CAPITOLO TRE

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Erano passate più di due settimane dall'incendio all'edificio, non vi erano prove contro il killer per questo, era semplicemente una perdita di gas.
Entrai nella caffetteria del palazzo dove abitavo, era domenica, avevo la giornata libera ed avrei incontrato mia madre dopo che lei aveva provato a contattarmi più di una volta.
«Vuoi un caffè?» domandai all'agente di polizia che era sempre con me da più di due settimane, il suo nome era Peg, scuro di pelle, pelato, alto quanto un giocatore di basket e muscoloso quanto un body builder.

«Gradirei una cioccolata calda!»esclamò lui con voce profonda guardando il menù. «E un croissant» concluse sorridendo.
Alzai la testa per guardarlo meglio in viso, «Non dovresti stare attento alle calorie tu?» domandai.
Peg abbassò la testa e digrignò i denti guardandomi, alzai le mani in segno di difesa: «Va bene va bene, ho capito», successivamente mi voltai verso la barista ed ordinai andandomi poi ad accomodare su dei divanetti.

Peg restò in piedi a sorseggiare la sua cioccolata calda e a divorare il suo cornetto, io mi voltai verso la porta d'entrata sentendo in lontananza un profumo impossible da non riconoscere. Mia madre era arrivata.
Roteai gli occhi non appena lei si incamminò per raggiungermi, prese posto a sedere e mi salutò. Sculettava peggio di una quindicenne.

«Amore della mamma, ti vedo ingrassata!» esclamò lei fiondandosi sul cappuccino che le avevo gentilmente offerto.
«Si mamma sto bene, grazie per avermelo chiesto, io non ti vedo cambiata anzi, sei sempre così scorbutica» sorrisi quasi irritata.
Ella mi lanciò uno sguardo quasi fulminante poi sorrise: «Come stai?» mi guardò dritta negli occhi, riuscii a percepire il suo scarso interesse nei miei confronti così mi limitai a fare spallucce.

Mi fermai nell'osservarla mentre lei prese a raccontare della sua vita, dei posti che aveva visitato e dei soldi che aveva speso.
Indossava un tailleur firmato color panna, dei tacchi a spillo nero e una borsa di pelle di Dior.
A volte mi chiedevo se io fossi davvero sua figlia.
Mia mamma non era mai stata presente, spendeva i soldi di papà in vestiti firmati, viaggi costosi e casinò. Chissà se faceva anche uso di droghe, aveva due lampadine al posto degli occhi, ma non mi sorprenderebbe.

Mi risvegliai dai miei pensieri non appena lei si alzò per salutare un uomo, mi voltai e sorrisi appena.
«Che piacere rivederti mio caro Christopher, prego accomodati con noi, stavo raccontando a Chels del mio viaggio in Marocco!» esclamò mamma facendo accomodare Chris al suo fianco.

Mia madre stravedeva per Chris, pensai a quando mi disse che se lo sarebbe portato volentieri a letto, risi involontariamente.
«Perchè ridi?» chiese la donna cercando di mettere in mostra il seno.
Ero quasi disgustata dal suo comportamento, iniziai a pentirmi nell'aver accettato il suo invito per un caffè.

«Che ci fai qui Chris?» domandai ignorando la domanda da parte di mia madre.
«Ero passato per... fare colazione...» mentì.
«Qui?» domandò Cassie, mia madre. «Se ricordo bene tu abiti dall'altra parte di Londra» continuò con tono suadente lei avvicinandosi all'uomo.
Notai che, anche Peg lanciò una veloce occhiata a quello che stava accadendo e una leggera smorfia schifata occupò il suo viso sempre serio e arrabbiato.

La situazione stava diventando scomoda, dovevo fare qualcosa.
Una cameriera si stava avvicinando al nostro tavolo per servire il caffè che Chris aveva ordinato pochi minuti prima, senza dare nell'occhio, le feci lo sgambetto.
Presi in tempo la ragazza prima che cadesse, ma non riuscii a salvare il caffè che era ormai su tutto il tailleur di mia madre, cercai di trattenermi dalle risate: «Scusami, non ti avevo vista...» mi affrettai a dire alla cameriera.

Mia madre iniziò a dare di matto.
«Il mio tailleur da quattrocento sterline è ormai rovinato» sbraitò lei agitata.
«Un po' di smacchiatore e si toglie, smettila di lamentarti, ti stanno guardando tutti» dissi sorridendo.
Cassie irritata, lasciò la caffetteria senza neanche salutare.
La seguii con lo sguardo e, non riuscendoci più a trattenere, io e Chris scoppiammo a ridere.

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