Fantasmi Del Passato

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La prima settimana di convivenza con i gemelli non andò malissimo, ma in quella dannatissima casa non c'era mai un minuto di silenzio.
La prima mattina era trascorsa all'insegna del sistemare tutta la mia roba e i miei vestiti nella mia bella stanza blu dal soffitto stellato, mentre nei giorni seguenti io e i gemelli c'eravamo messi d'impegno, seduti al tavolo rotondo del salotto per segnare dei turni per le pulizie. Incredibilmente ce l'avevamo fatta ma, a dirla tutta, non ero sicura che quel calendario avrebbe avuto lunga vita.
In quella settimana io e George avevamo contribuito a gonfiare l'ego di Fred alle stelle: avevamo confermato la sua affermazione di qualche mese prima, ovvero che il mio letto sarebbe rimasto intatto per molto, moltissimo tempo. Ma tutto sommato a noi non dispiaceva affatto che lui avesse ragione. Svegliarmi con l'odore di George addosso e incollata a lui era la cosa migliore che potesse esistere.
Quando quella mattina mi svegliai erano le nove e dal salone proveniva un gran baccano. La camera di George era quasi del tutto buia, le tende della finestra erano chiuse e dalla piccola fessura tra loro si faceva spazio soltanto un sottile raggio di sole che andava ad illuminare la porta e la scrivania. Mi misi a sedere sul letto e sbadigliai assonnata e già con la luna storta per lo spiacevole riaveglio. Mi giurai di uccidere Fred appena lo avessi visto.
George, con indosso solo i boxer, russava dolcemente accanto a me, e quello bastò per farmi sorridere. Mi chinai su di lui e gli baciai le labbra leggermente schiuse, il rosso mugolò qualcosa di incomprensibile e poi, con un lamento basso, aprì l'occhio destro e si strofinò il dorso della mano su quello sinistro.
Buongiorno, piccola- esordí con voce profonda e un piccolo sorriso intontito.
Non é un buon giorno- risposi flebilmente.
Non dirmi che Fred ha buttato giù la porta a pugni come tutte le mattine... la deve smettere di farci da sveglia- rispose lui, tirandosi a sedere e poggiando la schiena nuda contro la testiera del letto.
Stranamente no, ma starà facendo qualcuna delle sue stranezze nell'altra stanza, in salotto c'è un baccano assurdo- replicai.
E queste è il motivo del tuo malumore?- chiese, ridacchiando.
Scossi la testa e fissai il fascio di luce sul pavimento, potevo vedere i sette colori dell'arcobaleno -Oggi è martedì, George. Devo tornare a casa, a Londra- dissi.
Perdonami, me ne ero completamente dimenticato- si scusò, io abbassai la testa mentre una sua mano calda si poggiava delicatamente sulla mia coscia scoperta e ancora cosparsa di macchioline giallognole. Pensi che sarà così terribile?- disse.
Non ne ho la più pallida idea, Georgie. So solo che ho paura di andare tra quelle mura- dissi.
Se vuoi possiamo farne una alla volta, oggi andrai a casa tua e tra qualche giorno in quella di Sirius- propose, un groppo si bloccò al centro della mia gola.
Deglutii a fatica e scossi la testa quando George mi strinse la coscia -No- risposi. Voglio andare in tutte e due, in modo che passi velocemente... come strappare un cerotto- dissi.
Lo capisco, non penso che a casa di Sirius sia rimasto molto da prendere, sarà la più veloce tra le due. È giusto che tu prenda ciò che ti è rimasto di lui, però- rispose.
Lo penso anche io, spero che Kreacher non abbia fatto sparire nulla, non è mai stato troppo amichevole nemmeno con me, in verità- dissi.
Ora è tuo- replicò.
Cosa?- chiesi confusa.
L'elfo, intendo... Kreacher è tuo, adesso- precisò, aggrottai la fronte e storsi il naso.
Non penso che lui mi appartenga, dovrebbe ma no... lui è fedele solo ai veri Black- dissi. E io non sono una vera Black, mia madre è una nata babbana e mio padre un traditore del suo stesso sangue e così via- risposi.
Da quando dai importanza a questo?- chiese aggrottato, incrociando le braccia al petto.
Non gli do importanza, è solo per farti capire che quell'elfo non mi obbedirà mai... e poi in giro c'è la sua amata padrona Bellatrix, perché dovrebbe dare ascolto a me? Non capisco, a volte sembra buono e a volte sembra fare di tutto per mandarti sulla strada sbagliata- dissi, George sospirò e, dopo avermi guardato per qualche secondo, si alzò e girò dal mio lato del letto.
Si inginocchiò tra le mie gambe e mi sorrise -Voglio vedere un bel sorriso su quel bellissimo viso, amore mio- esordì, gli obbedii.
Io voglio un bacio, e che mi porti a fare colazione in cucina- ribattei.
Agli ordini, signorina- sorrise, mi stampò un caldo bacio sulle labbra e mi prese in braccio. Al volo afferrai la mia bacchetta e la puntai verso la porta, facendola spalancare -Grazie, piccola- ridacchiò George.
Percorremmo il corridoio accompagnati da uno strano rumore, dei colpi su qualcosa di metallo, e un basso vociare. Io e il mio rosso ci guardammo perplessi -Aspettavamo visite oggi?- chiesi.
No, certo che no- rispose lui.
Quando arrivammo in cucina, il profumo dei pancakes al cioccolato ci investì in pieno e Fred, appoggiato con le braccia sul bancone, ci sorrise. Davanti a lui, seduto su uno sgabello, c'era Charlie.
Buongiorno, piccioncini- fece Fred di saluto, mentre George mi lasciava scendere dalle sue braccia.
Buongiorno- risposi io, sorridente.
Buongiorno a te, e anche a te, Charlie- rispose George. Il fratello salto giù dalla sedia e gli fece un cenno con la testa, mi lanciò uno sguardo e si schiarì la voce -Mi manda Silente- disse.
Uh, il grande capo- disse George, mentre si sedeva sullo sgabello dove prima era seduto il fratello.
Perché?- chiesi subito. È successo qualcosa di brutto? La tua famiglia sta bene? Mia madre?- dissi.
Stanno tutti benissimo, quando li ho lasciati stavano facendo colazione in giardino. Albus Silente mi ha mandato una lettera in cui diceva che avrei dovuto accompagnare te, Amelia, a casa tua.
Scese il silenzio: George e Charlie si guardarono, il primo con la forchetta e un pezzo di pancake poco distanti dalla bocca e il secondo serio a morte.
Pancakes?- esordì Fred, con un sorrisone.
Posso accompagnarla io, dillo pure a Silente- rispose George.
Se ha mandato anche me c'è un motivo. Amelia è da poco uscita dall'ospedale e...- iniziò.
Più di una settimana- ribattè George.
È poco. Non fare il bambino, non sappiamo se ha recuperato completamente le sue forze dopo il Ministero e inoltre non può andarsene in giro per Londra senza qualcuno che la protegga... Lestrange la cerca, questo è poco ma sicuro- replicò Charlie. Tu e lei da soli non bastate- ribattè.
Silente ti ha detto di venire con noi a Londra?- chiesi, lui annuì.
Si. Ci aspetterà a casa di Sirius, dove tu prenderai tutto ciò che devi e poi andremo via e Silente la metterà in sicurezza. Per ovvie ragioni quella non potrà più essere sede dell'Ordine- disse.
Perché? Io voglio che lo sia, ormai è mia... l'ho ereditata, no?- chiesi, incrociando le braccia.
Mi piacerebbe dirti di sì, Amelia. Il tuo nome è stato cambiato quando Sirius Black è stato catturato e rinchiuso ad Azkaban, ricordi? Tu risulti essere una Moore, non una Black- mi spiegò.
Non una Black.
Non una Black.
Non una Black.
È ingiusto!- esclamò Fred.
È la legge- rispose Charlie.
Potremmo andare al Ministero e cambiare di nuovo il nome, Amelia avrebbe il suo vero cognome e la sua casa- suggerì George.
Non è così facile, ci avevo pensato anch'io ma Silente ha detto che del Ministero non c'è da fidarsi di questi tempi... e penso che abbia ragione- rispose.
E Harry? Sirius era il suo padrino- chiesi, nonostante immaginassi già la risposta.
Stessa cosa. Silente teme che non essendoci eredi diretti, in quanto tu non risulti esserlo, la casa sia stata ereditata dal familiare più prossimo: Bellatrix Lestrange- spiegò.
Quella strega è sempre in mezzo- borbottai.
Quindi, il quartier generale dove si sposterà?- chiese George, sospirando.
Casa Weasley, Silente si starà già mobilitando per mettere in sicurezza anche casa nostra- disse. E c'è un ultima cosa- continuò.
Cosa? Vuoi dormire nel nostro letto? Per caso non ti basta seguirci a Londra oggi?- sbuffò il mio rosso.
Piantala, George- dissi, afferrai il bicchiere di succo di carota che Fred mi aveva appena versato e lo portai alle labbra. Bevvi un sorso e guardai Charlie -Quindi?- dissi.
La mamma mi ha detto di riferirti che se vuoi stasera potremmo fare quella cena in ricordo di Sirius e James. Ci saremo tutti, Bill ci presenterà Fleur- finì.
Si, Charlie, mi farebbe molto piacere- dissi sincera.
Amelia, non sarà un pò troppo? Le case, la cena...- mormorò George.
Va bene così- ammisi, presi della carta da lettere e buttai giù qualche parolina per Molly, poi sigillai la busta e la diedi a Twilight. Aprii la finestra e subito lui volò via.
Sei sicura?- chiese ancora George. Se vuoi possiamo spostare qualcosa- ripetè.
Sono sicura, George- sorrisi debolmente, mi sedetti e mi gettai a capofitto sui pancakes e sul succo di carota.
Avete dormito bene stanotte?- chiese Fred a tutti e a nessuno.
Come un sasso sul fondo di un lago- rispose George.
Anche io- concordai. Tu, Fred?- dissi.
Molto bene, ieri sera dopo aver chiuso con il negozio ero sfinito. Manca sempre meno all'apertura e io sono sempre più agitato- confessò.
Naturale- sospirai. Andrà tutto bene, vedrai. Tu come hai dormito, Charlie?- mi girai dall'altra parte e lo vidi poco lontano da noi.
Il domatore si era stravaccato sul divano; le grosse braccia costellate di cicatrici da drago erano appoggiate sullo schienale e le sue gambe toniche erano divaricate nella loro posizione più comoda. I lunghi capelli rossi legati nel codino erano perfettamente ordinati e si univano all'altezza delle basette con la sua leggera barba. Mi soffermai un pò troppo a guardare i suoi addominali che si intravedevano da sotto la maglia.
Poteva andare meglio, ma infondo nessuno è venuto a svegliarmi a causa di un Dorsorugoso Norvegese ferito quindi... direi di si- ribattè con un sorrisetto.
Lo sappiamo tutti che ti manca da morire il tuo lavoro e la Romania- lo prese in giro Fred, il gemello fece un cenno di assenso.
Certo che mi manca, mi mancano i miei amici e i miei draghi che non ho potuto salutare in quanto sono partito di fretta e furia quella mattina- disse. In questi giorni però dovrei tornare lì per una riunione, è questione di qualche giorno, tornerò presto. L'estate, a eccezione di qualche viaggio, la passerò con voi- disse con un sorriso tirato.
Che felicità, fratello... sembra che tu stia andando al patibolo- lo prese in giro Fred.
Dover sopportare voi scalmanati è peggio di andare al patibolo- sbuffò una risatina.
Se Ginny fosse qui tu saresti mangime per draghi, fratellone- rispose Fred divertito. Però guarda al lato positivo, c'è un lato positivo?- disse, George e io ridacchianmo e rivolgemmo il nostro sguardo al Magizoologo sul nostro divano.
Le burrobirre di Madama Rosmerta, sono sempre più buone- ribattè. Adesso basta, sbrigatevi a prepararvi e andiamo. Non ho tutta la giornata- disse.
Oh, è un uomo impegnato lui- roteò gli occhi al cielo Fred.
Certo, fannulloni- sbuffò Charlie. Scossi la testa e ridacchiai mentre scendevo dallo sgabello e allontanavo il piatto.
Domatore, ti conviene iniziare a scappare se in quel 'Fannulloni' ero compresa anche io- dissi, imboccai il corridoio e mi diressi nella mia camera.
Si, eri compresa anche tu!- sentii urlare prima che la porta della stanza si chiudesse, sorrisi e aprii l'armadio.
Durante la doccia e mentre mi preparavo in stanza, pensavo a come sarebbe stato rientrare in quelle case: a Grimmauld Place ma soprattutto nella mia casetta a Londra, quella dove ero cresciuta e dove avevo vissuto tanti bei momenti insieme ai miei genitori. Era inevitabile, ogni volta che passavo dalla mia scrivania, guardare le foto incorniciate dei miei genitori e pensare e ripresare a quanto Sirius e James mi mancassero.
Ero veramente pronta a tornare tra quelle mura che li avevano visti sorridenti, allegri e che adesso non li avrebbero visti mai più?
No, e non lo sarei mai stata abbastanza.
Ma dovevo farlo, dovevo affrontare la realtà perché, in ogni caso, loro non sarebbero mai più tornati.
Raggiunsi i ragazzi in cucina: Charlie era appoggiato con una spalla al muro vicino all'ingresso, alto e imponente mentre si rigirava la bacchetta tra le dita. George, invece, era seduto sul divano e chiacchierava con il gemello, l'unico ad essere ancora a petto nudo e con indosso solo una tuta a scacchi, che mi ricordò vagamente la notte in cui io e George c'eravamo baciati sul divano della sala comune.
Pensavamo fossi scappata dalla finestra- scherzò George saltando in piedi.
No, sarebbe stato troppo faticoso. La smaterializzazione è più efficace e veloce- dissi, lui rise e mi strinse i fianchi. Mi posò un bacio sulla fronte, poi guardò il fratello accanto all'ingresso -Andiamo?- il Dragologo annuì e noi ci avvicinammo.
Amelia, questo volantino è una passaporta. Silente ha pensato a tutto, è collegato ad un bidone della spazzatura in un piccolo vicolo poco distante da casa tua, andremo prima lì poi raggiungeremo il quartier generale semplicemente smaterializzandoci- spiegò, annuii e tutti e tre afferrammo il volantino.
Percepii quella sensazione familiare di vuoto, di girare vorticosamente e lo stomaco sottosopra poi i miei piedi si posarono su qualcosa di solito e quando riaprii gli occhi l'asfalto nero del vicolo risplese sotto il sole di Londra. Alzai gli occhi e tutto iniziò ad essere più familiare: il vicolo era due abitazioni prima della mia. Il bidone-passaporta era quello che da bambini, io e i miei amici, usavamo come tana per giocare a nascondino e dalla parte opposta del vicolo potevo vedere il piccolo parco con le altalene dove mi rifugiavo quando litigavo con mia madre.
Eravamo atterrati tutti in piedi, ma George si stava comunque pulendo i pantaloni per scacciare una formica che si era arrampicata sulla sua gamba -Stupida formica- lo sentii borbottare.
Sei pronta?- mi chiese Charlie, toccando dolcemente la mia spalla.
Pronta- sussurrai.
Uscimmo dal vicolo e imboccammo la destra, pochi secondi dopo fummo davanti alla casa. L'ultima volta che l'avevo vista era stata l'estate prima dell'ultimo anno, era passato quasi un anno da quando Remus era venuto a prendermi per portarmi a Grimmauld Place ma quella casa non sembrava essere cambiata di una virgola; la staccionata era sempre bianca, i cespugli fioriti della mamma erano intatti e rigogliosi, il prato falciato alla perfezione, il vialetto era pulito e l'edificio sembrava quasi esser stato ritinteggiato da poche settimane.
La mamma aveva sicuramente applicato un incantesimo per mantenere tutto in buone condizioni.
Con passo lento mi diressi verso la porta e, dopo aver preso le chiavi dalla mia borsa di stoffa, le inserii nella serratura... poi aprii.

//Just The Way You Are♡//George WeasleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora