Relazioni pericolose
Da quando lo conosceva, Julian non aveva mai avuto modo di festeggiare il compleanno di Alexei.
Trascorso il primo anno di frequentazione, il giovane aveva ritenuto strano non fosse mai arrivata una data da celebrare - a quell'osservazione, Alexei aveva risposto che il suo compleanno c'era già stato mesi prima. Per gli intrattenitori del Florence passava come un giorno fra tanti, l'acredine che nutrivano nei suoi confronti impediva loro di esser contenti per qualsiasi cosa lo riguardasse: erano invidiosi del successo che riscuoteva tra i clienti, avvantaggiato dalla sua angelica bellezza, e anzi forse godevano in silenzio dello scorrere degli anni e dell'avvizzimento che il tempo avrebbe portato sulla sua pelle di porcellana.
Ai frequentatori non era mai importato abbastanza da avanzare la domanda.
Ma Julian non poteva tollerare di perdere ancora un'occasione del genere: quel giorno Alexei avrebbe dovuto sorbire degli auguri, un regalo e una birra offerta al pub.
L'amante lo scrutava al di sotto delle ciglia candide con uno sguardo insieme gongolante e divertito mentre si avvicinava al tavolo con i boccali tra le mani, attento a non rovesciare la spuma che quasi traboccava dai bordi.
-Grazie, cameriere.- Soffiò.
Alexei dava le spalle alla vetrata del pub; la tenera luce del mattino gettava colate di platino sulle punte dei suoi capelli. Julian sedette sulla panca adiacente la sua, contro il muro di robusto legno grigio.-Sei di buonumore. Pensare che ho dovuto insistere, per portarti qui.-
-C'è sempre brutta gente.- Rispose l'altro, dopo un sorso di birra, passando il dorso della mano sulle labbra orlate di schiuma.
Nel pub vagabondavano molti dei clienti di Alexei, che il ragazzo non era desideroso di incontrare al di fuori degli orari lavorativi - approfittavano della sua pazienza, convinti di potersi concedere libertà solo perché era stato a letto con loro. A molti sfuggiva che Alexei tentasse solo di mettere il pane sotto i denti e non avrebbe mai - mai - ceduto alle loro attenzioni se non fosse stato per necessità. Ma la presenza di Julian pareva ammansirli; ancora nessuno si era permesso di farsi avanti per disturbare.
-Almeno qui le persone non fingono di essere migliori di quel che sono in realtà.- Borbottò il ragazzo, stendendo le gambe sotto al tavolo.
Alexei arricciò il naso.-Pamela ti ha dato altre rogne?-
Julian sollevò le dita sottili in un gesto vago. Da giorni non riusciva a togliersi dalla testa il suo capriccio sui testimoni di nozze, il verdetto oscuro di quella cartomante, il volto coperto di Théo che spariva nei meandri licenziosi di Soho. Al quadro faceva da sottofondo l'andante struggente di Uriah, come in un tragico melodramma greco.
-Non parleremo di Pamela oggi.- Asserì, trangugiando la birra fresca, dal retrogusto amaro.
-D'accordo.- Alexei si sporse verso di lui con gli occhi blu attenti e curiosi.-Cosa faremo oggi?-
-Festeggeremo.- Julian picchiò volutamente il boccale sul tavolo, con un gesto deciso.-E scarteremo i regali.-
Le sopracciglia dell'amante si sollevarono di felicità incredula.-Mi hai fatto un regalo?-
-Certo, che ti ho fatto un regalo! Che compleanno sarebbe, altrimenti?- Sentendo già il cuore scalpitare di gioia per la reazione di Alexei, il cui sguardo ora scintillava, Julian infilò una mano sotto la giacca e produsse un bel pacchetto infiocchettato, delle dimensioni di un mattone.
-Ah, santo cielo.- La voce dell'altro era tremula di emozione. Passò in rassegna la carta crespa del regalo, senza toccarla, e muovendo il capo a destra e sinistra per inseguire le onde di luce che percorrevano il nastro di raso lilla.-Non avresti dovuto spendere del denaro per me, soprattutto in questo momento... è fragile? Posso scuoterlo?-
Julian gli si accostò, i gomiti puntellati sul tavolo per poter osservare ogni mutamento d'espressione.-L'ho comprato mesi fa... e sì, puoi scuoterlo, ma non ne ricaverai nulla.-
-Mesi fa?- Gli fece eco Alexei, che pareva troppo euforico, ormai, per dire qualsiasi cosa non fosse ripetere le parole del compagno. Afferrò il pacchetto a due mani e lo agitò. Non provenne alcun rumore dall'interno. Insoddisfatto, prese finalmente a scartarlo tirando gli estremi del fiocco e strappando la carta con la delicatezza e la precisione che riservava a certe carezze notturne.-Un libro!- Uggiolò, liberandolo più rapidamente dalla prigione di nastrini. L'incarto fu appallottolato e dimenticato intanto che il titolo faceva la sua comparsa, di un bel dorato brunito sulla copertina in pelle rossa.
-Ci è voluto un po', perché arrivasse.- Proseguì Julian, anche se sapeva che la sua risposta era ormai superflua: Alexei si era appoggiato alla vetrata con gli occhi serrati e il libro stretto al petto - lo imprimeva con forza contro di sé, quasi avesse voluto farlo entrare tra le coste, le mani percorse da fasci nervosi.
-Mi pare di sentire l'odore di casa.- Mormorò, e Julian sorrise di vivo cuore - quando aveva ordinato per lui l'edizione russa di Guerra e pace, aveva nutrito dentro di sé la speranza di sortire quell'effetto. Di donare ad Alexei un pezzo del ghiaccio che circondava la sua amata Mosca.
-É solo il primo volume.- Gli disse.-Conto di rimanere nei paraggi ancora per molti compleanni.-
Con un riso soffocato e il libro ancora stretto tra le dita, Alexei cinse le sue spalle con un braccio e gli baciò la tempia, poi la guancia, sprofondando il volto nel suo collo - Julian percepì una goccia scivolare lenta sul declivio della clavicola, e portò istintivamente la mano allo zigomo dell'amante, asciugando le lacrime calde che vi trovò.
-Grazie, Julian.- Alexei alzò il viso, allora, per posare un'ultima volta le labbra ridenti sulla sua fronte.-Pare che tu e mia madre vi siate messi d'accordo per commuovermi.-
Julian non smise di accarezzarlo, travolto da una nuova ondata di contentezza.-Ti ha scritto?-
-Non solo. Guarda.- Dalla tasca dei pantaloni, il ragazzo estrasse un pesante medaglione ovale, dalla catenella d'oro. Senza posarlo sul tavolo, per tenerlo lontano da occhiate indiscrete, lo aprì, e Julian chinò il capo per sbirciare all'interno.
-Mio padre.- Disse Alexei, indicando la foto incastonata nella capsula sinistra. Ritraeva un uomo dal piglio severo, in abiti militari, con la visiera rigida del copricapo calcata sugli occhi che, almeno dal grigiore della foto, parevano esser stati chiari.-Non lasciarti ingannare, era buono come il pane. Ma i fotografi lo mettevano a disagio. Questo è uno dei pochi ritratti che abbiamo di lui, di prima che partisse per la guerra contro i Turchi. Tornò indenne.-
Julian sapeva, dai racconti di Alexei, che Solomon Ilich Kuznetsov aveva perso la vita pochi anni dopo cadendo da un'impalcatura mentre installava le ringhiere di un palazzo fatiscente. Una disgrazia, come ne accadevano spesso a chi rischiava la pelle quotidianamente per due spiccioli. Né a Julian, né agli aristocratici che frequentava sarebbe mai accaduto nulla del genere. Su di loro potevano accanirsi solo le malattie, se anche la Morte non disdegnava le loro maschere di velenosa cera.
-E poi ci sono mamma e le mie sorelle.- Nella seconda foto, una donna dal viso rugoso ma dallo sguardo sottile sedeva attorniata da tre ragazzine, bionde, altere, vestite modestamente.-Vania, la maggiore, ha quindici anni.- Si distingueva per un fiocco scuro intrecciato ai suoi boccoli, appena sopra l'orecchio.-Le gemelle, Olga e Danika, dodici compiuti il mese scorso. Avrei voluto essere lì, mamma prepara sempre una torta alle mele deliziosa... ah, amico mio, non hai idea del regalo che mi hai fatto.- Sollevò gli occhi di zaffiro su di lui, pregni di riconoscenza, letizia, affetto.-Penserò a loro, leggendo quel libro. Ai suoni di una lingua che non ascolto da tempo. E a te, ovviamente.-
Una punta di gelo s'insinuò nel cuore di Julian, nonostante il calore delle sue parole e del suo sguardo. Fece scivolare una mano su quelle di Alexei, attorno al medaglione.
-Come ci riesci?- Sussurrò, osservando le foto, i decori sulla giacca di Solomon, le striature bianche tra i capelli scuri di Vera, provocate dal dolore più che dalla vecchiaia.-Come ti è possibile svegliarti ogni giorno, con questa speranza costante, con questo coraggio... nonostante quel che ti è accaduto?-
Il torace di Alexei si gonfiò di un respiro sorpreso, ma il giovane fu rapido a riprendersi, e rivolse a Julian un'espressione benevola, chiudendo il medaglione.-Potrei dirti che non ho altra scelta. Tuttavia, non sarebbe la verità. Se fossi un altro uomo, a quest'ora avrei dimenticato la mia famiglia e le responsabilità che comporta. Forse avrei potuto gettarmi sotto un treno, proprio lì, a King's Cross.-
Julian sollevò di colpo il viso, riversandogli addosso il fiume argenteo dei suoi occhi preoccupati.-Ma tu non sei quel tipo d'uomo.-
-No. Perché ho conosciuto anche la gioia, oltre la sofferenza, e ogni mio dispiacere è stato ripagato da un atto d'amore.- Alexei sorrise, di un sorriso ispirato dai ricordi, morbido e nostalgico.-Papà aveva piantato un melo, nel nostro giardino. Il mattino successivo alla sua morte, fiorì per la prima volta. Così è iniziata la tradizione della torta alle mele per i nostri compleanni. É un modo per sentirlo vicino, nei giorni di festa. Ed è stato un modo, tempo fa, per affrontare la sua scomparsa. Il primo segno di speranza.-
Julian tentò di rammentare di un avvenimento che gli avesse restituito fiducia nel domani, dalla morte di Alice, ma la sua mente rimase oscura, disabitata.
-Anche il mio arrivo qui a Londra, ci pareva pieno di promesse.- Aggiunse Alexei, indagando con lo sguardo il suo silenzio.-Gioimmo tanto dell'opportunità... ancora ne gioiscono, mia madre e le mie sorelle, inconsapevoli. Ma per anni il loro entusiasmo mi è stato sufficiente; ero certo che il destino avrebbe premiato il mio sacrificio. E ho incontrato te. Ora come ora, Julian, sei la mia più grande fonte di speranza.-
La morsa che serrò il cuore di Julian aveva le dita palmate delle cose celesti, vigorose nella loro passione, ardenti di un bollore vitale e gaudente. Sulla sua pelle affiorò un tremito che salì alle labbra e agli occhi, in un sorriso pieno e un pianto trattenuto.
Non si sarebbe mai arrogato la convinzione - il dubbio, persino - di avere un tale valore per qualcuno. Ma udire simili parole da parte di Alexei, per lui, per lui solo...
-Non ti deluderò.- Fu in grado di rispondere, dopo un lungo e sconcertato silenzio, ravviando una ciocca dei suoi capelli nivei.
Alexei scosse il capo, nascondendo la guancia nel suo palmo.-Non devi privarti della tua umanità. Deludimi, se dovesse essere necessario, è questo quel che fanno le persone. Per te, la mia fiducia ha riserve infinite.-
"Non ho fiducia da offrirti, Julian. Non più."
Julian umettò le labbra, che sentiva secche di profondi respiri.-A volte penso,- Mormorò ancora, la voce sottile come un filo di ragnatela nel brusio alterato del pub.-che se ti avessi conosciuto prima, la mia vita sarebbe stata diversa.-
Alexei gli sorrise compassionevolmente.-Tu ti preoccupi sempre troppo del passato. La vita ha in serbo molto per te, vedrai. Ne sono sicuro.-
Julian non ribatté.
Fissò nei suoi occhi di cristallo blu e decise di compiere un atto di fiducia.
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Il terzo incomodo
RomanceIl cuore di ogni storia è contenuto nel suo titolo. Attraverso gli occhi di Julian, grigi come il fumo della Londra di fine XIX secolo, scopriremo le luci e le ombre di una città che ama Dio e ne disprezza le creature, ancora pregna di classismo, se...