1 mese dopo
La linea del wi-fi solitamente scarseggiava e Peggy era costretta a chiamare la sua famiglia, invece che mandargli semplicemente un messaggio.
Di certo non ci si poteva aspettare di meglio da un vecchio tempio degli anni '60.
Quel tempio era diventata la casa di Peggy da un mese; anche se lei avrebbe detto più una prigione.
Ci si ritrovava in scenari molto simili al vecchio film Karate Kid, con aspiranti stregoni che lavoravano sulla propria forza e agilità.
Tutto abbastanza sopportabile, dato che era da una vita che Peggy si allenava.
Ciò che non sopportava era la sveglia mattutina.
Wong si aggirava per il corridoio delle camere, alle 7, agitando un campanaccio assordante.
Peggy urlò con la faccia dentro il cuscino e poi si alzò ringhiando.
Si affacciò alla porta e da dietro le spalle di Wong, con un agitare della mano, rese di ghiaccio la campanella che aveva in mano.
L'uomo si voltò a guardarla male, però in seguito si avvicinò ad un mobiletto lì vicino per estrarre un altro campanaccio, riprendendo la sua sveglia.
Peggy sbuffò alzando gli occhi al cielo e, ormai in piedi, si andò a vestire.
Stephen Strange si vedeva molto poco: da quando era arrivata, Peggy lo aveva incontrato solo due volte e oltretutto non le era permesso salire al piano di sopra, nella sua camera piena di libri.
Solo che Peggy era fin troppo curiosa.
Fece colazione in fretta e mentre erano ancora tutti a mensa, sgattaiolò su per le scale a chiocciola, ritrovandosi direttamente davanti alla porta spalancata della stanza.
Si guardò intorno più volte e fortunatamente non vide nessuno.
Stava per entrare, quando iniziò a pensare che fosse tutto troppo facile.
Prese un vaso di rame da un mobile accanto a se e poi lo tirò attraverso la porta.
Ciò rivelò tre fili tesi su di essa, fatti della stessa materia degli scudi di Strange.
Tuttavia, se avesse piegato bene il proprio corpo, sarebbe riuscito a superarli.
-E' come giocare al limbo.- mormorò tra se e se, piegandosi all'indietro.
Mosse lentamente una gamba in avanti e poi l'altra, riuscendo per un pelo ad evitare il filo più alto.
Fece un ghigno soddisfatto per esserci riuscita, ma poi, improvvisamente, il pavimento sottostante si aprì in un buco e ci precipitò all'interno.
Urlò per qualche minuto, fin che non atterrò sullo stesso identico pavimento, nella stessa stanza, solo che questa volta c'era anche Strange.
-Mi hai fatto precipitare per 5 minuti!- esclamò lei.
Strange alzò l'angolo della bocca.- L'ho fatto per molto più tempo, in passato.- affermò, girando fra gli scaffali.- La curiosità è giusta, ma dovresti stare attenta a dove metti i piedi.-
Peggy si alzò, ricomponendosi.- Che ci fai con tutti questi libri?-
-Amplifico la mia conoscenza, cosa che dovresti fare anche tu...- rispose, sedendosi alla propria scrivania.
Il mantello lo seguiva come fosse un tutt'uno con lui, abbinato con la sua tunica rossa e blu.
-...Se vuoi tenere una gemma dell'infinito.-
Peggy capì la sua frecciatina e gli si avvicinò, indicando l'Occhio di Agamotto che aveva al collo.- Ce l'hai avuta anche tu e l'unica volta che l'ho usata, l'ho fatto a fin di bene, proprio come te.-
Solo Peggy, Strange, la TVA e Loki sapevano che lei possedesse la gemma della mente.
-E vogliamo parlare del trambusto che hai creato precedentemente?- proseguì Strange, alzando appena gli occhi dal libro che stava leggendo.
Peggy storse la bocca arrossendo.- Beh...Non l'ho fatto apposta e poi ho rimediato subito.- gli disse, osservando le cicatrici che Strange aveva su tutte le dita.- Dopotutto anche tu hai avuto i tuoi casini.-
Il dottore sospirò, chiudendo il libro.
-Dai, fammi vedere. L'ultima volta è stato divertente.- scalpitò lei.
-Insisterai fino alla morte, vero?-
-Ovviamente.- rispose seccamente.
-La mente di un ex Stregone Supremo non è normale come quella di tutti gli altri.-
Peggy pensò di essere sopravvissuta alla mente quasi distrutta di Bucky, perciò poteva farcela anche con lui.
Prese un bel respiro e dopo che l'uomo si fu avvicinato a lei, chiuse gli occhi e poggiò la mano aperta sulla sua testa.
Vide intere città cambiare forma, proprio come l'ultima volta che era stata trasportata nella dimensione specchio.
Successivamente, si ritrovò in una serata piovosa: Strange stava guidando a grande velocità, fin che la macchina non sbandò, causandogli un terribile incidente che gli costò le mani.
Lo stesso incidente dentro la quale si era vista catapultare la prima volta: se era un momento costante nella mente di Strage, allora gli aveva cambiato la vita.
Vide una donna durante la sua riabilitazione: viso dolce e capelli castani.
Christine Palmer, la sua fidanzata.
Peggy stava per avvicinarsi al momento in cui Strange aveva visto i 14 mila futuri che segnavano la fine della guerra contro Thanos, ma poi venne rispedita di nuovo in ospedale, vedendo da vicino come erano ridotte le sue dita.
La mano iniziò perfino a tremarle a farle male, perciò fu costretta ad interrompere il contatto.
Non le era mai successo e si strofinò le mani, quasi spaventata.
Pensò che avesse sofferto molto, ma le venne in mente anche un'altra cosa.- Hai visto anche me? Quel giorno?-
Il dottore la guardò negli occhi.- Sì.-
Sapere che quell'uomo conosceva tutto il proprio futuro, la fece rabbrividire.
-Chi era quella donna?-
-Nessuno.- borbottò lui, riprendendo a leggere.
Peggy fece una risatina.- C'è sempre una donna.- commentò, abbassando lo sguardo su un altro libro.- Chi sono gli Eterni?-
-Non sei ancora pronta a saperlo.-
Alzò gli occhi al cielo sbuffando.- Sono pronta almeno per qualcosa?!-
-In effetti, sì: voglio che vai a vedere questo musical.-
D'un tratto, accanto a lei svolazzò la locandina di uno spettacolo riguardante gli Avengers che si sarebbe svolto l'indomani.
Peggy fece una smorfia di disgusto nel guardare i pessimi costumi.- E perché mai?-
-E' la tua prima missione. Perciò, prenditi il giorno libero e poi vai lì.-
Nel sapere che avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva nel restante tempo, le fece brillare gli occhi.- Cioè posso uscire?-
Strange alzò un sopracciglio.- Certo che puoi uscire, mica siamo in un monastero!-
-Grande!-
Si drizzò in piedi e corse verso l'uscita.
-E smettila di ghiacciare tutte le nostre campanelle!-
Peggy fece finta di non aver sentito e rise tra se e se.
Uscire era l'occasione per rivedere una persona alla quale aveva pensato tanto in quei giorni.