Capitolo 14

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*4 mesi dopo*

Luca's pov

Sono a Napoli, vado a Roma ogni weekend ormai. Mi manca sempre di più... ogni giorno, ogni ora, ogni minuto ogni fottuto secondo mi manca.

Oggi è Venerdì e ho appena finito le lezioni. Sto entrando in macchina quando Giovanna, una mia compagna di classe mi ferma.

«Luca, per domani sei libero per una pizza con la classe?» chiede facendomi l'occhiolino, la guardo impassibile e gli rispondo.

«No, non ci sono. Devo andare a Roma da Celeste» ripeto per la centesima volta in questi quattro mesi. Ogni settimana mi chiedono di uscire nel weekend e puntualmente io rifiuto perché se si svegliasse mentre io sono fuori a "divertirmi" e lei in un letto d'ospedale che chiede di me

«Ancora con sta qua?» sbuffa annoiata

«Ma sai che tanto non si sveglierà?» ridacchia mentre và via

Stringo le mani in due pugni e salgo in macchina diretto in studio, da mio padre.

Una volta arrivato, scendo prendendo lo zaino che ho con me e corro in studio.

Entro, saluto tutti e poi vado nella stanza insonorizzata. Sto nel silenzio totale. La calma mi circonda e inizio a sfogarmi scrivendo.

Continuo a scrivere una bozza e con nervosismo continuo a scuotere la penna.

Alzo lo sguardo dal foglio solo quando mi accorgo di star piangendo.

È inutile negarlo anche a me stesso, sono preoccupato per lei. Perché in così poco è diventata così tanto? Perché hanno investito lei? Avrei preferito patire io che veder patire lei e vederla lottare da più di 4 mesi tra la vita e la morte, in un bilico che travolge tutti quelli che le stanno attorno. Me soprattutto.

Mi asciugo le lacrime velocemente e bevo un po' d'acqua per riprendermi.

Bussano alla porta proprio quando il pensiero che Celeste non si possa svegliare mi inizia a tartassare di nuovo.

«Avanti» dico distrattamente

«Ue, Luca» appena sento la voce di mio padre scatto in piedi e mi butto tra le sue braccia.

Lui chiude la porta e ricambia l'abbraccio.

«Che è successo?» chiede preoccupato guardandomi

Scoppio a piangere per l'ennesima volta in questi 10 minuti.

«Bà, ma Celeste si sveglia vero? Dimmi di sì, per favore» singhiozzo mentre lui mi stringe più forte.

«Certo che si sveglia Lù, abbi fede e pazienza, deve guarire. Nun fà accussì ca' m fai sta mal pur a me» dice prendendomi il volto tra le mani e accarezzandomi le guance dolcemente.

Mi asciugo le lacrime mentre inizio a mettere a posto. Accendo il telefono e vedo che sono le 20.

«Andiamo a mangiare una pizza?» chiede mio padre circondandomi le spalle con un braccio e attirandomi a se.

Io annuisco semplicemente, ma poi mi ricordo di essere venuto con la macchina quindi gli dico

«Bà, possiamo passare prima a casa che poso la macchina?» lui annuisce semplicemente e dopo essere entrati ognuno nella propria auto ci dirigiamo verso casa mia.

Durante il tragitto accendo la radio e tra le canzoni una mi entra subito in testa.

Ma non ho il tempo per continuare ad ascoltarla che sono già arrivato. Scendo dalla mia macchina e entro in quella di mio padre. Iniziamo a parlare del più e del meno e in men che non si dica siamo già alla pizzeria.

«Babbo, ascolta, questo weekend sei impegnato?» chiedo mentre bevo un sorso d'acqua.

«No, in realtà questo è il mio weekend libero. Hai in mente qualcosa?» chiede guardandomi dopo aver ripetuto il mio stesso gesto solo con la birra.

«Si, ti volevo chiedere di venire con me a Roma. Almeno passiamo un po' più di tempo assieme» lui annuisce sorridendomi

«Certo che vengo, magari mi fai conoscere anche Celeste eh?» mi dà due pacche sulla spalla destra. Sorrido lievemente conservando la speranza che si possa svegliare mentre sono da lei e subito dopo arriva il cameriere per le ordinazioni.



Continuo a volerti ancora || LDADove le storie prendono vita. Scoprilo ora