Cattivo sangue
Il tè si era freddato abbastanza da potersi bere.
Julian avvicinò la tazzina alle labbra, scrutando attraverso gli sbuffi fumanti i volti della combriccola raccolta assieme a lui attorno al tavolo.
Fanny, da garbata padrona di casa, aveva pensato di versarsi del tè per ultima, ma non ne era rimasto per lei. Tendeva l'orecchio in attesa dei passi della governante, che sarebbe entrata di lì a poco con la teiera piena, e intanto dava piccoli morsi ad un éclair al cioccolato.
Uriah, che taceva da un quarto d'ora, pareva non trovare altra occupazione per la sua bocca che non fosse bere. Pamela aveva dimenticato la tazzina piena sul tavolo, distratta com'era dalla scelta del dessert nuziale. Théo aveva fatto portare via il suo set di porcellane per fare spazio ad un catalogo di tessuti e schizzi per abiti da sposa.
-É deliziosa.- Fanny rigirò l'éclair tra le dita, palesemente affascinata dal sapore, rimirando la glassa al cioccolato di cui era farcita la cavità.
-É pasta choux.- Spiegò Théo, senza sollevare gli occhi dalle stoffe che stava palpando con le sottili dita.-Dovreste assaggiarla anche voi, signorina Blackwood.-
Pamela si sporse verso il piatto di pasticcini al centro del tavolo e prese volontariamente quello più piccolo tra pollice e indice, stando ben attenta a non macchiarsi.-Questa è la stessa pasta di cui sarà composta la... come l'avete chiamata?-
-Croquembouche.- Rispose il precettore, in un accento finissimo, scampanellante nelle orecchie di Julian.
Uriah aggrottò la fronte.-Che cos'è?-
-Oh, santa pace!- Sbottò Fanny, azzannando l'éclair con disperazione.
Pamela posò una mano sul braccio del fidanzato, in una stretta non del tutto gentile.-Tesoro, ti sei distratto di nuovo.-
Julian dovette trattenersi dall'alzare gli occhi al soffitto frattanto che monsieur Moreau riprendeva le sue chiose.
-Nei matrimoni parigini non è prevista una torta nuziale: agli invitati è presentata una montagna di bignè di pasta choux, tenuta insieme da una colata di caramello. Croquembouche significa...-
-"Croccante in bocca".- Completò immediatamente Julian, che lo sentiva ripetere per la terza volta dall'inizio di quel tedioso incontro.
Non biasimava Uriah perché aveva la testa altrove, ma il suo spirito di autoconservazione lo pregava in silenzio di prestare attenzione affinché Pamela smettesse di parlare di merletti e tartine il prima possibile.
-Cosa te ne pare?- La viscontessa puntò gli occhi blu brunito sul futuro marito, avvinghiandosi ancora al suo braccio.
-Tutto ciò che desideri, mia cara.-
Julian aveva la bocca impastata dallo zucchero. Gli pareva di assistere alle scaramucce di una coppia di vegliardi.
Fanny ritenne opportuno intervenire, data la laconicità del fratello.-Credo sia un'idea originale. I bignè devono essere squisiti.-
-Lo sono.- Confermò il precettore, e Fanny sorrise tra sé, persa in qualche ghiotta fantasia di pasticcini e colate di crema chantilly.
Pamela tese il collo niveo per esaminare dal catalogo le tinte scelte per l'abito e le decorazioni.
-Di che colore dovremmo rivestire i bigné?- Chiese, poiché Théo aveva affermato che fosse possibile ricoprirli di varie glasse e tinture alimentari, con tanto di guarnizioni in pasta di zucchero.
-Avorio.- Rispose lui, tempestivamente.-Come l'abito da sposa. E il busto avrà forma triangolare, per richiamare quella del dessert.-
Pamela e Fanny andarono in visibilio a quell'idea.
Julian tirò un sospiro di sollievo - si era discusso a lungo sul genere di corpetto che meglio si adattasse alla fisionomia di Pamela. Le guance di Uriah erano rimaste di un furioso rosso per tutta la conversazione, e il precettore non aveva smesso un istante di far commenti sull'incarnato della viscontessa e la robustezza del nero dei suoi capelli. Aveva determinato che l'avorio fosse il suo colore, addirittura in linea con le mode di Parigi: mai scelta più rapida era stata presa a quel tavolo.
Pamela ora sognava un matrimonio eburneo, con nastri crema sui banchi delle navate, candele dal pallido color di cera e fiori bianchi.
Julian non se ne lamentava - Uriah appariva di una bellezza quasi ultraterrena in ambienti tanto luminosi, consacrati a tinte tenui e virginali. Già se lo figurava, in piedi sull'altare, con indosso un gilet di seta bianca trapuntata d'oro. Quando tutti si fossero voltati per seguire l'ingresso della sposa, gli occhi di Julian sarebbero rimasti puntati su di lui.
La voce chiara dell'amico lo riscosse.-Siete sorprendente.- Disse, posando su monsieur Moreau un sorriso ammirato.-Il vostro aiuto potrebbe essere prezioso per l'organizzazione di qualsiasi festa. É un vero peccato che non vi piaccia ballare.-
Un lieve cipiglio comparve sul volto di Julian.
-É cosí?- S'inserì Pamela, con l'espressione di chi abbia trovato risposta ad un quesito decennale, lo stesso che molti si erano posti alla festa della sera precedente - perché un uomo tanto affascinante, nel fiore della gioventù, si era tenuto alla larga dalle signorine?
Il giovane attendeva che monsieur Moreau contraddicesse i promessi sposi, invece questi disse:-Mio malgrado.-
Julian posò la tazzina sul tavolo e si voltò a guardarlo, indeciso. Uriah prese piede nella sua esitazione, con un sorriso gioviale.
-Non avrete intenzione di star fermo come un manico di scopa anche al mio matrimonio?-
-Vi procurerò un'accompagnatrice.- Assicurò Fanny, con occhi sognanti, già pronta a scagliare tutte le frecce della sua faretra da amorino.
Théo si ritrasse goffamente contro lo schienale. Fu sul punto di ribattere, ma la sua bocca si richiuse mentre la porta del salotto si spalancava.
Entrò la governante, con la tanto attesa teiera. Riempì la tazzina di Fanny, e la contessa batté le mani entusiasta al primo rivolo di caldo vapore.
-I preparativi proseguono bene?- Domandò l'austera donna, facendo un ampio giro alle spalle dei convitati per versare altro té.
-Meravigliosamente.- Confermò Pamela.
-Monsieur Moreau, qui, è un esperto.- Aggiunse Uriah, con un cenno in direzione del precettore.
L'uomo ringraziò con un sorriso tirato e la governante sollevò gli occhi infossati su di lui.
-Siete sicuro di non gradire del té?-
-Sicuro, signora.-
-Bene.- La donna raddrizzò le spalle, impettita nell'abito grigio.-Se non occorre altro, vado.-
-Mi avete tolto le parole di bocca.- Julian spinse indietro la sedia.-Ho bisogno di una pausa da tutta questa... dolcezza.- Il suo sguardo fu attratto involontariamente da Pamela.-Continuate senza di me, se preferite.-
Uriah s'illuminò.-No, no, è il caso di sgranchirsi un po' le gambe. Ne convengo con te.-
Si alzarono tutti, allora.
Fanny scese in cucina a controllare che ci fosse il necessario per il pranzo, e Julian sapeva dovesse in realtà incontrare Nate sulla porta della servitù.
Lui uscì sul balcone del salotto, non potendo sopportare il chiacchiericcio in cui erano immersi i due fidanzati e il precettore di Matilda.
Non ci sarebbe stato altro modo di scoprire le verità nascoste del passato di Théo se non ascoltando le sue conversazioni, ma aveva la nausea di tutto quel mistero e, più di ogni cosa, dei preparativi per quel doloroso matrimonio: gli pareva di star affilando con le proprie mani la lama che gli sarebbe caduta sul collo al momento del "Sì".
Il cielo, in simbiosi con il suo umore nero, si era rannuvolato - era l'inizio della stagione dei temporali estivi, cui Londra non era in grado di scampare, sommersa com'era da umide correnti d'aria.
Quasi si sarebbe augurato diluviasse, il giorno del matrimonio, se solo una sposa bagnata non fosse stata anche fortunata.
-Dovreste rientrare.- Julian non si voltò, ma un nervo guizzò nella sua mandibola al suono della voce di Pamela.-Sta per piovere.-
-Vi preoccupate che bagni il parquet? La casa non è vostra.-
E non lo sarebbe diventata: i conti di Albemarle stavano facendo ristrutturare una villa barocca a Piccadilly in cui gli sposi novelli potessero nidificare e procreare.
Julian fu scosso da un brivido all'idea di un marmocchio con gli occhi di Uriah e gli atteggiamenti di Pamela.
-Mi preoccupo per voi.- Ribatté la viscontessa, lasciandolo di stucco.
-Avvicinatevi.- Le disse.-Non mordo.-
Pamela ubbidì, lanciando un'occhiata dubbiosa al cielo plumbeo. Tutto quel grigiore conferiva un'aura spettrale al suo colorito.
-Uriah dice che avete letto Whitman.- Fece il giovane, saggiando sotto al palmo la freddezza della ringhiera.-Vi è piaciuto?-
Lei tacque, come confusa, poi rispose:-Non molto.-
-Sapevate che è omosessuale?-
Pamela arricciò le labbra.-Questo me lo fa piacere ancor meno.-
-Perché vi preoccupate per me?-
Neppure Julian era certo di cosa quella domanda volesse insinuare - poteva solo sperare che la viscontessa le attribuisse il meno oscuro dei significati.
-Uriah vi è molto affezionato.- Fu difatti la risposta.-Dovete star bene, perché stia bene anche lui.-
Il giovane si voltò completamente, poggiando un gomito alla ringhiera. Sulla testa senza cappello di Pamela, ciuffi di capelli neri si agitavano al vento di temporale come grano bruciato.-Voglio essere il suo testimone.- Rivelò, senza mezzi termini.-Non accetterò vi infiltriate in un'amicizia di cui non conoscete nulla...-
-Non intendo farlo.- Troncò lei, sorprendendolo nuovamente.-Uriah mi ha raccontato della vostra situazione, e sono propensa a deporre le ostilità...-
-Quale situazione?-
Pamela gli sorrise, con una languidità pietosa che gli fece ribollire il sangue nelle vene prima ancora che la sua rabbia avesse ragione di esistere.
-Mi ha detto che la morte di vostra madre vi affligge ancora.- Mormorò, in tono grave.-Suppongo che il lutto vi abbia indurito, che per questo trattiate le donne con tale sconsideratezza. Temete di innamorarvi perché potreste perdere un'altra figura femminile.-
-Uriah...- Le parole faticarono ad uscire, attorno agli spilli che gli perforavano il petto.-É questo che vi ha detto?-
-É un peccato vi priviate delle emozioni.- Proseguì lei, come non l'avesse sentito.-Ma adesso il senso dei vostri comportamenti mi è chiaro, e posso aiutarvi.-
-Aiutarmi?- Julian le rivolse un ghigno sprezzante.-Dite piuttosto che siete alla ricerca di un pretesto per nutrire il vostro ego. Non sono tanto disperato.-
Pamela assunse un'espressione insieme delusa e scontenta, che scatenò in lui una nuova sferzata d'ira. Stava per inveire ancora, preda dell'invidia, del livore, travolto dal tradimento di Uriah, ma Fanny li richiamò dal salotto, per riprendere la discussione.
La mano di Julian si serrò attorno alla balaustra, scaricando la sua furia nel metallo come i fulmini attraversano i tronchi.
Pamela sollevò il viso, altera, e raccolse le gonne di raso indaco.
-Non si dica che non ci ho provato.- Asserí, voltandogli le spalle per andarsene.
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Il terzo incomodo
RomanceIl cuore di ogni storia è contenuto nel suo titolo. Attraverso gli occhi di Julian, grigi come il fumo della Londra di fine XIX secolo, scopriremo le luci e le ombre di una città che ama Dio e ne disprezza le creature, ancora pregna di classismo, se...