Chapter 2

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Neighborhood, American Authors.

"Che succede?" domandai a Clint appena restammo soli.

Aveva allontanato i ragazzi con la scusa di un discorso su cose-da-supereroi, ma sapevo bene che non era nulla di tutto ciò.
Vedevo preoccupazione nel suo sguardo, e quel che più mi spaventava era il fatto che non riuscissi ad attribuire quell'emozione a nessun evento che conoscessi.

"Vorrei chiederlo a te. Prima che scendessi, Nate è venuto fuori in giardino, io stavo raccogliendo le fragole - a proposito, sai quante ce ne sono?! - e mi ha detto che è venuto a svegliarti. Appena è entrato in camera ti ha vista tutta rigida, tremante e sudata, e parlavi nel sonno, sembravano quasi lamenti. - spiegò - Cosa c'è che non va?, e non dirmi 'niente' perché so che non è vero. Ho visto Nate parecchio preoccupato."

Era carino sapere che ci fosse qualcuno che si preoccupava davvero per me, specie Nate, fratellino acquisito che in realtà aveva anche tutto il diritto di odiarmi, visto che per lui io non ero praticamente nulla.

Ma sapere che stavo spaventando la famiglia Barton non era carino e non mi faceva piacere. Per niente.

Sospirai.
"Scusa se non te l'ho mai detto prima, ma... pensavo di potermela cavare. Dopotutto, non è nulla di che. Non volevo darti ulteriori pensieri. Sei sempre così disponibile con me, e anche Laura... mi ospitate, mi lasciare andare dove mi pare - da Pete, da Amélie, da Theo e da Wanda - come se..."

"Grace, tesoro, capisco. Ti trattiamo come tratteremmo una figlia grande, maggiorenne e vaccinata, che vive la sua vita ma che ha ancora bisogno di figure che le diano consigli. E, siccome tu non ne hai mai avute... tanto vale tenersele strette, ora che le hai, che dici?" fece sorridendo.

Annuii.
"Certo."

Clint si sedette sul divano.
"Avanti, racconta."

Gli descrissi tutto nei minimi dettagli: il sogno, il fatto che mi preoccupava perché non solo erano i tomenti del passato ma perchè il fatto che Peter non mi vedesse, nel sogno, aveva un che di inquietante.

"Non capisco dove vuoi arrivare." mormorò pensieroso.

"Quanto a gemme, ho il potere di distruzione che ha Wanda, giusto? Ne ho distrutta una e non sono morta - non so ancora perché. Ho come il terrore che possa avere il suo stesso potere, o comunque una cosa simile, per quanto riguarda i presagi per il futuro... sai che lei sente un po' quel che accade, no? Non vorrei che anche io possa avere tipo dei presagi, e che questo significhi quindi che accadrà qualcosa di brutto a Pete." spiegai.

Vidi Clint annuire.
"Capisco il tuo turbamento. Ma non credo sia così. Tu non sei Wanda, capito? I vostri poteri posso essere simili per certi versi, okay, ma questo non significa che lei possa incendiare tutto o che tu possa manipolare il cervello altrui, capisci quel che intendo? - io feci di sì con la testa, così lui continuò: - Se vuoi un consiglio, visto che oggi giri mezza New York per andare da tua zia e da Peter, vai a trovare Wanda. Nessuno che conosco può interpretare i sogni, ma lei può provare a guardare nella tua testa, cercare di aiutarci in un modo che noi non possiamo fare. Magari non porterà a nulla, ma provare non costa niente." 

"Già. E poi ho davvero bisogno di vederla. È da... quanto? Sarà un mese e mezzo dall'ultima volta che è venuta a pranzo da noi?" chiesi per conferma andando alla finestra che dava sul vasto prato verde di proprietà di Clint.

"Sì, circa. Bando alle ciance, come pensi di recarti in città?" chiese l'ex arciere guardandomi interrogativo.

Io sorrisi sorniona.
"Oh, visto che non so guidare un jet, mi presterai la tua macchina." dissi in tono di sfida.

Lui annuì.
"Ok, va ben- aspetta cosa hai detto?" replicò alzando di un'ottava il tono di voce in modo stridulo.

Non riuscii a trattenermi e scoppiai in un riso incontenibile. Anche Clint si unì alla risata.

"E va bene, ti concedo di usare la macchina. Non voglio neanche un graffio." precisò, e quella frase mi riportò alla luce un vecchio, lontano ricordo.

Diventai scura in volto, afferrando assente le chiavi che l'uomo mi aveva porto.

Neanche un graffio, come promesso.
Era stata quella la frase che, quando avevo raggiunto la base per la prima volta quasi sei anni prima, accompagnata da Clint, egli stesso aveva detto ad un uomo all'apparenza pieno di sè ma nel profondo unicamente saggio e umano: Tony Stark.

"Dio, scusami tesoro. - sussurrò Clint - Non mi ricordo che per te è ancora una ferita aperta."

Scossi velocemente il capo.
"Non importa." dissi, e nel farlo strinsi forte il pugno finché non sentii il portachiavi della chiave dell'auto pungermi il palmo.

"Vieni qui." mi invitò allargando leggermente le braccia, nelle quali mi rifugiai mentre lui mi strinse in un rapido - ma intenso - abbraccio.

Sorrisi contro la sua spalla, e sciolsi l'abbraccio per prima.

"Vado. Saluto Laura e i ragazzi." conclusi, quindi uscii in giardino.

Rapidamente spiegai dove sarei andata, tralasciando la vicenda di Wanda, e me la cavai in fretta.

Mi recai subito da mia zia, nel Queens, passando prima in pasticceria.
Quando Amélie mi aprì la porta, le sorrisi, con un vassoio di pasticcini in mano.

"Buongiorno, Amélie." esordii raggiante, e lei mi sorrise e mi invitò frettolomente ad entrare.

Posai così i pasticcini e lei mi assalì, stritolandomi in un abbraccio, mentre mi chiedeva come stavo, come andava e cose varie.

Facemmo una chiacchierata, riuscii a vederla un po' più serena dall'ultima volta, e vidi nei suoi occhi che aveva capito piano piano di quanto io mi trovassi bene con la famiglia Barton.

"Domani parto per l'Europa con la scuola." le dissi.

"Ah! - esclamò alzando le braccia - Ci sarà anche Peter, allora?"

"Sì, certo, ci sarà anche lui. - risposi - Se vuoi fare una chiacchierata con May, qualche volta... hai il suo numero, no? L'indirizzo...?"

"Ho tutto, tranquilla. Questa settimana ci sentiremo. Be', se devi fare i bagagli non ti trattengo oltre."

"Ci vediamo presto zia, buona giornata!"

Ci salutammo e salii in macchina.
Telefonai Peter prima di mettere in moto. Forse era un po' presto in effetti, erano le nove e mezza da poco passate, magari mi avrebbe insultato, magari...

"Ehi Grace! Che succede?" rispose con la sua solita voce dolce e sottile.

"Sto arrivando a casa tua, aprimi quando senti il clacson." gli dissi.

"Oh, figo, va bene. A dopo." concluse, quindi riattaccò.

Sorrisi appena partii in macchina e ripensai a Peter.
Mi sentivo sempre fortunata ad averlo: era davvero dolce, sensibile e timido... quando balbettava era la fine del mondo!
Quando arrivai a casa sua, suonai il clacson e Peter si affacciò alla finestra della camera.

"Ehi! Ti apre May!"

E infatti la porta venne aperta.
Per la seconda volta quel giorno fui travolta da un altra zia. Stavolta, però, non era la mia, ma quella del mio ragazzo.

𝐀𝐕𝐄𝐍𝐆𝐄𝐑𝐒: 𝐓𝐡𝐞 𝐒𝐮𝐫𝐯𝐢𝐯𝐨𝐫𝐬 (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora