. È sempre stato così."

Mi grattai la nuca, un po' imbarazzato.
"Pensavo di essere come il signor Stark. Volevo dimostrarti che puoi chiedermi aiuto quando più ne hai bisogno, perché io ci sono sempre per te."

"Non c'è bisogno di dimostrarlo. Conosco il mio Peter Parker." sussurrò, facendomi bene al cuore.

"Vorrei anche io non averti procurato dolore facendo l'egoista... - ripresi - se io non mi fossi comportato così, tu non ti saresti sentita sola come quella volta. Mi dispiace."

La ragazza di fronte a me annuì.
Voleva dire qualcosa d'altro, lo vedevo nelle sue labbra incerte se aprirsi per emettere i suoi dubbi oppure rimanere sigillate.

Così, mentre lei si prendeva il tempo per decidere cosa dire, intervenni io.
"Ancora prima che litigassimo io avevo in mente una cosa... - iniziai, cercando la tasca dei pantaloni sotto alla tuta - speravo tanto che andassimo a Parigi e salissimo sulla Torre Eiffel per darti questo."

Lei alzò gli occhi su di me e li posò sulla mia mano, che ospitava il sacchettino in velluto; glielo porsi.
Grace lo ammirò un po' sorpresa, quindi lo aprì e si fece scivolare nel palmo l'anellino con la pietra verde.
Se possibile, la sorpresa lasciò lo spazio ad un'incredulità ancor più marcata, ma piuttosto contenuta.

"È di Venezia." intuì, e le diedi ragione. Lei mi guardò allora un po' confusa, e immaginai si stesse chiedendo quando glielo avevo preso dal momento che eravamo stati sempre insieme in quella città.
Tranne in un momento.

"Ned non colleziona calamite." dissi, e a quelle parole sorrise. Il suo volto si illuminò. Mi era mancata così tanto.

Si prese un attimo di tempo per rimirare il gioiello, quindi posò gli occhi su di me e incontrò i miei per la prima volta dopo tempo.
"Volevi darmelo sulla Torre Eiffel?" chiese.

Annuii.
"Ho scelto lo smeraldo perchè è verde e richiama la gemma del tempo, visto che ci sei rimasta molto legata spesso non per motivi tuoi. Comunque, mi piace immaginare che sia stato un bene la tua connessione con lei: hai scelto il sacrificio e compiuto un viaggio rischioso unicamente per amore, e soprattutto per... me. Non voglio essere egocentrico, ma mi piace pensarla così. Prima di pensare a te stessa hai pensato a me, e la cosa mi rende felice."